L'assicurazione professionale deve coprire anche le spese di lite che il medico assicurato deve alla cliente he ha vinto la causa. Errato ritenere il comma 3 dell'art. 1913 c.c operante solo in parte

Assicurazione paga le spese di lite

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L'assicurazione professionale del medico copre anche le spese di lite che lo stesso deve alla cliente, vincitrice della causa. L'unico limite per l'assicurazione, per quanto riguarda le spese di soccombenza, è il massimale della polizza. La manleva non può essere ridotta solo perché il professionista decide di farsi assistere da un altro legale dopo che la compagnia, prima rifiuta di concedere l'assistenza legale e poi ci ripensa. Questo il principio che emerge dalla Cassazione n. 29926/2022 (sotto allegata).

La vicenda processuale

In sede di appello viene riformata la decisione del giudice di primo grado e viene diposto che la l'assicurazione debba rifondere i danni cagionati da errate cure odontoiatriche e che all'appellante debba essere riconosciuto anche il 50% delle spese di lite liquidate dal tribunale e il 50% delle spese sostenute per la CTP e la CTU.

Riparto erroneo delle spese di soccombenza

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Per il medico, che ricorre in Cassazione, la Corte ha errato nel ripartire le spese di soccombenza spettando l'intero rimborso. Il ricorrente solleva anche ulteriori motivi, poiché però l'accoglimento del primo motivo ha comportato l'assorbimento dei restanti, appare inutile menzionarli ai fini della presente trattazione.

La compagnia deve le spese di lite dovute alla cliente per intero

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La Cassazione infatti accoglie il primo motivo perché fondato, dichiarando assorbiti i restanti.

Nel corso del giudizio è stato accertato che tra il medico e la paziente è intercorso un contratto d'opera professionale e che lo stesso è stato risolto a causa dell'inadempimento dell'odontoiatra.

La compagnia assicurativa con cui il medico ha stipulato una polizza per la responsabilità professionale viene condannata in primo grado a manlevare il medico in relazione alle spese di ripristino pari ad Euro 10.733,55, al risarcimento del danno pari a 1000 Euro e a rifondere all'appellante il 50% delle spese di lite, che il Tribunale ha liquidato, a cui va aggiunto il 50% delle spese per la CTU e la CTP.

Questo perchè la Corte di appello ha ritenuto operante, solo in parte, quanto disposto dall'art. 1917 c.c. comma 3, il quale dispone che: "Le spese sostenute per resistere all'azione del danneggiato contro l'assicurato sono a carico dell'assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata. Tuttavia, nel caso che sia dovuta al danneggiato una somma superiore al capitale assicurato, le spese giudiziali si ripartiscono tra assicuratore e assicurato in proporzione del rispettivo interesse."

Ragione per la quale ha condannato l'assicurazione a rifondere il 50% delle spese di lite alla paziente e il 50% delle spese liquidate dal giudice di prime cure per la CTP e la CTU perchè il medico avrebbe violato l'obbligo di buona fede di cui all'art. 1375 e 1175 c.c. per aver scelto di ricorrere ad un altro avvocato al posto dell'assistenza legale che gli avrebbe fornito la compagnia. La decisione è stata quindi presa perchè la clausola n. 12 del contratto di assicurazione prevede che anche le spese di "resistenza" sono coperte dall'assicurazione.

In giudizio è emerso che il medico, dopo aver ricevuto la citazione della paziente, ha chiesto alla compagnia una difesa, ma la stessa, adducendo un conflitto di interessi, gliela avrebbe inizialmente negata per poi offrirgliela in seguito.

La condotta dell'avocato quindi, per la Corte di appello, avrebbe violato la buona fede e avrebbe aggravato ulteriormente la posizione del debitore. La stessa ha inoltre ritenuto parzialmente operante l'art. 1917 comma 3 c.c. perchè la causa riguarda il danno coperto dall'assicurazione per capitale e spese e la restituzione delle somme versate per il compenso delle prestazioni professionali. La Corte di appello ha concluso che gli importi del danno e quelli per la restituzione si compensano e la manleva va limitata al 50% delle spese a cui è stato condannato il medico in favore della paziente e al 50% delle spese per CTU e CTP liquidate dal Tribunale.

Conclusioni che però sono del tutto erronee in quanto: "l'assicuratore della responsabilità civile è tenuto, secondo l'impegno contrattualmente assunto e comunque nei limiti di quell'articolo 1917, terzo comma, c.c., a rimborsare le spese di lite sostenute dall'assicurato anche allorquando non abbia aderito alle ragioni di quest'ultimo e la presenza in giudizio improprio del medesimo assicurato non sia dipesa dalla posizione difensiva dell'assicurazione, ma delle richieste del danneggiato, giacché l'obbligo di rimborso sorge oggettivamente per la sola circostanza che il detto assicurato sia stato costretto ad agire e difendersi in una controversia che abbia causa in situazione rientrante nella garanzia assicurativa, in quanto spese effettuate per resistere in giudizio sono spese che l'assicuratore si impegna (nel contratto) o comunque è tenuto (nei limiti di cui all'articolo 1009 17 c.c.) a manlevare solo che il suo assicurato abbia avuto la necessità di affrontare una lite, a prescindere dalla circostanza che l'assicuratore lo abbia meno sostenuto B, ossia abbia o meno aderito alle ragioni dell'assicurato.

Le spese di resistenza presuppongono infatti che l'assicurato sia stato costretto a iniziare o a difendersi in una lite determinata da situazioni rientranti nella garanzia assicurativa, non assumendo a riguardo rilievo che la presenza in giudizio dell'assicurato non dipenda dalla posizione difensiva dell'assicurazione quanto piuttosto da una richiesta del danneggiato, giacché le spese legali per affrontare il processo prescindono da siffatta circostanza, essendo oggettivamente e dovute quale rimborso per il fatto stesso di aver dovuto affrontare un processo scaturito dal fatto assicurato (…)

Orbene, atteso che nell'impugnata sentenza si è invero escluso che l'odierno ricorrente possa pretendere la restituzione oltre che di quelle di soccombenza anche delle somme versate a titolo di compenso per le prestazioni professionali (trattandosi di voce per ammissione della stessa appellante estranea alla copertura assicurativa), risultando dalla corte di merito (in riforma della sentenza del giudice di prime cure, che ha condannato l'odierno ricorrente anche restituire la somma di euro 9066,45 oltre interessi legali dal dì del pagamento) operata una compensazione tra questi ultimi e quanto riconosciuto viceversa rientrante nella copertura assicurativa, va osservato che l'affermazione secondo cui l'articolo 1913 comma 3 c.c. sia da considerarsi solo parzialmente operante è erronea, tale norma trovando invero nella specie non già limitata bensì piena applicazione, la ravvisata violazione dell'obbligo di buona fede e correttezza ex articolo 1175 e 1375 c.c. invero propriamente rilevando sotto diverso profilo del danno evitabile ex articolo 1227, 2° comma c.c.

Ne consegue che la correlazione dell'ammontare delle spese di soccombenza (nell' impugnata sentenza indicata come spese di lite) nonché di c.t.u. e c.t.p alla stessa misura delle spese di resistenza nel caso liquidabile con oggetto di manleva si palese invero del pari erronea, l'unico limite per le spese di soccombenza essendo costituito (diversamente che per quelle di resistenza ex articolo 1917, 3° comma, c.c.) dal massimale di polizza, il cui superamento risulta essere stato in una specie dai giudici di merito invero accertato in discussione tra le parti."

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