La Consulta dichiara incostituzionale la disposizione che prevede la reintegra nel posto di lavoro in caso di licenziamento economico come una facoltà

La reintegra nel posto di lavoro nei licenziamenti economici

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Per la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi su una questione di costituzionalità che riguarda i licenziamenti economici, con la sentenza n. 59/2021 (sotto allegata) dichiara illegittimo l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, come formulato dalla Riforma Fornero, nella parte in cui prevede che la reintegra nel posto di lavoro è contemplata come una facoltà, qualora i fatti siano manifestamente insussistenti. Vediamo come la Consulta è giunta a una simile conclusione.

Il Tribunale di Ravenna, nella veste di giudice del lavoro solleva questione di legittimità costituzionale in relazione agli articoli artt. 3, comma 1, 41, comma 1, 24 e 111 comma 2 della Costituzione, dell'art. 18, comma 2, dello Statuto dei Lavoratori, legge n. 300/1970 "nella parte in cui prevede che, in ipotesi in cui il giudice accerti la manifesta insussistenza di un fatto posto a fondamento di un licenziamento per G.M.O. (giustificato motivo oggettivo), "possa" e non "debba" applicare la tutela di cui al 4° comma dell'art. 18 (reintegra)."

Le norme della Costituzione che si considerano violate

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Nello specifico, per il Tribunale di Ravenna, il carattere facoltativo della reintegra nei casi di licenziamento oggettivo, ovvero economico, risulta contrario al principio di uguaglianza sancito dall'art 3 della Costituzione perché "per effetto di una insindacabile e libera scelta del datore di lavoro di qualificare in un modo o nell'altro l'atto espulsivo, determinerebbe un'arbitraria disparità di trattamento tra situazioni del tutto identiche, ossia il licenziamento per giusta causa

e il licenziamento per giustificato motivo oggettivo dei quali si sia accertata in giudizio l'infondatezza (addirittura la manifesta infondatezza per il G.M.O.)."

La disposizione viola altresì l'art. 41 della Costituzione perché attribuisce al datore di lavoro un potere di scelta meramente imprenditoriale che finisce per tradursi in un nuovo e autonomo atto di espulsione del lavoratore. La norma risulta inoltre lesiva dell'art. 24 della Costituzione perché il lavoratore davanti a una facoltà di scelta totalmente discrezionale del datore, non ha alcuna facoltà di difendersi. Infine la disposizione risulta contraria all'art. 111 della Costituzione perché il giudice è privato del suo ruolo di terzietà, in quanto finisce per assumere i panni dell'imprenditore e compiere una scelta di gestione dell'impresa.

La reintegra come facoltà nei licenziamenti economici è discriminatorio

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La Corte Costituzionale accoglie il ricorso dichiarando costituzionalmente illegittimo l'art. 18 comma 2 dello Statuto dei lavoratori nella parte in cui prevede che "il giudice, quando accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, può altresì applicare - invece che applica altresì - la disciplina di cui al medesimo art. 18, quarto comma" che contempla la reintegra del lavoratore.

Nel caso di specie il ricorrente invoca l'applicazione della tutela reintegratoria attenuata, che prevede la reintegra del dipendente o il riconoscimento di un'indennità dal licenziamento alla effettiva reintegra pari a dodici mensilità. Nei licenziamenti economici, la tutela reintegratoria attenuata può essere applicata nelle ipotesi di "manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo."

Il sancire la reintegra come una facoltà però appare lesivo del principio di uguaglianza rispetto agli altri tipi di licenziamento in cui essa è prevista come obbligatoria. Assorbiti gli altri motivi di censura.

Leggi anche:

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Scarica pdf Corte Costituzionale n. 59/2021

Foto: 123rf.com
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