Tra leggi, regolamenti condominiali e giurisprudenza

Avv. Laura Bazzan - In seguito alla riforma dell'istituto condominiale di cui alla L. 220/2012, è stata introdotta un'apposita disposizione sulla possibilità di tenere degli animali domestici in condominio. L'art. 1138 c. 5 c.c., infatti, stabilisce che il regolamento condominiale non possa vietare di possedere o detenere animali domestici

Anche prima dell'intervento legislativo, tuttavia, la giurisprudenza assolutamente maggioritaria si era assestata nel senso di ritenere illegittimo un divieto generalizzato imposto dal regolamento di condominio (cfr. Cass. civ. n. 3705/2011), riconoscendo la legittimità di un intervento limitativo del diritto di proprietà nella sola ipotesi in cui il proprietario dell'immobile si fosse contrattualmente obbligato a non detenere animali nella propria unità abitativa (cfr. Trib. Piacenza, 10.04.2001).


Il problema dei regolamenti esistenti e dei regolamenti contrattuali

Stabilendo che il divieto di possedere o detenere animali non possa essere imposto dal regolamento condominiale, il legislatore ha certamente inteso inibire all'assemblea il potere di escludere la convivenza con un animale d'affezione mediante un voto di maggioranza. La dottrina, tuttavia, è attualmente divisa circa l'applicabilità o meno della norma di cui all'art. 1138 c. 5 c.c. sia ai regolamenti esistenti che ai regolamenti contrattuali.

Secondo una tesi cd. restrittiva, che richiama il principio di irretroattività positivizzato nell'art. 11 c. 1 disp. prel c.c., la nuova disciplina sugli animali domestici in condominio sarebbe valida ed efficace solo per l'avvenire con esclusione dei regolamenti contrattuali, che conserverebbero la loro idoneità a prevedere limitazioni alla proprietà privata anche vietando la detenzione e il possesso degli animali da parte del condomino, trovando l'unico limite nell'inderogabilità delle norme imperative e di interesse pubblico.

Per la contrapposta tesi cd. estensiva, invece, la nuova disciplina legislativa comporterebbe la caducazione di ogni norma regolamentare contrastante, tanto di natura assembleare quanto di natura contrattuale, per nullità sopravvenuta.

L'accesso all'ascensore comune e al giardino condominiale

L'art. 1138 c. 5 c.c. riguarda gli animali detenuti nelle parti di proprietà esclusiva di ciascun condomino, di talchè, con riferimento alle parti comuni, trova applicazione la disciplina di cui all'art. 1102 c.c., che impone di contemperare gli interessi di tutti i comproprietari, garantendo il pieno e libero uso e godimento da parte di ognuno senza abusi in danno agli altri. Secondo quanto già affermato dalla giurisprudenza, invero, lasciare un cane libero di circolare in assenza del proprio padrone nel giardino condominiale può comportare un'indebita limitazione al diritto degli altri condomini di fruire liberamente del medesimo spazio (cfr. Cass. civ. n. 14353/2000), nonché costituire fatto penalmente rilevante ai sensi dell'art. 672 c.p. 

Di conseguenza, ammessa la legittimità della presenza degli animali nelle singole unità immobiliari, non si può procedere ad un esclusione tout court degli animali dalle parti comuni, ma è importante che il proprietario dell'animale rispetti le norme di sicurezza, igiene e salute per non arrecare pregiudizio agli altri condomini, senza trascurare neppure quelle del buon senso e dell'educazione. La violazione di tali norme, in effetti, potrebbe costituire condotta idonea ad impedire agli altri l'uso secondo diritto del bene comune, e giustificare il divieto di transito e permanenza nello stesso dell'animale.

Le immissioni di odori e di rumori

Il possesso o la detenzione di animali domestici in condominio non va esente dal rispetto delle altre norme dell'ordinamento. Così rimane possibile far allontanare l'animale che arrechi disturbo agli altri condomini qualora la molestia superi la soglia della normale tollerabilità ai sensi dell'art. 844 c.c., può trattarsi di immissioni rumorose (come l'abbaiare o il latrare dei cani) o odorose (come le deiezioni non rimosse dai proprietari). Poiché non esiste un parametro universale per stabilire con certezza quando l'immissione superi il limite normalmente tollerabile, sarà necessario procedere ad un accertamento che prenda in considerazione tutte le circostanze fattuali. 

Nel caso delle immissioni rumorose, in particolare, è stato riconosciuto, da un lato, il diritto dei cani ad abbaiare, dall'altro l'obbligo dei proprietari di ridurre al minimo le occasioni di disturbo e prevenire le possibili cause di agitazione ed eccitazione dell'animale stesso (cfr. Cass. pen. n. 7856/2008), anche per evitare la responsabilità penale di cui all'art. 659 c.p.

