La Cassazione ripercorre tutta la giurisprudenza sul tenore di vita, aderendo al revirement giurisprudenziale sulla valutazione dell'autosufficienza economica del richiedente l'esborso

di Lucia Izzo - Il revirement giurisprudenziale operato dalla Corte di Cassazione nella sent. n. 11504/2017 (per approfondimenti: Divorzio: la Cassazione dice addio al tenore di vita. Ecco le motivazioni) introduce un diverso parametro, assai più rispettoso della ratio dell'art. 5, comma sesto, della legge sul divorzio quanto alla spettanza o meno dell'assegno divorzile, ovverosia quello dell'autosufficienza economica del richiedente l'esborso.


La pregressa giurisprudenza di legittimità, tuttavia, continuerà a operare se il coniuge non abbia mai lavorato per motivi di salute o anagrafici o se non abbia mai avuto un'occupazione o non sia abbastanza qualificato per trovarne una.


Lo rammenta la stessa Corte di Cassazione, prima sezione civile, nella sentenza n. 2042/2018 (qui sotto allegata). Gli Ermellini, chiamati a pronunciarsi in una causa relativa alla spettanza o meno dell'assegno divorzile, sposano il nuovo indirizzo giurisprudenziale introdotto dal menzionato provvedimento e ormai consolidatosi a seguito di varie pronunce conformi.


Nella prima fase dell'an, spiegano gli Ermellini, non è prevista alcuna comparazione delle condizioni economiche dei coniugi e non si fa riferimento alcuno al tenore di vita pregresso, poiché l'indagine va orientata alla sola situazione del richiedente, senza alcun riferimento, in tale fase a quella dell'altro coniuge.

Assegno di divorzio: il tenore di vita in una prospettiva storica

È una soluzione che si distingue rispetto a quanto veniva operato in passato dalla giurisprudenza: sul punto, la Cassazione offre una rilettura in prospettiva storica prendendo le mosse dall'originaria disciplina, estranea al Codice Civile, della legge n. 898/1970, che si caratterizzava per la netta preminenza del marito nel governo della famiglia.

Il profilo dell'inadeguatezza dei mezzi, invece, fu introdotto dalla riforma del divorzio (L. 74/1987) e vi si aggiunse la previsione dell'impossibilità di procurarsi tali mezzi per ragioni oggettive: la giurisprudenza ricollegò tale inadeguatezza al mantenimento del tenore di vita assunto durante la convivenza matrimoniale.

Un'affermazione che, successivamente e nonostante la norma non ne facesse menzione, venne condotta ad estreme conseguenze, vincolandola ad aspettative più o meno automatiche e, in violazione della lettera della norma, effettuando commistioni tra le due parti distinte della disposizione poiché la valutazione delle condizioni economiche e sociali dei coniugi, inerenti al quantum, veniva sempre più ad interferire sull'an.

Tenore di vita: il revirement giurisprudenziale sull'assegno di divorzio

Il nuovo orientamento, invece, molto più consono alla lettera e alla ratio nella norma, espunge dalla fase dell'an qualsivoglia comparazione delle condizioni economiche dei coniugi e ogni riferimento al tenore di vita pregresso.

Tuttavia, precisa la Cassazione, autosufficiente di certo non si può ritenere il coniuge (in genere la donna) che non ha mai lavorato o ha cessato di lavorare durante il matrimonio (anche se dalle recenti statistiche emerge che questa situazione è più rara che in passato).

Qui, tuttavia, sopperisce la seconda parte della norma secondo quando stabilisce che l'assegno possa essere somministrato a favore del coniuge che non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.

In tal caso, spiega la Corte, "continuerà a operare la giurisprudenza pregressa", non solo per ragioni di salute, ma anche di età, inidoneità a inserirsi nel mercato del lavoro, mancanza di attività pregressa, di specializzazione, ecc. (cfr. sentt. n. 3838/2006 e n. 27234/2008).

La sentenza n. 11504/2018, pronunciandosi sull'autosufficienza, l'ha individuata in alcuni specifici parametri che la giurisprudenza di merito dovrà adeguare alla concreta fattispecie dedotta in giudizio: ad esempio il possesso di redditi di qualsiasi specie, cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari (tenuto conto degli oneri imposti e del costo della vita nel luogo di residenza), le capacità effettive di lavoro personale, la stabile disponibilità di una casa di abitazione e altri elementi che potranno rilevare nel caso di specie.

Vanno, tuttavia, esclusi pericolosi automatismi, ad esempio multipli della pensione sociale o simili,, che renderebbero autosufficienza e non autosufficienza identiche sempre a se stesse ed eguali. Non dovrà aversi riguardo al coniuge richiedente l'assegno, spiega la Cassazione, come a un'entità astratta, ma questi dovrà considerarsi come singola persona nella sua specifica individualità.

Solo superato il vaglio dell'ammissibilità dell'assegno e accertata la non autosufficienza economica, sicuramente potrebbero venire in considerazione i vari profili indicati dalla norma per la quantificazioni dell'assegno, tali da poter determinare un'elevazione dell'importo.

Nel caso di specie, alla signora non spetta l'esborso richiesto: i dedotti accordi assunti in sede di separazione e l'assegno in tale sede ritenuto spettantele, non incidono sulla determinazione di quello di divorzio, stante la diversità di natura, caratteri e contenuti; semmai, chiarisce il Collegio, tali accordi potranno essere considerati nella valutazione del patrimonio e del reddito di ambedue i coniugi. Inoltre, la ricorrente, essendo proprietaria di diversi immobili, potrà gestirli e ricavarvi un reddito adeguato a svolgere un tenore di vita dignitoso.


Cass., prima sezione civile, sent. n. 2042/2018

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