di Paolo M. Storani - La notizia passa sotto silenzio anche se riguarda la nostra Legge più importante: prima ancora che a livello planetario venisse enunciata la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, in Italia era già in vigore la Costituzione, la legge fondamentale.
Si chiama cosí perché è l'atto fondativo che costituisce lo Stato. Un capolavoro ispirato al concetto di società orizzontale in cui trionfa il principio di uguaglianza. Sarebbe stato sufficiente, durante questi decenni, darle attuazione in tutti i suoi risvolti.

E' il primo di gennaio del 1948. Poi l'Italia finisce molto male; la comanda una mediocre classe dirigente. E cosí si decide di smantellare la Carta: servirà per conseguire il progetto di cementare le famigerate Larghe Intese con le quali vengono svilite le risultanze delle elezioni del 24-25 febbraio 2013: verranno insediati comitati di presunti Saggi, contemplati non si sa da quale norma.

Lorenza Carlassare e Nadia Urbinati, prestigiose studiose, si dimettono presto e gli esperti (o presunti tali) rimangono trentatré agli ordini della colomba PdL Gaetano Quagliariello.

Sono ispirati dal Colle da un ri-Presidente che, evento insolito e giuridicamente impossibile in una repubblica parlamentare qual è (ancora/tuttora) l'Italia, espone al potere legislativo il suo personale programma di riforme. I saggi vengono nominati dal neo Primo Ministro Letta nipote (che ha di recente difeso strenuamente il Ministro della Giustizia, ruolo nevralgico sotto il profilo della legalità, Annamaria Cancellieri, amica della famiglia Ligresti: "la sfiducia alla Cancellieri è una sfiducia a me e a tutto il governo: chiedo al Pd un atto di responsabilità", proclama solennemente per salvarla).

Il loro incredibile compito sarà di riscrivere la Costituzione; una buona metà dell'articolato sarà travolta dalla controriforma.

E cosí la classe politica più screditata del mondo, che ha oggi (16 dicembre 2013) un indice di gradimento del due per cento, si autoinveste dell'incarico di deturpare una delle pochissime eccellenze che ancora abbiamo in Italia.

Fatto senza precedenti se si ricorda che viene stracciato strumentalmente finanche l'art. 138 Cost..

Infatti, la Carta contempla al suo interno il meccanismo di revisione con una calibrata tempistica cui i riformatori inopinatamente derogano.

I tempi sono stretti e gli aspiranti nomoteti vogliono lo scalpo della Costituzione entro il 2014. Nel contempo, quale miglior presidio per le Larghe Intese del Porcellum? Invano il valoroso deputato renziano Roberto Giachetti si ostina allo sciopero della fame, proponendo di ripristinare il vecchio Mattarellum, sistema proporzionale corretto.

Attaccheranno i diritti fondamentali, i delicati contrappesi, la stessa forma di democrazia parlamentare.

E' in pericolo il futuro della nostra ancora giovane e fragile democrazia, che con i governi di Mario Monti ed Enrico Letta è apparsa sospesa ed in stato di eccezione.

Si va in direzione di un presidenzialismo giá nella prassi (Napolitano sostenne il c.d. Fiscal Compact mentre era ancora in corso il procedimento di approvazione della legge di riforma costituzionale n. 1 del 2012, quando sarebbe stato coerente esternare in sede di promulgazione della discutibile norma che dal 2014 comporterà indecifrabili vincoli sulle decisioni di finanza pubblica che frustreranno ogni chance di ripresa) ad immunità assoluta, che trasuda perfino dalla motivazione della sentenza costituzionale del 15 gennaio 2013. Addirittura, nel conflitto dall'esito scontato (come aveva profetizzato Gustavo Zagrebelsky) con la Procura di Palermo, la Consulta ha sovvertito per il Presidente della Repubblica i fondamentali principi del contraddittorio nella formazione della prova e del diritto di difesa inviolabile in ogni stato e grado del procedimento pur di pervenire al divieto di ascolto delle intercettazioni casuali della voce del Capo dello Stato. Per chi di professione è avvocato un'assurdità processuale.

Era tutto pronto. "La Carta in mano agli inaffidabili" sentenzia il Prof. Stefano Rodotà il 25 ottobre 2013, all'indomani della votazione al Senato, ove per soli cinque voti sono stati oltrepassati i due terzi dei sí: non sarà, quindi, possibile indire il referendum perché cosí stabilisce l'ultimo comma dell'art. 138 Cost.

La regola, oltretutto, nacque con un Parlamento eletto con il metodo proporzionale.

Passando ad un metodo maggioritario (prima dell'ultimissima pronuncia del dicembre 2013 della Consulta ammazza Porcellum che sancisce interlocutoriamente il ritorno al proporzionale puro) il meccanismo di garanzia contro le forzature ne risulta di per sé indebolito.

Infatti, la maggioranza dei due terzi prevista dall'ultimo comma dell'art. 138 Cost. è troppo esigua per un Parlamento (ora illegittimo? Gli italiani sono stati privati del diritto di voto) eletto, come l'attuale, con la legge n. 270 del 21 dicembre 2005, il mostro poi rinnegato dal suo stesso artefice, Roberto Calderoli.

Poi, il colpo di scena: il trionfo ...primario di Matteo Renzi, l'uscita dall'anomala ed impudica maggioranza di Forza Italia.

Napolitano, che pure su quella Costituzione aveva giurato (già un paio di volte), Letta jr. e company non hanno più i voti per procedere oltre sul ddl costituzionale n. 813 e dovranno ritirarlo.

Ci ha salvati dalla probabile catastrofe il MoVimento Cinquestelle che ha realizzato un incisivo ostruzionismo in agosto, provocando lo slittamento della scellerata riforma, che altrimenti sarebbe già stata varata prima dell'uscita dal Parlamento e dalla maggioranza di Berlusconi.

La storia, anche quella giuridica, è fatta di episodi.

Festeggiamo la rinascita di quella magica Carta, di sana e robusta ...Costituzione!
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