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Divorzio

Il divorzio, disciplinato dalla legge n. 898/1970, è l'istituto giuridico che consente lo scioglimento del vincolo matrimoniale o la cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso quando tra i coniugi viene meno la comunione spirituale e materiale di vita. Può essere giudiziale o consensuale, anche tramite accordo raggiunto con negoziazione assistita o in Comune

Divorzio: cos'è

Il divorzio è un istituto giuridico previsto dal nostro ordinamento che consente di sciogliere il vincolo matrimoniale o di far cessare gli effetti civili derivanti dal matrimonio concordatario.

In Italia, l'istituto è stato disciplinato per la prima volta nel 1970 all'esito del referendum sul divorzio, a differenza di molti altri paesi europei, in cui il divorzio era ammesso e previsto già da tempo.

Legge divorzio

La prima legge sul divorzio, come anticipato, è stata emanata nel 1970. Trattasi della legge n. 898, la quale, dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 3 dicembre 1979, è entrata in vigore il 18 dicembre 1970. 

Il testo originario ha subito diverse modifiche nel corso degli anni. 

Da ultimo per effetto del Dlgs n. 21/2018. 

Nuova legge divorzio 2020

Le modifiche legislative intervenute sulla legge sul divorzio, come abbiamo visto risalgono al 2018. 

Dal 2019 è fermo, in attesa quindi di concludere il suo iter, il disegno di legge che reca diverse modifiche alla legge sul divorzio, intervenendo in particolare sulla disciplina dell'assegno, al fine di recepire i nuovi orientamenti della giurisprudenza della Cassazione (dapprima la sentenza Grilli del 2017, che ha detto stop al criterio del tenore di vita e poi le SS.UU. del 2018), che ha ampliato il novero dei criteri necessari ai fini del riconoscimento e della quantificazione dell'assegno di divorzio. 

Differenza tra separazione e divorzio

Prima di addentrarci nella disciplina sostanziale e procedurale del divorzio, ricordiamo che esso si distingue dalla separazione per un elemento in particolare. 

La separazione, sia essa consensuale che giudiziale, sospende, mette cioè in pausa il matrimonio e i conseguenti diritti e doveri. 

Il divorzio invece scioglie il vincolo matrimoniale e fa cessare, con alcune specifiche eccezioni, i diritti e i doveri che derivano dal vincolo matrimoniale. 

Divorzio dopo la separazione

La differenza tra separazione e divorzio non pregiudica tuttavia il collegamento tra i due istituti.

Il caso più frequente in cui si procede con la domanda di divorzio infatti, è quello che segue ad un determinato periodo di separazione. A stabilirlo è l'art 3. lettera b) del n. 2, il quale dispone che la separazione che legittima la successiva domanda di divorzio è quella che viene pronunciata con sentenza passata in giudicato all'esito di un giudizio (separazione giudiziale), o quella consensuale omologata o se, in caso di separazione di fatto essa è iniziata almeno due anni prima che entrasse in vigore la legge sul divorzio. 

Requisito, quello della separazione, che richiede come anticipato, anche il rispetto di un criterio temporale stabilito per legge. Il divorzio infatti può essere richiesto:

  • se la separazione si è protratta senza interruzione per almeno 12 mesi in caso di separazione giudiziale, che decorrono dalla data di comparizione dei coniugi davanti al presidente del Tribunale;
  • se la separazione consensuale (omologata in tribunale, o in comune o con negoziazione assistita) si è protratta ininterrottamente per almeno sei mesi, che decorrono dalla data dell'accordo raggiunto con la negoziazione o dell'atto redatto davanti all'ufficiale dello stato civile. 

Divorzio breve

Il divorzio breve, previsto dalla legge n. 55/2015, consiste in sostanza nella riduzione dei termini della separazione giudiziale (12 mesi) e consensuale (6 mesi) decorsi i quali è possibile procedere alla presentazione del ricorso per sciogliere il vincolo matrimoniale o per far cessare gli effetti civili del matrimonio. 

