Come funziona il reclamo in corte di appello contro i provvedimenti presidenziali temporanei ed urgenti nei giudizi di separazione e divorzio

Reclamo in corte d'appello contro i provvedimenti presidenziali

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Nei giudizi contenziosi di separazione e divorzio, il Presidente del Tribunale può emettere nel corso dell'udienza presidenziale o subito dopo, i provvedimenti provvisori ed urgenti che ritiene opportuni nell'interesse del coniuge e della prole (art. 708, comma 3, Codice di Procedura Civile).
Si tratta di decisioni che concernono soprattutto l'assegnazione della casa familiare ed il mantenimento per il coniuge ed i figli minori o maggiorenni non autosufficienti.
Avverso tali decisioni sono contemplati due rimedi ovvero:

- il reclamo alla Corte d'Appello (art. 708, comma 4, c.p.c.)

- oppure la richiesta di revoca o di modifica da richiedere al giudice istruttore (art. 709, comma 4, c.p.c.).
Sul rapporto tra reclamo e revoca/modifica dell'ordinanza presidenziale, non vi è alcuna sovrapponibilità tra le due ipotesi, in quanto il reclamo alla Corte d'appello consente di censurare profili di eventuale manifesta erroneità dei provvedimenti presidenziali, mentre la richiesta di revoca o modifica all'istruttore va correlata alla opportunità di adeguare i provvedimenti, resi all'esito di delibazione sommaria, alle risultanze acquisite nel corso della fase a cognizione piena.

Termine e deposito

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Il reclamo dinnanzi alla Corte di appello, deve essere proposto entro un termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento.

La notifica idonea a far decorrere il termine breve di dieci giorni non è quella effettuata dalla Cancelleria del Tribunale via PEC bensì la notifica effettuata dall'avvocato della parte.
Il reclamo deve essere depositato nella cancelleria della Corte d'appello competente nel termine perentorio di dieci giorni, che decorre come sopra scritto dalla notificazione del provvedimento. In difetto di tale notifica, si ritiene applicabile il termine lungo semestrale previsto per l'impugnazione delle sentenze.
Dopo il deposito del ricorso, dovrebbe essere fissata l'udienza di discussione avanti al collegio in camera di consiglio. Ricorso e decreto di fissazione dell'udienza dovranno poi essere notificati dal reclamante alla controparte, entro il termine fissato dal Presidente della Corte, presso il domicilio eletto per il procedimento di primo grado.
Il resistente potrà difendersi con una memoria scritta dove potrà eventualmente proporre un reclamo incidentale.
La giurisprudenza maggioritaria ritiene che il riesame da parte della Corte debba essere limitato alla correzione di errori manifesti ed immediatamente rilevabili, di fatto o di diritto, desumibili allo stato degli atti, senza possibilità di compiere complesse attività di accertamento, da riservare piuttosto alla fase istruttoria.
Il reclamo alla corte d'appello ex art. 708, comma 4, c.p.c. e il potere di revoca/modifica da parte del giudice istruttore ex art. 709, comma 4, c.p.c. rappresentano entrambi strumenti di controllo pieno avverso l'ordinanza presidenziale, il cui coordinamento ha luogo sotto forma di alternatività tra i due rimedi.
Una volta che il processo sia transitato nella fase a cognizione piena e in particolare dopo la prima udienza avanti al giudice istruttore il reclamo avverso l'ordinanza presidenziale deve considerarsi inammissibile in quanto tardivo.

Aspetti procedurali

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Risulta corretto a parere dello scrivente evitare la coesistenza di diverse regolamentazioni (da parte della Corte d'appello e del giudice istruttore) «intervenute autonomamente l'una rispetto all'altra, tra loro non conciliabili e potenzialmente anche confliggenti».
Uno dei principali limiti della richiesta di revoca è rappresentato dal fatto che spesso il Presidente che ha emesso i provvedimenti presidenziali assume successivamente il ruolo di giudice istruttore della stessa causa e, difficilmente "smentirà" un suo precedente provvedimento, a meno che non emergano elementi nuovi non esaminati in sede presidenziale. In effetti al giudice istruttore viene attribuito un potere più ampio di quello spettante alla corte di appello posto che il primo con un suo provvedimento istruttorio può anche modificare quanto stabilito dalla corte di appello in sede di reclamo e, il provvedimento di modifica/revoca emesso dal giudice istruttore non sarà a quel punto neanche più reclamabile.

La giurisprudenza, tende a ridurre al minimo l'attività istruttoria espletabile in tale sede di reclamo.
Si è così affermato che non si possano acquisire e valutare elementi probatori che già non siano stati sottoposti alla valutazione del Presidente del Tribunale, potendosi solo correggere gli errori commessi da quest'ultimo, in fatto o in diritto, che emergano senza apposita istruzione, in modo da evitare che due autorità giudiziarie, nella stessa fase processuale, esprimano valutazioni diverse.
Non viene comunque preclusa alla parte la produzione e l'esame di nuovi documenti, anche in relazione ai fatti nuovi.
La giurisprudenza tende anche a negare l'audizione del minore in sede di reclamo anche se tale conclusione potrebbe oggi essere messa in discussione, alla luce della giurisprudenza di legittimità che sancisce la nullità i provvedimenti relativi a minori emessi senza che questi ultimi siano stati auditi (se ultradodicenni o comunque se dotati di scernimento e l'audizione non appaia per loro pregiudizievole).
La decisione della Corte è adottata con decreto non ulteriormente reclamabile nè impugnabile, neanche con ricorso straordinario in Cassazione, attesa la sua natura provvisoria.
Quindi, la Corte potrà respingere il reclamo (e quindi confermare l'ordinanza impugnata), oppure potrà accogliere, revocando in toto o modificando (anche solo in parte) il provvedimento emesso. In tal caso, il titolo esecutivo sarà normalmente rappresentato dal decreto della Corte d'appello, salva la "sopravvivenza" dell'ordinanza del Presidente nelle parti non considerate in sede di reclamo.

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Foto: 123rf.com
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