L'arbitrato è un procedimento alternativo per la risoluzione delle controversie disciplinato agli artt. 806 - 840 c.p.c. in cui la decisione viene rimessa dalle parti ad uno o più soggetti privati che si pronunciano con lodo

Cos'è l'arbitrato

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Con l'arbitrato si realizza una deroga volontaria, in favore dell'autonomia privata, al principio generale secondo cui la giurisdizione è esercitata dalla magistratura. In quanto tale, l'arbitrato dev'essere tenuto distinto dall'istituto dell'arbitraggio cui all'art. 1349 c.c., che non indica una modalità di risoluzione di una controversia tra le parti, bensì il diverso caso in cui, in sede di conclusione del contratto, le parti abbiano rimesso ad un terzo la determinazione della prestazione ivi dedotta.

Le materie arbitrabili

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La possibilità di ricorrere alla procedura arbitrale, ancorché rimessa alla libera volontà delle parti, è esclusa in caso di questioni afferenti diritti indisponibili, quali quelle di stato e separazione personale, e in caso di divieti espressamente formulati dalla legge. In altre parole, le parti possono far decidere da arbitri solo le controversie in materia di diritti disponibili, salvo che ciò sia vietato dalla legge. In generale, un diritto è ritenuto disponibile quando le parti possono rinunciarvi dal punto di vista sostanziale e processuale.

Secondo quanto stabilito dall'art. 806 c. 2 c.p.c., inoltre, le controversie in materia di lavoro di cui all'art. 409 c.p.c. possono essere decise da arbitri solo se previsto dalla legge o dai contratti o accordi collettivi di lavoro. La clausola di arbitrato eventualmente contenuta negli accordi collettivi ha natura facoltativa, di talché le parti possono sempre preferire la giurisdizione ordinaria sino a quando non abbiano dato inizio al procedimento arbitrale.

La convenzione di arbitrato

La volontà delle parti di rimettere la decisione ad un terzo imparziale deve essere espressa per mezzo di un negozio giuridico chiamata convenzione di arbitrato o patto compromissorio, che può assumere la forma del compromesso o della clausola compromissoria. Si tratta, più in particolare, di un negozio privato avente rilevanza ed effetti processuali, consistenti nella preclusione del ricorso alla giurisdizione ordinaria, soggetto alla disciplina generale in materia di contratti in quanto compatibile.

Ai sensi dell'art. 807 c.p.c. il compromesso, ovvero il contratto con il quale le parti convengono di deferire la controversia tra le stesse già insorta ad uno o più arbitri, deve essere stipulato in forma scritta a pena di nullità. Il requisito di forma ad substantiam si intende rispettato anche quando la volontà venga espressa per telegrafo, telescrivente, telefacsimile o messaggio telematico nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernete la trasmissione e la ricezione dei documenti teletrasmessi. Ulteriore requisito previsto a pena di nullità è quello della determinatezza dell'oggetto. Concretamente, l'oggetto viene tramite la formulazione contestuale o successiva dei quesiti, ossia l'indicazione delle questioni che gli arbitri dovranno esaminare.

La clausola compromissoria

Secondo quanto previsto dall'art. 808 c.p.c., anche la clausola compromissoria deve essere pattuita in forma scritta. Tale clausola, segnatamente, individua la pattuizione inserita in un contratto con cui le parti preventivamente si impegnano a risolvere per mezzo di arbitrato tutte le eventuali controversie aventi ad oggetto il medesimo contratto ed è soggetta al meccanismo della doppia sottoscrizione ex artt. 1341-1342 c.c. e 33 cod. cons.

Esiste, inoltre, una convenzione di arbitrato in materia non contrattuale, disciplinata dall'art. 808-bis c.p.c., che prevede la devoluzione ad arbitri di controversie future derivanti da fatti illeciti o ogni altro atto o fatto idoneo a produrre obbligazioni ex art 1173 c.c. Anche in questo caso, la convenzione deve essere stipulata per iscritto e avere un oggetto determinato.

Con la norma di chiusura espressa dall'art. 808-quater c.p.c., il legislatore ha previsto che nel dubbio, la convenzione di arbitrato debba essere interpretata nel senso di estendere la competenza arbitrale a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convezione si riferisce.