Rassegna giurisprudenziale

In attesa di pronunce significative all'esito della riforma, che prendano una chiara posizione circa l'ambito di applicazione dell'art. 1138 u.c. c.c., si riportano di seguito le principali massime sulle tematiche affrontate:

"Il reato previsto dall'art. 674 cod. pen. è integrato dalle esalazioni maleodoranti provenienti da stalle, gabbie o promananti da escrementi di animali in numero rilevante o quelle dovute alla presenza di numerosi cani tenuti in condizioni di sporcizia." Cass. pen. Sez. III, 03/11/2014, n. 45230 

"In tema di  condominio  negli edifici, il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva." Cass. civ. Sez. II, 15/02/2011, n. 3705

"In materia di omessa custodia di animali, tra i destinatari del precetto di cui all'art. 672 c.p. è, innanzitutto, anche se non esclusivamente, il proprietario dell'animale pericoloso, il quale, tenuto ad adottare tutte le debite cautele di cui alla richiamata fattispecie normativa, non può ritenersi, tuttavia, esonerato da responsabilità in caso di provvisoria assenza, che non implica di per sé né che egli abbia affidato la custodia o trasferito la detenzione ad altri, né che questi, assunta tale relazione di fatto con l'animale a tanto fosse idoneo e capace. Dallo specifico obbligo di custodia dell'animale, invero, il proprietario può ritenersi esonerato solo ove sia cessato, anche temporalmente, il rapporto di detenzione con l'animale, trasferendosi tale obbligo in capo al nuovo e provvisorio detentore, idoneo a provvedere al riguardo, secondo modalità non previamente concordate." Cass. pen. Sez. IV, 12/10/2011, n. 43018

"La presenza di un cane all'interno di un condominio non deve essere lesiva dei diritti degli altri condomini. I proprietari dell'animale devono ridurre al minimo le occasioni di disturbo e prevenire le possibili cause di agitazione ed eccitazione dell'animale stesso, soprattutto nelle ore notturne. Valutata la natura del cane non può essere coartata al punto da impedirgli del tutto di abbaiare e che episodi saltuari di disturbo da parte dell'animale possono e devono essere tollerati dai vicini, in nome dei principi del vivere civile." Cass. civ. Sez. II, 26/03/2008, n. 7856

"Il reato previsto dall'art. 674 c.p. non punisce soltanto le emissioni di gas, vapori o fumo idonei ad imbrattare o cagionare molestie alle persone non sono solo quelli provenienti da attività produttive ma anche tutte quelle esalazioni maleodoranti comunque imputabili all'attività umana, quali ad esempio quelle provenienti dalla presenza nel proprio giardino di numerosi animali senza l'adozione di cautele idonee ad evitare disturbo o molestie ai vicini." Cass. pen. Sez. III Sent., 27/03/2008, n. 19206

"Nell'ipotesi di violazione del divieto contenuto nel regolamento contrattuale di destinare i singoli locali di proprietà esclusiva dell'edificio condominiale a determinati usi (nella specie detenzione di animali), il condominio può richiedere la cessazione della destinazione abusiva sia al conduttore che al proprietario locatore. Peraltro, nell'ipotesi di richiesta nei confronti del conduttore, si verifica una situazione di litisconsorzio necessario con il proprietario, che quindi deve partecipare al giudizio in cui si controverte in ordine all'esistenza e alla validità del regolamento (posto che la limitazione all'uso delle unità immobiliari in proprietà esclusiva, derivanti dal regolamento contrattuale di  condominio, in quanto costituiscono oneri reali o servitù reciproche, afferiscono immediatamente alla cosa)." Cass. civ. Sez. II, 08/03/2006, n. 4920

"L'abbaiare di cani, specialmente nelle ore notturne, è un fatto potenzialmente idoneo a disturbare il riposo o l'occupazione delle persone che risiedono nelle vicinanze; di conseguenza, a questi ultimi spetta l'azione per il risarcimento dei danni." Cass. pen. Sez. VII, 26/08/2006, n. 26107

"Gli  animali  domestici possono essere allontanati anche con provvedimento d'urgenza che ne inibisca il ritorno laddove la loro presenza sia vietata non solo dal regolamento condominiale ma anche quando da essa derivino immissioni insalubri e intollerabili e un minore godimento delle parti comuni, soprattutto quando i cani in questione siano dichiarati potenzialmente pericolosi dal Ministero della Salute." Trib. Salerno, 22/03/2004

"La detenzione di animali in un condominio, nell'ambito delle singole proprietà esclusive, può essere vietata solo se il proprietario dell'immobile si sia contrattualmente obbligato a non detenere  animali  nel proprio appartamento, non potendo altrimenti un regolamento condominiale di tipo non contrattuale, quand'anche approvato a maggioranza, stabilire limiti, costituenti oneri reali ovvero servitù a carico dei condomini relativamente alle loro proprietà esclusive, essendo la scelta di tenere o meno animali, nell'ambito della singola proprietà, estrinsecazione del diritto dominicale." Trib. Piacenza, 10/04/2001

"In tema di condominio negli edifici, il diritto di cui è titolare ciascun condomino di usare e godere delle cose di proprietà comune a suo piacimento trova limite nel pari diritto di uso e di godimento degli altri condomini. Pertanto, l'usare degli spazi comuni di un edificio in condominio facendovi circolare il proprio cane senza le cautele richieste dall'ordinario criterio di prudenza può costituire una limitazione non consentita del pari diritto che gli altri condomini hanno sui medesimi spazi, se risulti che la mancata adozione delle suddette cautele impedisce loro di usare e godere liberamente di tali spazi comuni." Cass. civ. Sez. II, 03/11/2000, n. 14353

"In tema di condominio di edifici il divieto di tenere negli appartenenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva, sicché in difetto di un'approvazione unanime le disposizioni anzidette sono inefficaci anche con riguardo a quei condomini che abbiano concorso con il loro voto favorevole alla relativa approvazione, giacché le manifestazioni di voto in esame, non essendo confluite in un atto collettivo valido ed efficace, costituiscono atti unilaterali atipici, di per sè inidonei ai sensi dell'art. 1987 c.c. a vincolare i loro autori, nella mancanza di una specifica disposizione legislativa che ne preveda l'obbligatorietà." Cass. civ. Sez. II, 04/12/1993, n. 12028


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