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Le clausole vessatorie

Cosa sono le clausole vessatorie e qual è la loro disciplina legale. La tassatività, la vessatorietà e le tipologie di clausole vessatorie. Guida con raccolta di articoli e giurisprudenza

Cosa sono le clausole vessatorie

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Le clausole vessatorie sono quelle clausole apposte ad un contratto che determinano a carico del consumatore un particolare squilibrio dei diritti e degli obblighi che ne derivano. 

La disciplina

La disciplina generale delle clausole c.d. "vessatorie" è prevista dall'art. 1341 c.c. dedicato alle "Condizioni generali di contratto", il quale al secondo comma dispone che "in ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità , facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze , limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi , tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria". 

La tassatività delle clausole vessatorie

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Le suddette clausole, tassativamente elencate dal legislatore del '42, proprio perché producono un forte squilibrio fra le parti, sono considerate, dunque, inefficaci, se non approvate per iscritto (Cass. n. 11594/2010). 
Tuttavia, la crescente diffusione dei c.d. "contratti per adesione" (e "a distanza"), generalmente stipulati con banche, assicurazioni o società di comunicazioni che offrono i propri servizi a condizioni predeterminate (su moduli o formulari), mentre l'altro contraente (utente, consumatore), si limita ad aderire automaticamente alla sottoscrizione, ha spinto il legislatore a cercare di sanare questo squilibrio, prevedendo una maggiore tutela nei confronti della parte più debole contrattualmente.
In considerazione di ciò, alla regola generale di cui all'art. 1341 c.c. è stata affiancata una disciplina specifica delle clausole vessatorie, con l'aggiunta del capo XIV bis al codice civile ("Dei contratti del consumatore") composto da cinque articoli (dal 1469-bis al 1469-sexies).
Sulla spinta delle direttive comunitarie, tale disciplina è stata però successivamente sostituita dal nuovo "Codice del Consumo" (d.lg. n. 206/2005), il quale, novellando l'art. 1469-bis c.c. e, parallelamente, abrogando le norme immediatamente successive, si occupa (artt. 33-38 e 139-141) delle clausole vessatorie nei rapporti tra professionisti e consumatori, sanzionandole non più con la mera inefficacia ma con la nullità.  

La vessatorietà nel codice del consumo

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Ex art. 33 del Codice del Consumo, nel contratto concluso tra il consumatore, definito all'art. 3 quale "persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta", ed il professionista, si considerano vessatorie le clausole che "malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto".
Al fine di eliminare questo squilibrio, gravante sul consumatore, quale parte economicamente più debole, la clausola o le clausole considerate vessatorie, ex artt. 33 e 34 del Codice del Consumo, sono sanzionate con la nullità, mentre il contratto rimane valido per il resto (art. 36).
Secondo il comma 3 dell'art. 36, la nullità opera a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d'ufficio dal giudice.
La vessatorietà di una clausola viene stabilita tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto, sulla base delle circostanze esistenti al momento della sua conclusione, delle altre clausole contenute nello stesso ovvero in altro contratto ad esso collegato (art. 34).
Ad ogni modo, le clausole contenute per iscritto nel contratto proposto al consumatore, devono essere redatte in modo chiaro e comprensibile: in caso di dubbio prevale sempre l'interpretazione più favorevole all'utente (art. 35).  

Le tipologie di clausole vessatorie

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Al secondo comma l'art. 33 del d.lgs. n. 206/2005 indica esplicitamente le clausole che si presumono vessatorie, fino a prova contraria. 

Rapporti professionista/consumatore

Tra le diverse ipotesi enucleate dalla norma rilevano, in particolare, le clausole volte ad escludere o limitare: 

- la responsabilità del professionista in caso di danno (o morte) alla persona del consumatore dovuta ad un'azione o omissione dello stesso; 
- le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista in caso di inadempimento (totale o parziale) o di adempimento inesatto; 
- l'opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest'ultimo. Rilevano, altresì, le clausole volte a: 
- prevedere un impegno da parte del consumatore subordinando, viceversa, l'esecuzione della prestazione del professionista ad una condizione dipendente unicamente dalla sua volontà; 
- riconoscere solo al professionista la facoltà di recedere dal contratto e consentirgli di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore in caso di recesso o mancata conclusione del contratto da parte di quest'ultimo (senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma, laddove sia quest'ultimo a non concludere il contratto o a recedere); 
- consentire al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa (ecc.).

Prestazioni di servizi finanziari

In deroga alle disposizioni di cui al comma 2, i successivi commi 3 e 4 dell'art. 33 introducono esplicite eccezioni per i contratti che hanno ad oggetto le prestazioni di servizi finanziari, nei quali è consentito al professionista, in presenza di un giustificato motivo e previa comunicazione al consumatore: 
- recedere senza preavviso; 
- modificare le condizioni del contratto o il tasso di interesse e l'importo di qualunque altro onere originariamente convenuto (con relativo diritto del consumatore di recedere). 