Arbitrato rituale e arbitrato irrituale

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In relazione all'efficacia del lodo, si distingue tra arbitrato rituale ed irrituale. Nel primo caso, disciplinato dall'art. 824-bis c.p.c., dalla data della sua ultima sottoscrizione da parte degli arbitri, gli effetti del lodo sono equiparati a quelli della sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria. Il lodo rituale, quindi, fa stato tra le parti ex art. 2909 c.c. e determina le preclusioni di cui all'art. 324 c.p.c.; in altre parole, è idoneo sia al giudicato formale che a quello sostanziale.

Nel secondo caso, invece, il lodo ha efficacia negoziale. L'art. 808-ter c.p.c. prevede, infatti, che le parti, con apposita pattuizione scritta, possano stabilire che in deroga a quanto disposto dall'art. 824-bis c.p.c. la controversia venga definita con determinazione contrattuale. Di conseguenza, il lodo irrituale non può acquistare esecutorietà, né essere impugnato per nullità avanti la Corte d'Appello, rimanendo l'unica impugnazione possibile quella di annullabilità di cui all'art. 808-ter c. 2 per i motivi ivi tassativamente elencati, omologhi ai motivi di impugnazione del lodo rituale ex art. 829 nn. 1, 2, 3 , 4 e 9 c.p.c.

A seconda del criterio di giudizio impiegato dagli arbitri per la risoluzione della controversia, viene in rilievo la distinzione tra arbitrato di diritto e di equità.

Invero, a mente dell'art. 822 c.p.c., gli arbitri decidono secondo le norme di diritto, salvo che le parti abbiano disposto con qualsiasi espressione che gli stessi pronuncino secondo equità. La previsione di una decisione secondo equità, da un lato, permette la ricerca di una giustizia più aderente al caso concreto basata sull'applicazione di regole metagiuridiche ancorché nel rispetto dei principi generali e delle norme fondamentali dell'ordinamento; dall'altro, evidentemente, non è compatibile con l'impugnazione per nullità del lodo per violazione delle regole di diritto sostanziale e, in generale, per ogni error in iudicando.

In relazione alla decisione degli arbitri secondo diritto la Riforma Cartabia ha aggiunto all'art. 822 c.p.c il comma 2 che così dispone: "Quando gli arbitri sono chiamati a decidere secondo le norme di diritto, le parti, nella convenzione di arbitrato o con atto scritto anteriore all'instaurazione del giudizio arbitrale, possono indicare le norme o la legge straniera quale legge applicabile al merito della controversia. In mancanza, gli arbitri applicano le norme o la legge individuate ai sensi dei criteri di conflitto ritenuti applicabili."

Con riferimento all'aspetto organizzativo e pratico, si parla di arbitrato ad hoc e amministrato.

L'arbitrato ah hoc, disciplinato dall'art. 816-bis c.p.c., si svolge secondo i criteri individuati dalle parti nella convenzione di arbitrato e le regole determinate dagli arbitri, nei limiti della legge.

L'arbitrato amministrato di cui all'art. 832 c.p.c. si svolge secondo regolamenti precostituiti di istituzioni arbitrali e sotto la supervisione delle stesse. Le parti, in particolare, possono semplicemente richiamare il regolamento di una determinata istituzione arbitrale (cd. arbitrato regolamentato), oppure svolgere l'intero arbitrato usufruendo dei servizi dell'istituzione arbitrale che monitora l'andamento del procedimento apprestando altresì il supporto logistico per l'espletamento della procedura.

Gli arbitri

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Gli arbitri cui viene deferita la decisione della controversia devono essere sempre in numero dispari secondo quando precisato dall'art. 809 c.p.c. Può trattarsi, quindi, di un solo arbitro o di un collegio composto da soggetti muniti della capacità legale di agire; se le parti non ne hanno indicato il numero nella convenzione di arbitrato e non si accordano in merito, gli arbitri sono tre. Se le parti hanno indicato un numero pari di arbitri, in assenza di pattuizione contraria, provvede all'ulteriore nomina il Presidente del Tribunale. Il Presidente del Tribunale provvede anche nel caso in cui le parti nulla abbiano disposto sulla nomina degli arbitri, come nel caso in cui la nomina sia stata demandata all'autorità giudiziaria o ad un terzo che non vi ha adempiuto.

Nomina e sostituzione

Nel caso in cui la nomina degli arbitri competa alle parti, la parte interessata ad introdurre il giudizio ha l'onere di notificare alla controparte i nominativi dei soggetti prescelti, invitandola, a norma dell'art. 810 c.p.c., a procedere alla designazione dei propri arbitri e a comunicare la propria scelta entro i venti giorni successivi. La notifica dell'atto di nomina è idonea ad interrompere la prescrizione ed impedire la decadenza dal termine per la proposizione dell'arbitrato.

