La riforma dell'equo compenso, legge n. 49/2023, ha l'obiettivo di adeguare la misura del compenso all'importanza dell'opera e al decoro della professione

Equo compenso: il testo della riforma

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La Camera dei deputati, nella seduta del 12 aprile 2023 ha approvato all'unanimità (243 voti favorevoli e nessun contrario) la proposta di legge per la riforma dell'equo compenso. Il testo della proposta di legge n. 338 dei deputati Meloni e Morrone, abbinato alle proposte 73,528 e 637, è stato presentato alla presidenza il 19 gennaio 2023 ed è intitolato "Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali."

Il provvedimento è stato quindi approvato dal Senato il 22 marzo 2023 con le modifiche apportate dalla commissione giustizia in sede redigente (vedi testo sotto allegato). Il DDL è tornato alla Camera, per effetto di una modifica di coordinamento formale apportata all'articolato dalla commissione giustizia di Palazzo Madama, per il sì definitivo.

La nuova legge n. 49/2023 recante "Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali" è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 5 maggio 2023 per entrare in vigore il 20 maggio 2023.


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Obiettivo della proposta, diventata legge dello Stato, è adeguare la misura del compenso all'importanza dell'opera e al decoro della professione.

Definizione di equo compenso e ambito di applicazione

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L'art. 1 definisce l'equo compenso, ossia un compenso che deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, ma anche al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, e che risulti conforme:

  • per gli avvocati al decreto del Ministro della giustizia emanato art. 13, comma 6, della L 247/2012;
  • per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, ai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 9 del D.L. 1/2012, convertito con modifiche dalla legge n. 27/2012;
  • per i professionisti di cui al co.
    2 dell'art. 1 della legge 14 gennaio 2013, n. 4, dal decreto del Ministro dello sviluppo economico, che dovrà essere adottato nel termine di 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e, successivamente, con cadenza biennale, una volta sentite le associazioni iscritte nell'elenco di cui al co. 7 dell'art. 2 della stessa legge n. 4/2013.

Estesa quindi la platea dei professionisti interessati, considerato che la riforma riguarda anche gli esercenti professioni non ordinistiche.

Per quanto riguarda l'ambito di applicazione, la legge riguarderà i rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d'opera intellettuale di cui all'articolo 2230 c.c. e regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative, di società veicolo di cartolarizzazione, nonché delle loro società controllate e delle loro mandatarie.

La disciplina è stata altresì ritoccata anche per quanto riguarda la committenza con l'estensione anche a tutte le imprese che, nell'anno precedente al conferimento dell'incarico, hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro.

Le disposizioni sull'equo compenso inoltre si applicano a ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo, purché lo stesso risulti vincolante per il professionista, le cui clausole sono comunque utilizzate dalle imprese di cui sopra, nonché alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione, delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (d.lgs. n. 175/2016) e degli agenti della riscossione.

Compenso non equo: clausole nulle

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La proposta sancisce la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all'opera prestata, chiarendo che, a tal fine, si terrà conto anche dei costi sostenuti dal prestatore d'opera.

Si precisa che sono tali, ovvero prevedono un compenso iniquo, "le pattuizioni di un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati con decreto ministeriale, o ai parametri determinati con decreto del Ministro della giustizia ai sensi dell'art. 13, comma 6, della L. 247/2012, per la professione forense, o ai parametri fissati con il decreto del Ministro dello sviluppo economico" cui si è fatto cenno sopra.

Sono altresì nulle le pattuizioni che vietano al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione o che impongono l'anticipazione di spese o che, comunque, attribuiscono al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto o del servizio reso. Viene poi prevista la nullità di una serie di clausole e pattuizioni, puntualmente elencate, anche se contenute in documenti contrattuali distinti dalla convenzione, dall'incarico o dall'affidamento tra il cliente e il professionista.

Tra queste, ad esempio, quelle che riservano al cliente la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto o gli attribuiscano la facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto o di pretendere prestazioni aggiuntive che il professionista dovrebbe eseguire a titolo gratuito.

La nullità delle singole clausole non comporterà, però, la nullità del contratto, che rimane valido ed efficace per il resto. Ancora, la nullità opererà solo a vantaggio del professionista e sarà rilevabile d'ufficio.

Rideterminazione giudiziale compenso e parere congruità COA

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La convenzione, il contratto, l'esito della gara, l'affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo che preveda un compenso inferiore ai valori determinati ai sensi della legge, potranno essere impugnati dal professionista innanzi al Tribunale competente per il luogo ove egli ha la residenza o il domicilio, al fine di far valere la nullità della pattuizione e di chiedere la rideterminazione giudiziale del compenso per l'attività professionale prestata.