Convenzioni e trattative tra le parti  

Non rientrano, altresì, tra le clausole vessatorie, le condizioni che riproducono disposizioni di legge o norme e principi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti contraenti gli Stati membri dell'Unione Europea (art. 34).
Valgono ad escludere, inoltre, la vessatorietà, le eventuali trattative tra le parti.
L'art. 34 sancisce, infatti, che "non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa individuale". 

Clausole nulle anche se oggetto di trattativa  

Tuttavia, il punto 2 dell'art. 36, in deroga alla suddetta disposizione, indica tassativamente affette da nullità, ancorchè oggetto di trattativa, le seguenti tre clausole, aventi per oggetto o per effetto di: 
a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista; 
b) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista; 
c) prevedere l'adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.   

Rapporto tra l'art. 1341 c.c. e il codice del consumo

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La normativa prevista in materia di clausole vessatorie dall'art. 1341 c.c., nonché dal successivo art. 1342 c.c. relativo ai contratti conclusi mediante formulari o modulari (che rimanda espressamente alle disposizioni dettate dal primo), costituisce disciplina generale applicabile a qualsiasi negozio stipulato tra una parte predisponente, qualunque sia la sua qualifica professionale, e il contraente che vi aderisce (c.d. contratti "B2B" tra imprese e "C2C" tra privati), mentre quella dettata dagli artt. 33 e seguenti del Codice del Consumo è circoscritta all'ambito di applicazione soggettivo dei contratti tra professionisti e consumatori (c.d. contratti "B2C", Business to Consumer). 

Rapporti tra le due discipline

Le due discipline, pertanto, non si sovrappongono ma si integrano l'un l'altra.
Sul piano pratico, infatti, la presenza di una clausola vessatoria che rientri nel campo di applicazione degli artt. 1341 e ss. c.c. soggiacerà alla disciplina codicistica, ben potendo, laddove inerisca sul piano soggettivo all'ambito previsto dal Codice del Consumo, trovare applicazione la disciplina, più incisiva, ivi contenuta (la quale, peraltro, per quanto non previsto dallo stesso, rinvia espressamente alle disposizioni del codice civile, ex art. 38, come novellato dal d.lgs. n. 221/2007).
Ad ogni modo, tra le due discipline sussistono elementi comuni e differenziali che meritano di essere sottolineati.

Elementi comuni e differenze

La prima distinzione rileva sul piano "sanzionatorio": mentre le clausole tassativamente elencate nell'art. 1341 c.c. e quelle aggiunte nei contratti conclusi mediante moduli o formulari ex art. 1342 c.c. sono inefficaci, salvo specifica approvazione per iscritto (Cass. n. 11361/2010), quelle espressamente indicate dagli artt. 33 e ss. CdC sono da considerarsi nulle (a prescindere da qualsiasi sottoscrizione).
Altra differenza è rintracciabile in ordine al profilo della rilevabilità ex officio, testualmente prevista dall'art. 36, 3° comma, CdC e preclusa nella disciplina codicistica (Cass. n. 11213/1991).
L'art. 35 del d.lgs. n. 206/2005 detta, inoltre, il c.d. "principio della trasparenza" delle clausole che devono essere formulate in modo chiaro e comprensibile, mentre non è rintracciabile una tale disposizione negli artt. 1341 e 1342 c.c.
Elemento comune ad ambedue le discipline è la "trattativa individuale"considerata idonea ad escludere il carattere vessatorio delle clausole, in ragione del venir meno dell'unilateralità della predisposizione contrattuale, come espressamente indicato dall'art. 34, comma 4, del codice del consumo e desumibile dai principi civilistici.
Tuttavia, se ciò vale in via generale, non sempre la contrattazione specifica elimina la vessatorietà: l'art. 36 CdC esclude, infatti, in ogni caso, l'efficacia delle clausole nelle tre ipotesi nello stesso elencate, quantunque oggetto di trattativa tra le parti.
Infine, rilevano i rimedi concessi ai consumatori solamente in materia di clausole abusive ex artt. 33 e seguenti CdC, i quali, oltre all'azione di accertamento della nullità, hanno a disposizione anche la tutela inibitoria di cui all'art. 37, nonché quella amministrativa, affidata all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, di cui al successivo art. 37-bis (introdotto dall'art. 5, comma 1, del d.l. n. 1/2012, convertito in l. n. 27/2012). 

