Il Tribunale di Bari, in attesa della pubblicazione della sentenza della Consulta sul Jobs Act, ha interpretato in maniera costituzionalmente orientata il contratto a tutele crescenti

di Valeria Zeppilli - A seguito dell'emanazione del decreto legislativo numero 23/2015 attuativo del Jobs Act, ai lavoratori assunti a partire dal 7 marzo 2015 si applica il contratto a tutele crescenti, ovverosia una tutela dai licenziamenti illegittimi diversa e attenuata rispetto a quella prevista dall'articolo 18 dello statuto dei lavoratori.

Indennità di licenziamento: la norma

[Torna su]

Fulcro della nuova disciplina è l'articolo 3, comma 1, del decreto 23, sottoposto a questione di legittimità costituzionale e di recente modificato dal decreto legge numero 87/2018.

Nella sua versione originaria, tale norma così disponeva:

"Salvo quanto disposto dal comma 2, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo

o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità".

Il decreto 87 (convertito in legge 96/2018) è intervenuto su tale norma elevando la misura dell'indennità stabilendo che la stessa deve essere compresa fra sei e trentasei mensilità, senza tuttavia alcuna retroattività ai licenziamenti comminati prima della sua entrata in vigore.

La sentenza della Corte costituzionale

[Torna su]

L'articolo 3 comma 1, come accennato, è stato anche oggetto di una sentenza della Corte costituzionale del 26 settembre 2018 che ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale nella parte in cui determina l'indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato in maniera rigida. Per la Consulta, più nel dettaglio, la scelta di commisurare l'indennità all'anzianità di servizio del lavoratore è contraria ai principi di ragionevolezza e uguaglianza e al diritto e alla tutela del lavoro di cui agli articoli 4 e 35 della Costituzione.

Le motivazioni di tale sentenza, tuttavia, non sono state ancora depositate e ciò rende ancora limitati gli effetti della stessa, in quanto, come noto, le norme che sono dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.

La decisione del Tribunale di Bari

[Torna su]

Negli ultimi giorni di vigenza dell'articolo 3 comma 1, tuttavia, il Tribunale di Bari ha deciso comunque di iniziare già a interpretare tale norma in maniera più flessibile, in una vicenda alla quale, peraltro, non erano applicabili le modifiche migliorative per il lavoratore introdotte dal decreto legge 87/2018.

Con l'ordinanza del 11 ottobre 2018 qui sotto allegata, infatti, il giudice pugliese ha deciso «"di dover interpretare in maniera costituzionalmente orientata l'art. 3 co. 1 ... determinando l'indennità spettante al lavoratore ingiustamente licenziato, compresa fra un minimo di 4 e un massimo di 24 mensilità, sulla base dei criteri già enunciati dall'art. 18 co. 5 St.lav., a sua volta richiamato dall'art. 18 co. 7, vale a dire "in relazione all'anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti"».

Pertanto, accertata nel caso di specie l'illegittimità del licenziamento per violazione dell'art. 4 co. 3 e co. 9 della legge n. 223/1991, il giudice ha ritenuto di condannare il datore di lavoro a corrispondere al dipendente, assunto per poco più di un anno e mezzo, un'indennità determinata nella misura di dodici mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal licenziamento fino al soddisfo. Ciò in ragione della considerevole gravità della violazione procedurale commessa.

Tribunale di Bari testo ordinanza del 11 ottobre 2018
Valeria Zeppilli

Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: