non è possibile prescindere, ai fini del riconoscimento di provvidenze, dall'allegazione precisa e puntuale dei fatti di servizio che abbiano causato un'infermità

Avv. Francesco Pandolfi        cassazionista

E' bene tenere presente che, in forza di un principio dispositivo, non è possibile prescindere, ai fini del riconoscimento di provvidenze, dall'allegazione precisa e puntuale dei fatti di servizio che abbiano causato un'infermità.

L'utile criterio guida ci viene dato dagli espertissimi Giudici del Tar Lombardia, Milano, sezione 1, con la sentenza n. 150/2015.

Esaminiamo il ragionamento dei Magistrati.

Le Sezioni unite della Cassazione hanno da tempo affrontato la questione della ripartizione dell'onere probatorio, caratterizzata da una contrapposizione, nella sezione Lavoro della Suprema Corte, tra un indirizzo secondo cui al lavoratore non sarebbe spettato di provare le "circostanze di fatto poste a fondamento della domanda, essendo sufficiente - in tema di onere della prova ed in caso di mancata contestazione - la sola indicazione delle mansioni spiegate che hanno causato la menomazione della sua integrità fisica e un opposto orientamento in base al quale al prestatore dell'attività lavorativa sarebbe da attribuire "l'onere di provare con precisione i fatti costitutivi del diritto dimostrando la riconducibilità dell'infermità alle modalità di svolgimento delle mansioni inerenti alla qualifica rivestita, variabili in relazione al luogo di lavoro, ai turni di servizio, all'ambiente lavorativo.

Con la sentenza del 17 giugno 2004, n. 11353, le Sezioni unite hanno espresso una chiara adesione al secondo indirizzo, statuendo che "nelle ipotesi di patologie aventi carattere comune ad eziologia c.d. multifattoriale, il nesso di causalità

fra attività lavorativa e l'evento in assenza di un rischio specifico non può essere oggetto di presunzioni di carattere astratto ed ipotetico ma esige una dimostrazione, quanto meno in termini di probabilità, ancorata a concrete e specifiche situazioni di fatto, con riferimento alle mansioni svolte, alle condizioni di lavoro ed alla durata ed alla intensità dell'esposizione a rischio".

Tale principio risulta, ad oggi, costantemente applicato (cfr. Corte di Cassazione, sez. lav., 15 ottobre 2014, n. 21825 e id., 8 ottobre 2010, n. 22865 in materia di equo indennizzo per infortuni sul lavoro e malattie professionali).

A conferma di quanto sopra milita la circostanza che soltanto in rare e tassative ipotesi il legislatore si è spinto fino al punto di prevedere una presunzione di dipendenza (cfr. art. 5 del DPR 91/1978, che, in tema di pensioni di guerra prevede che "la morte o l'invalidità determinate da ferite, lesioni o infermità, riportate o aggravate durante lo stato di prigionia presso il nemico, si presumono dipendenti da causa di servizio di guerra, salvo prova contraria", nonché l'art. 32 del DPR 411/1976, secondo cui "si presumono dipendenti da causa di servizio le malattie, di seguito elencate, contratte dal personale che (...) è esposto per ragioni professionali ai pericoli derivanti da radiazioni ionizzanti", con indicazione, in relazione a un elenco di specifiche patologie, del termine di cessazione all'esposizione, oltre il quale la presunzione sarebbe inefficace).

Nel dpr 90/2010 in ogni caso, non è prevista alcuna disposizione che consenta di invertire l'onere probatorio, che, conseguentemente, resta a carico del ricorrente.

In definitiva:

per accertare la sussistenza, o meno, di un nesso causale tra la neoplasia occorsa al militare e l'espletamento della sua attività di missione, occorre insistere in giudizio chiedendo una consulenza tecnica con il seguente quesito: "accerti il c.t.u. se l'attività di servizio oggetto della missione in .... e le condizioni in cui tale attività si è svolta abbia costituito, o meno, la causa, ovvero la concausa efficiente e/o determinante della patologia dedotta dal ricorrente; 2) in caso di accertamento del nesso causale, se sia attendibile la percentuale d'invalidità complessiva, determinata dall'Amministrazione, ovvero se tale percentuale possa essere quantificata in misura maggiore".

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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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