- Cos'è l'equo compenso
- A chi si applica l'equo compenso e quando
- Clausole vessatorie delle convenzioni
- Nullità delle clausole vessatorie
- Determinazione dell'equo compenso
- Efficacia esecutiva parere di congruità
- Azione di classe
- Prescrizione azione pagamento onorario
Cos'è l'equo compenso
L'equo compenso è un compenso che deve essere necessariamente proporzionato alla quantità, alla qualità, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione resa oltre che conforme ai parametri applicabili al lavoratore interessato.
Si tratta, in sostanza, di un principio che ha fatto il suo ingresso nell'ordinamento italiano con l'emanazione del decreto fiscale del 2017 (decreto legge numero 148/2017, convertito in legge numero 172/2017), che è stato parzialmente modificato dalla legge di bilancio 2018 e che, nella pratica, è stato introdotto mediante una modifica della legge professionale forense, i cui contenuti sono stati poi esplicitamente estesi a tutti i professionisti di cui all'articolo 1 della legge numero 81/2017.
La disciplina che andiamo a illustrare è quella che risulta dalla riforma attuata dalla proposta di legge a firma Meloni, Morrone nel testo approvato dalla Camera nella seduta del 25 gennaio 2023 e che di cui si auspica l'approvazione in Senato senza emendamenti.
A chi si applica l'equo compenso e quando
L'equo compenso riguarda, in base a quanto previsto dalla riforma, tutti i liberi professionisti, siano essi iscritti o meno a ordini o collegi.
L'equo compenso, tuttavia, non si applica in maniera generalizzata, ma solo in relazione ai rapporti professionali regolati da convenzioni, che prevedono le prestazioni di opera professionale di cui all'art. 2230 c.c. svolte anche in forma associata o societaria, in favore:
- di imprese bancarie,
- di imprese assicurative,
- di società controllate dalle imprese predette, delle loro mandatari e delle imprese che nell'anno precedente a quello in cui è stato conferito l'incarico al professionista avevano alle proprie dipendenze più di 50 dipendenti o hanno conseguito ricavi annui superiori a 1 milione di euro;
- della PA o delle società a partecipazione pubblica (Dlgs n. 175/2016).
Agenti della riscossione
Le previsioni sull'equo compenso, tuttavia, conoscono un'importante eccezione: non si applicano agli agenti della riscossione.
Questi ultimi, in ogni caso, sono comunque tenuti a garantire, al momento in cui conferiscono un incarico professionale, la pattuizione di compensi adeguati all'importanza dell'opera, tenendo conto, in ogni caso, dell'eventuale ripetitività delle prestazioni richieste.
Clausole vessatorie delle convenzioni
Tutte le clausole contenute nelle predette convenzioni e dalle quali discende un significativo squilibrio contrattuale a carico dell'avvocato o del professionista, anche in ragione della non equità del compenso pattuito, devono considerarsi vessatorie.
In particolare sono vessatorie e quindi nulle le clausole che:
- non prevedono un compenso equo e proporzionato all'attività prestata, anche tenendo conto dei costi sostenuti dal prestatore;
- prevedono il riconoscimento di un compenso inferiore agli importi previsti dai parametri in vigore per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti a collegi e ordini;
- vietano al libero professionista di chiedere acconti nel corso della prestazione o impongono allo stesso di anticipare spese o attribuiscono al committente vantaggi che risultano sproporzionati in relazione a quantità e qualità del lavoro svolto;
- sono contenute anche in documenti contrattuali diversi dalla convenzione e che riconoscono al cliente di:
Nullità delle clausole vessatorie
Le clausole delle convenzioni che risultano vessatorie sono nulle, con due importanti precisazioni:
- il contratto rimane valido per il resto;
- la nullità opera solo a vantaggio del professionista ed è rilevabile d'ufficio.
Determinazione dell'equo compenso
Il giudice chiamato a valutare la vessatorietà e la non equità del compenso, una volta accertate dichiara la nullità della clausola e determina il compenso dovuto al professionista. Segue quindi la condanna del cliente a pagare la differenza tra l'equo compenso determinato e quanto già versato al professionista. Condanna a cui può seguire l'ulteriore condanna del cliente al pagamento di un indennizzo, fatto salvo il diritto al risarcimento del danno.
Efficacia esecutiva parere congruità