Il Tribunale procederà alla rideterminazione secondo i parametri previsti dai decreti ministeriali relativi alle attività svolte dal professionista, tenendo conto dell'opera effettivamente prestata e chiedendo, se necessario, al professionista, di acquisire dall'ordine o dal collegio a cui è iscritto il parere sulla congruità del compenso o degli onorari.

Tale parere costituirà elemento di prova sulle caratteristiche, sull'urgenza e sul pregio dell'attività prestata, sull'importanza, sulla natura, sulla difficoltà e sul valore dell'affare, sulle condizioni soggettive del cliente, sui risultati conseguiti, sul numero e sulla complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate.

Nel procedimento il giudice potrà anche avvalersi della consulenza tecnica, ove sia indispensabile ai fini del giudizio. Qualora il magistrato accerti il carattere non equo del compenso pattuito, provvederà a rideterminarlo condannando il cliente al pagamento della differenza tra l'equo compenso così determinato e quanto già versato al professionista.

Ma non è tutto, al giudice è consentito anche condannare il cliente al pagamento di un indennizzo in favore del professionista fino al doppio della differenza di cui al primo periodo, fatto salvo il risarcimento dell'eventuale maggiore danno.

Parere del COA e titolo esecutivo

In alternativa alle procedure di cui agli artt. 633 e ss. c.p.c. (procedimento ingiuntivo) e di cui all'art. 14 del d.lgs. 150/2011, il parere di congruità emesso dall'ordine o dal collegio professionale sul compenso o sugli onorari richiesti dal professionista, costituirà titolo esecutivo, anche per tutte le spese sostenute e documentate, se rilasciato nel rispetto della procedura di cui alla L. 241/90, e se il debitore non propone opposizione innanzi all'autorità giudiziaria, ai sensi dell'art. 702-bis c.p.c., entro quaranta giorni dalla notificazione del parere stesso a cura del professionista.

L'eventuale giudizio di opposizione avrà luogo innanzi al giudice competente per materia e per valore del luogo nel cui circondario ha sede l'ordine o il collegio professionale che ha emesso il parere e, in quanto compatibile, nelle forme di cui all'articolo 14 del d.lgs. 150/2011.

Prescrizione e class action

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Il testo prevede che il termine di prescrizione del diritto del professionista al pagamento dell'onorario decorre dal momento in cui, per qualsiasi causa, cessa il rapporto con l'impresa. Invece, in caso di una pluralità di prestazioni rese a seguito di un unico incarico, convenzione, contratto, esito di gara, predisposizione di un elenco di fiduciari o affidamento e non aventi carattere periodico, la prescrizione decorrerà dal giorno del compimento dell'ultima prestazione.

Invece, il termine di prescrizione per l'esercizio dell'azione di responsabilità professionale decorrerà dal giorno del compimento della prestazione da parte del professionista. In questo modo si evita la possibilità che il professionista sia soggetto all'azione di responsabilità all'infinito.

Il testo prevede inoltre che i diritti individuali omogenei dei professionisti possano essere tutelati anche attraverso l'azione di classe, che, ferma restando la legittimazione di ciascun professionista, potrà essere proposta dal Consiglio nazionale dell'ordine al quale sono iscritti i professionisti interessati o dalle associazioni maggiormente rappresentative.

Osservatorio nazionale equo compenso

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Allo scopo infine di vigilare sull'osservanza delle disposizioni della legge sull'equo compenso, viene istituito presso il Ministero della giustizia, l'Osservatorio nazionale sull'equo compenso.

Tra i compiti dell'Osservatorio quello di esprimere pareri, ove richiesto, sugli schemi di atti normativi che riguardano i criteri di determinazione dell'equo compenso e la disciplina delle convenzioni, nonché formulare proposte in tali materie e segnalare al Ministro della Giustizia eventuali condotte o prassi applicative o interpretative in contrasto con le disposizioni in materia di equo compenso e di tutela dei professionisti dalle clausole vessatorie.

Ancora, l'Osservatorio presenterà alle Camere, entro il 30 settembre di ogni anno, una relazione sulla propria attività di vigilanza.

L'Osservatorio resta in carica per tre anni e ai suoi componenti non sarà riconosciuto alcun gettone di presenza, rimborso o altri emolumenti.


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