Divorzio consensuale

Il divorzio consensuale, definizione impropria del divorzio a domanda congiunta, è previsto dall'art. 4 della legge sul divorzio. Il Tribunale competente è quello del luogo di residenza di uno dei due coniugi. La domanda congiunta che chiede lo scioglimento del vincolo civile o la cessazione dei soli effetti civile del matrimonio religioso trascritto, che definisce i rapporti economici tra coniugi e le modalità di affidamento dei figli, si propone con ricorso al Tribunale in camera di consiglio. Il Tribunale decide con sentenza dopo aver sentito i coniugi, verificato la sussistenza dei presupposti di legge e appurato che i vari punti dell'accordo non contrastino con l'interesse dei figli. Qualora si dovesse verificare questa situazione, il procedimento prende la forma del divorzio giudiziale. 

Divorzio in Comune

Il divorzio in Comune (art. 12 D.L n. 132/2014) permette ai coniugi di concludere un accordo per procedere allo scioglimento del matrimonio civile o per porre fine agli effetti civili del matrimonio religioso trascritto. Il Comune competente è quello di residenza di uno dei due coniugi o quello in cui è iscritto o trascritto l'atto di matrimonio. L'assistenza di un legale non è obbligatoria, ma meramente facoltativa. A questa procedura i coniugi non possono ricorrere se sono nati dei figli né se si devono disporre trasferimenti patrimoniali.

Le dichiarazioni dei coniugi sul contenuto dell'accordo sono inserite in un atto, che viene compilato e sottoscritto immediatamente. Se invece l'ufficiale riceve le sole dichiarazioni dei coniugi li inviata a comparire nuovamente innanzi a lui nel termine di 30 giorni. La mancata comparizione dei  equivale a rinuncia dell'accordo. Con questa procedura è possibile anche procedere alla modifica delle condizioni di divorzio. 

Divorzio e negoziazione assistita

Un'altra modalità per divorziare “consensualmente” è quella che prevede il ricorso alla negoziazione assistita (art. 6 D.L n. 132/2014).

In questo caso le parti devono essere assistite da almeno un difensore per parte e l'accordo può riguardare i rapporti economici tra coniugi (compreso il mantenimento in favore di uno dei due), le modalità di affidamento dei minori, il mantenimento di figli maggiori di età o minorenni, la determinazione degli alimenti e la modifica di tutte le condizioni suddette.

Se l'accordo riguarda anche i figli viene trasmesso al PM del Tribunale competente, il quale se non rileva che lo stesso è contrario all'interesse dei figli lo autorizza. In caso contrario lo trasmette entro 5 giorni al Presidente del Tribunale, che ordina la comparizione delle parti entro 30 giorni.

In mancanza invece di figli minori, maggiori o invalidi l'accordo viene inviato al Procuratore del Tribunale competente, che se non se rileva irregolarità trasmette il nulla osta ai legali delle parti per gli adempimenti successivi, ovvero l'invio dell'accordo (con le certificazioni previste) all'ufficiale dello stato civile del Comune in cui è stato iscritto o trascritto il matrimonio. 

Divorzio giudiziale

Il divorzio giudiziale, a differenza tipologie di divorzio analizzate, come quello consensuale, in Comune o nell'ambito della procedura di negoziazione assistita, è una vera e propria causa che viene avviata affinché, in presenza di una situazione conflittuale, sia il giudice a stabilire le condizioni della vita dei coniugi e degli eventuali figli dopo la fine del matrimonio.

Procedura divorzio

Il divorzio giudiziale si avvia con ricorso da presentare al Tribunale dell'ultima residenza comune dei coniugi o, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha la residenza o il domicilio.

Se poi il coniuge convenuto è residente all'estero o è irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente e, se anche questi è residente all'estero, a qualunque tribunale della Repubblica. Il ricorso deve contenere fatti ed elementi di diritto sui quali si fonda la domanda di divorzio e indicare se dal matrimonio sono nati figli.

Il cancelliere che riceve il ricorso lo comunica all'ufficiale dello stato civile. 

