L'amministratore condominiale può agire autonomamente in giudizio ai sensi dell'art. 1131 c.c e può anche prendere parte al procedimento di mediazione, determinati poteri spettano però anche al condomino

Legittimazione attiva dell'amministratore di condominio

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L'amministratore di condominio ha facoltà di agire in giudizio, senza necessità di una delibera assembleare, in tutte le materie che rientrano nelle sue attribuzioni, specificate dall'art. 1130 c.c. Diversamente, per le questioni che esorbitano dalle sue competenze, potrà promuovere la lite solo previa delibera adottata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e la metà del valore dell'edificio.

La rappresentanza processuale del condominio, sancita dall'art. 1131 c.c., gli conferisce, pertanto, il potere di agire autonomamente per la tutela di una vasta serie di diritti, come quelli relativi alle parti comuni dell'edificio, al recupero di crediti nei confronti dei terzi o dei condomini morosi, ad azioni di natura risarcitoria o per compiere atti conservativi.

La legittimazione attiva dell'amministratore concerne la possibilità di agire in ogni grado di giudizio e gli conferisce, quindi, la facoltà di proporre qualsiasi tipo di impugnazione, ivi compreso il ricorso per Cassazione.

Legittimazione nei procedimenti di mediazione

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L'art. 71 quater disp. att. dispone la legittimazione dell'amministratore a partecipare al procedimento di mediazione, che il c.d. "Decreto del Fare" (D.L. 69/13) ha reso obbligatorio per le controversie in materia di condominio, quelle, cioè, concernenti gli aspetti regolati dagli articoli da 1117 a 1139 del codice civile, nonché dagli articoli da 61 a 72 delle relative disposizioni di attuazione.

Il decreto attuativo n. 149/2022 della Riforma del processo civile è intervenuto nuovamente in materia ampliando i poteri dell'amministratore al quale riconosce non solo il diritto di prendere parte al procedimento di mediazione, ma di attivarlo, oltreché ad aderirvi e a prendervi parte. La norma che prevede questa novità è l'art. 5 ter, che viene inserita nel testo del Dlgs n. 28/2010 che si occupa di regolamentare la mediazione civile e commerciale.

In base a detta disposizione però la proposta di conciliazione o il verbale contenente l'accordo di conciliazione vanno sottoposti all'approvazione dell'assemblea, che deve deliberare entro il termine indicato nel verbale o nella proposta con le maggioranze di cui all'art. 1136 c.c. In caso di mancata approvazione nei termini la conciliazione deve intendersi non conclusa.

Legittimazione passiva dell'amministratore di condominio

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L'amministratore di condominio può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio, e perciò può resistere in giudizio, senza necessità di ottenere apposita delibera assembleare, in tutti i casi in cui vengano promosse, contro il condominio, azioni di natura reale aventi ad oggetto parti comuni dell'edificio o nelle controversie relative ai servizi comuni.

Un'importante sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 18332/2010) ha chiarito che, sebbene l'amministratore possa costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione dell'assemblea, egli deve in ogni caso ottenere da quest'ultima la necessaria ratifica del suo operato, per evitare una pronuncia di inammissibilità riguardo al suo atto di costituzione o alla sua impugnazione.

Invece, secondo costante giurisprudenza, nelle controversie che non rientrano tra quelle che potrebbe autonomamente proporre, ai sensi dell'articolo 1131 c.c., l'amministratore non è legittimato a resistere in giudizio in rappresentanza del condominio, senza un'apposita autorizzazione dell'assemblea (cfr., tra tante, Cass. II civ. n. 2859/2014).

Da ultimo con l'ordinanza n. 30302/2022 la Cassazione è intervenuta nuovamente in materia affermando che "L'orientamento consolidato di questa Corte sostiene che la legittimazione passiva dell'amministratore di condominio per "qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio", ex art. 1131, comma 2, c.c. (come peraltro delineata in Cass. Sez. Unite, 06/08/2010, n. 18331), non concerne le domande incidenti sull'estensione del diritto di proprietà o comproprietà dei singoli, le quali devono, piuttosto, essere rivolte nei confronti di tutti i condomini, in quanto in tali fattispecie viene dedotto in giudizio un rapporto plurisoggettivo unico e inscindibile su cui deve statuire la richiesta pronuncia giudiziale (arg. anche da Cass. Sez. Unite, 13 novembre 2013 n. 25454). Il disposto dell'art. 1131 c.c., secondo cui, come detto, l'amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio, viene inteso, invero, nel senso che il potere rappresentativo che spetta all'amministratore di condominio si riflette nella facoltà di agire e di resistere in giudizio unicamente per la tutela dei diritti sui beni comuni, rimanendone perciò escluse le azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni stessi, e, cioè, sulla estensione del relativo diritto di condominio, affare che rientra nella disponibilità esclusiva dei condomini. In tal modo, si assicura anche la regolare corrispondenza tra le attribuzioni dispositive dell'amministratore e dell'assemblea e la legittimazione a far valere nel processo le rispettive posizioni dominicali (cfr. Cass. Sez. 2, 18/09/2020, n. 19566; Cass. Sez. 2, 28/01/2019, n. 2279; Cass. Sez. 2, 14/11/1989, n. 4840; Cass. Sez. 2, 02/10/1968, n. 3064; arg. anche da Cass. Sez. 2, 24/09/2013, n. 21826)

Legittimazione del singolo condomino

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In base alle norme sulla comunione, richiamate dall'art. 1139 anche in tema di condominio, è da ritenersi che anche il singolo condominio sia legittimato a proporre un'azione giudiziaria, in caso di inerzia dell'amministratore. Va specificato che tale facoltà, prevista sulla base di quanto disposto dall'art. 1105 c.c., riguarda non solo la difesa dei diritti del condomino in quanto proprietario esclusivo, ma anche per quanto riguarda i suoi diritti di comproprietario pro quota delle parti comuni.

Inoltre, il singolo condomino è legittimato ad impugnare la sentenza sfavorevole per il condominio, anche quando l'assemblea sia di avviso contrario.

Infine, ogni singolo condomino ha facoltà di intervenire in un giudizio in cui la tutela dei diritti dei condomini sia già stata assunta dall'amministratore. Infatti, sebbene la legittimazione all'appello spetti ai soggetti che sono stati parti nel giudizio di primo grado, il condominio va considerato come un ente privo di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, e pertanto la presenza in giudizio dell'amministratore non impedisce ai condomini di costituirsi a loro volta.


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