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Trattamento di fine rapporto (Tfr)

Il trattamento di fine rapporto (TFR), detto anche liquidazione o buonuscita, è la somma che il datore di lavoro deve corrispondere al lavoratore nel momento della cessazione, per qualsiasi motivazione, del rapporto di lavoro
Il rapporto di lavoro: indice della guida

Trattamento fine rapporto: la normativa

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Istituito con la l. n. 297/1982, in luogo dell'"indennità di anzianità", l'istituto è disciplinato dall'art. 2120 c.c. ed è stato riformato dal d.lgs. n. 252/2005 (T.U. della previdenza complementare) entrato in vigore l'1 gennaio 2007.

Il TFR matura durante lo svolgimento del rapporto di lavoro e riveste carattere retributivo, costituendo quella parte di retribuzione accantonata il cui pagamento è differito al momento della cessazione del rapporto stesso.

Il diritto alla percezione del TFR si prescrive in cinque anni (ex art. 2948, comma 5, c.c.) con decorrenza dal momento della cessazione del rapporto di lavoro (Cass. n. 16636/2012; Cass. n. 11470/2007).

Il calcolo del TFR

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Il meccanismo, enunciato dall'art. 2120 c.c., prevede che il TFR si calcoli sommando per ogni anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della retribuzione annua dovuta, divisa per 13,5. 

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La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese pari o superiori a 15 giorni.

La quota della retribuzione annuale accantonata deve essere rivalutata ogni anno al 31 dicembre con l'applicazione di un tasso dell' 1,5% in misura fissa e del 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo (per le famiglie di operai ed impiegati) accertato dall'Istat.

Nella retribuzione annua, ex art. 2120, 2° co., c.c., salvo diverse previsioni dei contratti collettivi, sono comprese tutte le somme, incluso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso spese.

Con la novella del 1982 è stato introdotto il concetto di "non occasionalità", per cui, a differenza del sistema previgente basato sulla "continuità" (ovvero la ripetizione nel tempo di un dato compenso), la nozione di retribuzione ai fini del TFR attiene alla tipologia e alla natura del compenso, includendo tutti i corrispettivi e le erogazioni di cui il lavoratore gode "normalmente" nel corso e a causa del rapporto di lavoro (Cass. n. 11448/2004; n. 12411/2002; 12851/2001), indipendentemente dall'elemento temporale della percezione del compenso laddove questo sia da ritenere quale corrispettivo inerente alle mansioni professionali espletate (Cass. n. 24875/2005), escludendo soltanto gli emolumenti sporadici ed occasionali, collegati cioè a ragioni imprevedibili e fortuite (come ad es. una somma erogata "una tantum" a titolo di liberalità) (Cass. n. 6923/1996). 

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La previdenza complementare

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Fino al 31.12.2006, il Tfr non destinato alla previdenza complementare introdotta con il d.lgs. n. 124/1993 al fine di assicurare livelli più elevati di copertura previdenziale, restava in azienda sino alla cessazione del rapporto di lavoro.

A partire dall'1 gennaio 2007, invece, per effetto dell'entrata in vigore del T.U. della previdenza complementare (d. lgs. n. 252/2005, emanato in attuazione della legge delega n. 243/2004), ciascun lavoratore è chiamato a decidere se destinare il proprio TFR alle forme pensionistiche complementari (indicando il fondo pensione prescelto) oppure se mantenerlo presso il datore di lavoro, formulando esplicito rifiuto, altrimenti l'adesione al fondo complementare avviene automaticamente tramite il meccanismo del silenzio-assenso.

La scelta va effettuata entro 6 mesi dall'assunzione, se avvenuta successivamente all'entrata in vigore della riforma (mentre per i lavoratori già in servizio è stata espressa entro il 30.6.2007).

In ogni caso, anche laddove il lavoratore non aderisca alla previdenza complementare, la legge prevede per le aziende con almeno 50 dipendenti che le quote accantonate di TFR non rimangano presso il datore di lavoro, dovendo confluire nell'apposito fondo istituito presso l'Inps.

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Il fondo di garanzia

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Il "Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto" è stato istituito presso l'Inps dall'art. 2 della l. n. 297/1982, "con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del TFR, di cui all'art. 2120 c.c., spettante ai lavoratori o loro aventi diritto" ed esteso dal d.lgs. n. 80/1992 anche ai crediti di lavoro diversi dal TFR secondo i presupposti dettati dall'art. 2 dello stesso.

La condizione necessaria per far sorgere il diritto al pagamento del TFR a carico del Fondo di garanzia è l'intervento della situazione di insolvenza del datore di lavoro (Cass. n. 9068/2013) e i casi in cui il lavoratore o i suoi aventi diritto possono richiedere il pagamento del trattamento di fine rapporto e dei relativi crediti accessori sono espressamente disciplinati dall'art. 2, commi 2-5 della l. n. 297/1982 (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, esperimento esecuzione forzata quando le garanzie patrimoniali risultino in tutto o in parte insufficienti).

Il comma 7 dell'art. 2 l. n. 297/1982 prevede, inoltre, che il fondo effettui i pagamenti entro 60 giorni dalla richiesta dell'interessato, decorrenti dal momento in cui viene consegnata la domanda, corredata della necessaria documentazione, all'ufficio competente (Cass. n. 1052/1991).

Anticipo TFR

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L'art. 2120, comma 6 e ss., c.c. prevede che il lavoratore, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, possa chiedere, in costanza di rapporto, un'anticipazione del TFR non superiore al 70% sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.

Il datore di lavoro concede le anticipazioni richieste annualmente entro i limiti del 10% degli aventi titolo e comunque del 4% del numero totale dei dipendenti.

Come espressamente disposto dall'art. 2120 c.c., la richiesta deve essere giustificata dalla necessità di far fronte:

- a spese sanitarie per terapie o interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche. Il carattere di straordinarietà che giustifica la concessione dell'anticipazione va inteso nel senso di particolare complessità o pericolosità delle terapie e degli interventi (Pret. Firenze 30.3.1983) ovvero di rilevanza importanza medico-economica (Cass. n. 3046/1990);

- all'acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile. Il diritto sussiste anche nel caso in cui l'acquisto venga effettuato dal coniuge in comunione dei beni (Cass. n. 10371/1994);

L'art. 5 del d.lgs. n. 151/2001 ai sensi dell'art. 7 della l. n. 53/2000 prevede, inoltre, che è possibile ottenere l'anticipazione del TFR per far fronte alle spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei "congedi parentali".

Ai fini dell'anticipazione, possono essere previste condizioni di miglior favore sia dai contratti collettivi che da patti individuali.

L'anticipazione, secondo il disposto del comma 9 dell'art. 2120 c.c., può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e l'importo anticipato viene detratto dal trattamento spettante a fine rapporto.

Tfr in busta paga

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La legge di stabilità 2015 ha introdotto, in via sperimentale, per i lavoratori dipendenti del settore privato che abbiano un rapporto di lavoro in essere da almeno 6 mesi presso lo stesso datore di lavoro (esclusi i lavoratori domestici e del settore agricolo) la possibilità di ricevere un'anticipazione del TFR in busta paga.

L'anticipazione, su base volontaria, riguarda il periodo 1 marzo 2015 - 30 giugno 2018 e avviene tramite la liquidazione diretta mensile delle quote maturande come parte integrativa della retribuzione. Tale opzione non è stata prorogata e ha cessato di operare il 30 luglio 2018. 

Data aggiornamento marzo 2021

Per approfondimenti: 

Vedi anche la risorsa di calcolo online del Tfr e la raccolta di articoli sul Tfr