L'assegno di mantenimento per l'ex coniuge e per i figli. Criteri alternativi di giurisdizione e riconoscimento della sentenza di divorzio
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Sotto l'aspetto comparatistico, si deve subito sottolineare come, a differenza di quanto previsto dall'ordinamento italiano, in Ungheria non è previsto il procedimento di separazione personale fra i coniugi e, pertanto, per depositare l'atto introduttivo del procedimento di divorzio non è necessaria la sentenza di separazione giudiziale o l'omologa della separazione consensuale.
Ne consegue che, in assenza del procedimento di separazione, che come noto in Italia obbliga i coniugi ad attendere per il deposito dell'atto di divorzio tre anni dalla prima udienza di comparizione innanzi al Tribunale, il divorzio in Ungheria si ottiene in tempi molto più rapidi che in Italia.
Ai sensi dell'art. 18 comma 1 della legge ungherese IV del 1952 sul diritto di famiglia, il matrimonio si scioglie su richiesta di un solo coniuge o di entrambi, se la vita coniugale è irreversibilmente compromessa, la decisione di voler divorziare è definitiva ed espressa liberamente, senza costrizione alcuna.
Secondo l'ordinamento ungherese la decisione può essere considerata definitiva se:
a) i coniugi hanno raggiunto un accordo avente ad oggetto l'affidamento ed il mantenimento dei figli comuni, se presenti, il diritto di visita tra genitore e figli, il mantenimento del coniuge, l'uso della casa coniugale (Se l'accordo disciplina tutti i punti appena elencati, ed è considerato rispettoso degli interessi dei figli, il Tribunale lo omologa);
b) i coniugi vivono separati da almeno tre anni, non sotto il medesimo tetto, dimostrano di aver raggiunto un accordo circa l'affidamento ed il mantenimento dei figli comuni, e tale accordo sia rispettoso degli interessi dei figli.
Ai sensi del terzo comma del medesimo articolo, si può chiedere la revisione dell'accordo approvato dal Tribunale entro due anni dall'approvazione stessa, a condizione che la richiesta sia volta a tutelare gli interessi dei minori o qualora siano mutate in modo rilevante le circostanze alla base dell'accordo.
L'art. 21 comma 1 della medesima legge prevede che il coniuge non abbiente, per ragioni non imputabili allo stesso, in caso di divorzio, ha diritto all'assegno di mantenimento, salvo se durante il matrimonio si siano verificati fatti tali da escludere tale suo diritto.
Il legislatore, tuttavia, precisa che tale assegno di mantenimento coniugale può essere richiesto solo in misura tale da non mettere in pericolo la sopravvivenza non solo dell'ex coniuge ma neanche delle eventuali altre persone dallo stesso mantenute.
Circa la durata dell'obbligo di corresponsione di detto assegno è doveroso precisare che la vigente normativa ungherese prevede la possibilità che lo stesso sia limitato ad un periodo di tempo determinato, qualora si possa ipotizzare che da una data precisa il coniuge assegnatario non ne avrà più bisogno.
Cessa l'obbligo di corrispondere tale assegno quando l'assegnatario contrae nuovo matrimonio o viene registrato un rapporto di convivenza o l'avente diritto non lo merita più o non ne ha più bisogno.
Ai sensi dell'art. 22 comma 1 è possibile richiedere la revisione dell'ammontare di detto assegno qualora le circostanze alla base del calcolo dello stesso siano mutate in modo rilevante. Pare, inoltre, opportuno puntualizzare che è possibile richiedere la corresponsione dell'assegno di mantenimento fino a cinque anni dalla sentenza divorzio, e successivamente solo in casi di particolare necessità.
In tema di mantenimento dei figli, l'art 69/A della medesima legge prevede che il genitore deve contribuire al mantenimento dei figli anche qualora si trovi in condizioni di difficoltà economica, salvo che il figlio abbia un proprio reddito o altri parenti in linea retta provvedano al suo mantenimento.
In particolare, al secondo comma dell'art. 69/A si precisa che il genitore non convivente con il figlio deve contribuire al mantenimento mediante la corresponsione di un assegno pecuniario. L'ammontare di detto assegno può essere determinato di comune accordo dai genitori o, in caso di mancato accordo, direttamente dal tribunale.
L'art. 69, lettera c, prevede che l'assegno di mantenimento per i figli deve essere ricompreso tra il 15% e il 25% dello stipendio del genitore che deve provvedere al pagamento. Tuttavia per la determinazione dell'assegno, che in ogni caso non può superare il 50% del reddito del genitore tenuto alla corresponsione dello stesso, devono essere considerate nello specifico anche le necessità dei figli, lo stipendio ed il patrimonio dei genitori, la presenza di altri figli e l'eventuale reddito percepito dal figlio.
. L'assegno può essere determinato in una percentuale dello stipendio del coniuge tenuto alla corresponsione, con indicazione di un ammontare minimo, in una somma fissa o infine in una somma fissa sommata ad una percentuale.
Per quanto concerne l'aspetto processuale, regolato dalla legge III del 1952, l'art. 285 comma primo prevede che alla prima udienza debbano essere sentiti personalmente i coniugi. La presenza dei coniugi non è obbligatoria in caso di irreperibilità o in caso di impossibilità giustificata a presenziare.
Si tenga presente, tuttavia, che salvo i casi indicati all'art 285 comma 1 della predetta legge, se l'attore non è presente la causa è cancellata e il procedimento estinto.
L'intento del legislatore di architettare un procedimento assolutamente snello emerge con estrema chiarezza dalla lettura del quinto comma del medesimo articolo, ove si precisa che se le parti chiedono il divorzio ai sensi della lettera b comma 2 dell'art 18 della legge sulla famiglia, ossia quando i coniugi vivono separati da almeno tre anni e dimostrano di aver raggiunto un accordo circa l'affidamento ed il mantenimento dei figli, oppure se i coniugi non hanno figli comuni, il Tribunale può decidere già in sede di prima udienza.
Qualora non si realizzino dette condizioni e quindi il Tribunale non possa decidere direttamente in prima udienza, lo stesso procederà alla fissazione di una nuova udienza solo dopo 30 giorni dal ricevimento da parte di almeno uno dei coniugi della richiesta espressa di continuare il procedimento di divorzio.
Per concludere, al fine di verificare se si possa adire l'Autorità ungherese, non si può non fare un breve cenno ai criteri alternativi di giurisdizione espressi dall'art. 3 del predetto Regolamento (UE) 2201/2003. Secondo detto regolamento sono competenti a decidere in tema di scioglimento del vincolo matrimoniale le autorità giurisdizionali in cui si trova la residenza abituale dei coniugi, o l'ultima residenza abituale se uno di essi vi risiede ancora, o la residenza abituale del convenuto, o, in caso di domanda congiunta, la residenza di uno dei coniugi, o la residenza abituale dell'attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda o la residenza abituale dell'attore se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso.
Merita, infine, riferire che in base al predetto regolamento, il riconoscimento nei Paesi UE delle decisioni in materia di divorzio, separazione personale, annullamento del matrimonio, riconoscimento automatico ed esecuzione delle decisioni in tema di diritto di visita ai figli, in tema di responsabilità genitoriale non necessita di alcuna delibazione in quanto è assolutamente automatico. I diretti interessati possono quindi chiedere la trascrizione delle misure direttamente nei registri dello stato civile di qualsiasi Paese membro.

A disposizione per i lettori interessati ad ulteriori approfondimenti


Avv. Davide Sacco
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