Nei 5 giorni successivi al deposito del ricorso il Presidente fissa udienza di comparizione davanti a sé dei coniugi, non oltre 90 giorni dal deposito suddetto. Il giorno dell'udienza presidenziale i coniugi devono comparire personalmente, assistiti da un difensore. Nel corso di questa udienza il Presidente sente i coniugi prima separatamente, poi congiuntamente e tenta la conciliazione. Fallita la conciliazione il Presidente prende i provvedimenti temporanei e urgenti per coniugi e figli, poi nomina il giudice che deve istruire la causa di divorzio e fissa la data dell'udienza in cui i coniugi dovranno comparire innanzi a lui. 

Il procedimento può condurre alla emanazione di una sentenza non definitiva sull'assegno e proseguire per gli effetti restanti. Nel caso in cui uno dei coniugi appelli la sentenza, il giudizio si tiene in camera di Consiglio. 

Assegno di divorzio

Il mantenimento conseguente al divorzio, ossia l'assegno di divorzio, è previsto dall'art. 5 della legge sul divorzio. Il Tribunale infatti, quando pronuncia la sentenza che scioglie il vincolo matrimoniale o che pone fine agli effetti civili del matrimonio religioso trascritto, dispone l'obbligo, a carico di un coniuge, di somministrare all'altro un assegno periodico, quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o non può procurarseli per ragioni oggettivi (es: invalidità, età avanzata, ecc.). 

Nel disporre il riconoscimento e la sua quantificazione il giudice deve però tenere conto di tutta una serie di elementi, ossia le condizioni dei coniugi, le ragioni della fine del matrimonio, il contributo di tipo economico e personale che ogni coniuge ha dato alla conduzione della famiglia, alla formazione del patrimonio della famiglia e di ciascuno. Il tutto anche in rapporto alla durata del matrimonio. 

Criteri a cui, come noto, si sono aggiunti quelli ancora più complessi indicati dalle SU della Cassazione n. 18287/2018, intervenuta poco dopo la sentenza Grilli n. 11504/2017, che ha eliminato il criterio dl tenore di vita per la commisurazione dell'assegno divorzile.

Divorzio con figli

Quando finisce un matrimonio e dallo stesso sono nati figli, in capo ai genitori permane l'obbligo di mantenere, educare, assistere moralmente e provvedere all'istruzione dei figli, così come contemplato dall'art 147. c.c. 

La norma di riferimento però per i figli in caso di divorzio dei genitori è l'art. 337 ter c.c

Detta norma prevede che il giudice debba prendere i provvedimenti relativi alla prole nel loro esclusivo e primario interesse di natura morale e materiale. Stabilisce le modalità di affidamento, preferendo quando possibile quello congiunto. In relazione al mantenimento vige la regola che ogni genitore è tenuto a provvedervi in proporzione alle proprie capacità. 

Quando necessario il giudice pone a carico di uno dei due l'obbligo di corrispondere un assegno periodico per il contributo al mantenimento della prole che deve tenere conto delle esigenze del figlio in quel momento, del tenore di vita di cui lo stesso ha goduto durante il matrimonio, delle risorse economiche di cui ovviamente dispongono i due genitori, del tempo che il figlio trascorre rispettivamente con entrambi i genitori e infine dei compiti di cura e di assistenza che vengono svolti da ciascun genitore. 

Queste disposizioni, previste per i figli minori, valgono anche per quelli affetti da handicap grave, indipendentemente dall'età. I figli maggiorenni invece, in caso di divorzio, se non indipendenti economicamente, possono divenire titolari diretti dell'assegno di mantenimento posto a carico del genitore obbligato, a meno che il giudice non disponga diversamente. 

Quanto costa un divorzio

Un divorzio ha un costo assai variabile. Si parte dai 16 euro per i diritti che vanno versati all'ufficio dello stato civile, se non si ricorre all'avvocato, per il divorzio in Comune a un costo che varia dai 600 ai 2000 euro e oltre per il divorzio mediante negoziazione assistita e per quello a domanda congiunta, in base alle questioni di tipo economico o personale da risolvere. 

Il costo più elevato però è quello che si sostiene per il divorzio giudiziale. In questo caso poiché il legale deve affrontare una vera e propria causa, le attività che deve compiere e la preparazione richiesta per la soluzione di certe problematiche, possono fare lievitare di molto i costi. 

In ogni caso, chi non ha i mezzi economici necessari per affrontare certe spese può sempre fare domanda per accedere al patrocinio gratuito.