L'omessa comunicazione della parte notificata autorizza chi ha fatto l'invito a richiedere la nomina al Presidente del Tribunale che, in base alle nuove disposizioni della Cartabia, deve procedere nel rispetto di criteri che assicurino la trasparenza, la rotazione e l'efficienza. A a questo fine della nomina viene data notizia sul sito dell'ufficio giudiziario.

In seguito alla nomina, l'accettazione dell'incarico da parte dell'arbitro deve essere manifestata nel rispetto dei modi previsti dal riformulato comma 1 dell'art. 813 c.p.c. sul quale è intervenuta la Riforma Cartabia.

In base alla nuovo comma 1: "L'accettazione degli arbitri è data per iscritto, anche mediante sottoscrizione del compromesso o del verbale della prima riunione ed è accompagnata, a pena di nullità, da una dichiarazione nella quale è indicata ogni circostanza rilevante ai sensi dell'articolo 815, primo comma, ovvero la relativa insussistenza. L'arbitro deve rinnovare la dichiarazione in presenza di circostanze sopravvenute. In caso di omessa dichiarazione o di omessa indicazione di circostanze che legittimano la ricusazione, la parte può richiedere, entro dieci giorni dalla accettazione o dalla scoperta delle circostanze, la decadenza dell'arbitro nei modi e con le forme di cui all'articolo 813 bis."

Se gli arbitri nominati vengono a mancare, si applica la disposizione di cui all'art. 811 c.p.c. e la sostituzione viene operata conformemente a quanto stabilito nella convenzione di arbitrato. Se la convenzione nulla dispone a riguardo, o la parte o il terzo cui spetta nominare il sostituto non vi provvede, si procede con il ricorso al Presidente del Tribunale a norma dell'art. 810 c.p.c. La sostituzione dell'arbitro fa decorrere un nuovo termine per l'emissione del lodo e interviene anche in seguito alla decadenza dell'arbitro nei casi di omesso o ritardato compimento di un atto relativo alle sue funzioni ex art. 813-bis c.p.c.

Responsabilità dell'arbitro

L'arbitro, in ogni caso, è responsabile personalmente per i danni cagionati alle parti nelle ipotesi di cui all'art. 813-ter c.p.c., ovvero quando

"1) con dolo o colpa grave ha omesso o ritardato atti dovuti ed è stato perciò dichiarato decaduto, ovvero ha rinunciato all'incarico senza giustificato motivo;

2) con dolo o colpa grave ha omesso o impedito la pronuncia del lodo entro il termine fissato a norma degli articoli 820 o 826. Fuori dai precedenti casi, gli arbitri rispondono esclusivamente per dolo o colpa grave entro i limiti previsti dall'articolo 2 commi 2 e 3, della legge 13 aprile 1988, n. 117".

In pendenza del procedimento di arbitrato, l'azione di responsabilità è possibile solo nei confronti dell'arbitro decaduto o dimessosi senza giustificato motivo; dopo la pronuncia del lodo, è necessario che sia prima stata accolta l'impugnazione con sentenza passata in giudicato affinché l'interessato possa agire contro l'arbitro facendo valere i motivi posti alla base dell'annullamento della pronuncia stessa. In caso di responsabilità dell'arbitro, questi perde il diritto al compenso di cui all'art. 814 c.p.c.

Ricusazione dell'arbitro

L'eventuale richiesta di ricusazione dell'arbitro per i motivi di cui all'art. 815 c.p.c. deve essere proposta con ricorso al Presidente del Tribunale entro dieci giorni dalla notificazione della nomina dell'arbitro o dalla sopravvenuta conoscenza della causa di ricusazione (assenza delle qualifiche espressamente convenute dalle parti; interesse personale diretto o derivato nella causa; rapporto di coniugo, parentela, frequenza abituale, pendenza di giudizio o grave inimicizia con le parti, loro legali rappresentanti o difensori; rapporto di lavoro, consulenza, prestazione d'opera o altri rapporti di natura patrimoniale o associativa con le parti, società controllata o controllante; rapporto di tutela o curatela con una delle parti; attività di consulenza, assistenza, difesa in fasi precedenti della vicenda o assunzione dell'ufficio di testimone).