Articoli sulle clausole vessatorie

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Ecco una serie di approfondimenti in materia di clausole vessatorie: 

» Clausole vessatorie e sottoscrizione in blocco condizioni generali contratto
» Domande e risposte: le clausole vessatorie nei contratti online
» Affitto: non sono mai vessatorie le clausole contenute nel contratto tra proprietario e inquilino
» Cassazione: vessatoria anche la clausola che ha effetti su entrambe le parti
» Contratti: la proroga tacita è clausola potenzialmente vessatoria
» Assicurazioni: niente più clausole vessatorie sulle polizze vita
» La tutela del consumatore/condominio avverso le clausole vessatorie
» L'inefficacia delle clausole vessatorie e la rilevabilità d'ufficio
» Cassazione: clausole vessatorie e derogabilità del foro del consumatore

Sentenze della Cassazione sulle clausole vessatorie

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Ecco di seguito una serie di massime della Cassazione sulle clausole vessatorie: 

Cassazione n. 3307/2018

In materia di contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in modo uniforme determinati rapporti (nella specie, utenza telefonica), la clausola con cui si stabilisce una deroga alla competenza territoriale ha natura vessatoria e deve essere, ai sensi dell'art. 1341, co. 2, c.c., approvata espressamente per iscritto.

Qualora la medesima risulti scarsamente o per nulla leggibile, sia perché il modello è in fotocopia sia perché caratteri grafici sono eccessivamente piccoli, il contraente debole può esigere dalla controparte che gli venga fornito un modulo contrattuale pienamente leggibile; ma, ove ciò non abbia fatto, non può lamentare in sede giudiziale di non aver rettamente compreso la portata della suddetta clausola derogatoria. 

Cassazione SS.UU. n. 9140/2016 

nel contratto di assicurazione della responsabilità civile la clausola che subordina l'operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o, comunque, entro determinati periodi di tempo, preventivamente individuati (c.d. clausola claims made mista o impura) non è vessatoria; essa, in presenza di determinate condizioni, può tuttavia essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero, laddove sia applicabile la disciplina di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005, per il fatto di determinare, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto; la relativa valutazione, da effettuarsi dal giudice di merito, è incensurabile in sede di legittimità, ove congruamente motivata.  

Cassazione n. 22984/2015 

Ai sensi dell'art. 1341 c.c. si deve ammettere l'idoneità di un richiamo al numero della clausola vessatoria e si deve negare quella di un mero richiamo cumulativo, a clausole vessatorie e non, ma soltanto se si esaurisca nella mera indicazione del numero e non anche, benchè sommariamente, del contenuto oppure se sia prevista per legge una forma scritta per il contratto.  

Cassazione n. 22891/2015 

Se si considera un contatto assicurativo che preveda una clausola claims made come contratto atipico non vietato dall'art. 1917 c.c., comma 1, e dalle altre norme sulla disciplina delle assicurazioni evocate da quella decisione, il referente per il successivo giudizio di vessatorietà della clausola in quanto limitativa della responsabilità, cui si debba procedere per essersi in presenza di contratto riconducibile alle norme degli artt. 1341 e 1342 c.c., non può essere espresso semplicemente rilevando che la clausola segna una deroga all'art. 1917, comma 1, cioè non risponde al modello legale tipico da esso previsto e ciò perchè quel modello non è imperativo. 
Il parametro di valutazione della vessatorietà, non potendo essere quella norma deve essere rappresentato necessariamente da altra norma oppure dev'essere desunto dalla valutazione complessiva del contratto e, quindi, dal modo in cui la clausola claims made è prevista ed eventualmente dal rapporto di essa con altre clausole contrattuali. 

Cassazione n. 6784/2014 

La nullità di una clausola vessatoria di un contratto, in cui una delle parti è un consumatore e che può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice, opera solo a vantaggio del consumatore e non travolge l'intero rapporto contrattuale limitandosi solo a rendere inefficace tale clausola.  

Cassazione n. 21419/2013 

Il contratto di albergo - che costituisce un contratto atipico o misto, con il quale l'albergatore si impegna a fornire al cliente, dietro corrispettivo, una serie di prestazioni eterogenee, quali la locazione di alloggio, la fornitura di servizi o il deposito - soggiace alla disciplina generale dei contratti dei consumatori quanto all'individuazione del giudice inderogabilmente competente - da individuarsi in quello del luogo della residenza (o del domicilio) del consumatore - ove il cliente persona fisica lo abbia stipulato per la soddisfazione di sue esigenze della vita quotidiana, estranee all'esercizio della propria eventuale attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale; e tanto anche se non possa configurarsi un contratto di pacchetto turistico, essendo la disciplina relativa a quest'ultima speciale ed ulteriore a quella generale dei contratti del consumatore. 

Cassazione n. 18041/2012 

Quando i contraenti fanno riferimento alla disciplina fissata in un distinto documento al fine dell'integrazione della regolamentazione negoziale, le previsioni di quella disciplina si intendono conosciute e approvate "per relationem", assumendo pertanto il valore di clausole concordate senza necessità di una specifica approvazione per iscritto ai sensi dell'art. 1341 c.c. 

Data: 15 gennaio 2020