Un'ipotesi di ricusazione inserita ex novo dalla riforma Cartabia è la "sussistenza di altre gravi ragioni di convenienza, tali da incidere sull'indipendenza o sull'imparzialità dell'arbitro."

Il procedimento di arbitrato

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La scelta della sede dell'arbitrato è rimessa alle parti, in mancanza di determinazione delle stesse vi provvedono gli arbitri. In via residuale, l'art. 816 c.p.c. stabilisce, secondo il principio di territorialità, che la sede dell'arbitrato si intende stabilita nel luogo in cui è stata stipulata la convenzione di arbitrato e, nel caso in cui la stipula sia avvenuta all'estero, la sede è a Roma.

Il procedimento di arbitrato si svolge secondo le regole determinate dalle parti nella convenzione arbitrale; in assenza di regole procedimentali ex parte, gli arbitri hanno facoltà di regolare lo svolgimento della procedura nel modo che ritengono più opportuno, nel rispetto del principio del contraddittorio fissato dall'art. 816-bis c.p.c., con la concessione alle parti di ragionevoli ed equivalenti possibilità di difesa. La difesa tecnica nel corso del procedimento è facoltativa; salvo espressa limitazione, la procura conferita al difensore si intende generale e a quest'ultimo vanno notificati il lodo e l'eventuale impugnazione.

Il nuovo art. 816bis1, inserito dal decreto legislativo di attuazione della Cartabia n. 149/2022 specifica che "La domanda di arbitrato produce gli effetti sostanziali della domanda giudiziale e li mantiene nei casi previsti dall'art. 819 quater."

La fase istruttoria

La fase istruttoria è ispirata al principio di collegialità, con la possibilità di delega di cui all'art. 816-ter c.p.c., che disciplina, altresì, le modalità di assunzione dei mezzi di prova.

La concessione di provvedimenti cautelari è ora consentita ai sensi dell'art. 818 c.p.c introdotto dalla riforma Cartabia. Contro detti provvedimenti le parti possono proporre reclamo ai sensi del nuovo art. 818bis, mentre l'attuazione delle misure cautelari deve seguire le regole dell'art. 818ter, che rimanda all'art. 669 duodecies, in quanto la misura cautelare deve essere attuata sotto il controllo del tribunale nel cui circondario si trova la sede dell'arbitrato.

In caso di questioni pregiudiziali penali, civili o costituzionali, il procedimento arbitrale viene sospeso con ordinanza motivata e, in caso di mancato deposito dell'istanza di prosecuzione entro il termine indicato dagli arbitri o, in difetto, entro un anno dalla cessazione della causa di sospensione, ne segue l'estinzione (art. 819bis c.p.c)

La Cartabia ha arricchito le disposizioni dedicate all'arbitrato attraverso la riformulazione dell'art. 819 ter c.p.c, dedicato ai rapporti tra arbitri e autorità giudiziaria e l'inserimento del nuovo art. 819 quater che si occupa della "Riassunzione della causa"

Il lodo arbitrale

La pronuncia del lodo deve intervenire a norma dell'art. 820 c.p.c. nel termine indicato dalle parti o nel termine legale di duecentoquaranta giorni dall'accettazione della nomina da parte degli arbitri, salva possibilità di proroga. L'eventuale ritardo nella pronuncia deve essere fatto valere con specifica eccezione nelle modalità indicate dall'art. 821 c.p.c.

Il lodo, in particolare, deve essere redatto per iscritto e contenere: nominativo degli arbitri, indicazione della sede di arbitrato, delle parti, della convenzione di arbitrato e delle conclusioni delle parti, esposizione sommaria dei motivi, dispositivo, data e sottoscrizione. In assenza del contenuto minimo (motivi, dispositivo, sottoscrizione) il lodo è nullo ai sensi dell'art. 829 c.p.c., mentre la carenza degli altri requisiti può essere sanata mediante la procedura di correzione di errore materiale di cui all'art. 826 c.p.c.

Il lodo rituale va depositato unitamente alla convenzione di arbitrato nella cancelleria del tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato per la dichiarazione di esecutività.

A mente dell'art. 825 c.p.c., il lodo reso esecutivo è soggetto a trascrizione o annotazione, in tutti i casi in cui vi sarebbe soggetta la sentenza di medesimo contenuto.

Modelli per l'arbitrato

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Di seguito una serie di fac-simili da utilizzare per la procedura di arbitrato:


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