La diffamazione è l'unica materia penale prevista dall'art. 5 del D.Lgs. 28/2010, sulla mediazione obbligatoria

Mediazione obbligatoria

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Occorre precisare che la diffamazione a mezzo stampa o altro mezzo di pubblicità, (radio, televisione, web, cartelloni pubblicitari, ecc.) è l'unica materia penale prevista dall'art. 5 del D. Lgs. 28/2010. Il legislatore ha inteso inserirla nel novero di materie per le quali è previsto l'esperimento del procedimento di mediazione come condizione di procedibilità dell'eventuale successiva domanda giudiziale, fatta eccezione per i casi in cui l'azione civile sia stata esercitata nel processo penale.

Articolo 595 c.p.

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È opportuno ricordare che il reato di diffamazione è disciplinato dall'art. 595 c.p. che definisce la fattispecie come offesa, fuori dai casi dell'ingiuria (art. 594), dell'altrui reputazione da parte di chiunque comunichi con più persone, punendo il reo con la reclusione fino ad un anno o la multa fino a milletrentadue euro.

Sono previste delle aggravanti se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.

Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.

Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.

Da quanto sopra si evince che il legislatore ha voluto attribuire alla diffamazione a mezzo stampa un livello di maggiore gravità.

La ratio

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La ratio è da ricercarsi nella capacità diffusiva del mezzo di comunicazione. La stampa (in senso lato) ha infatti di regola un'ampia diffusione e, in aggiunta a ciò, l'autorevolezza o il prestigio della fonte mediatica potrebbe incrementare la credibilità della dichiarazione diffamatoria.

Ne deriva che ad aumentare è anche la gravità delle conseguenze dannose in caso di dichiarazioni offensive.

Si tenga anche conto che in questo scenario, costituisce una forma di ulteriore aggravamento - non prevista dal codice penale, bensì dalla legge sulla stampa - l'attribuzione di un fatto determinato alla persona diffamata. Anche in questo caso, la maggiore gravità deriva dal fatto che la specificità dell'attribuzione di norma è in grado di aumentarne la credibilità e dunque la carica denigratoria.

Inoltre la responsabilità penale, nell'ipotesi di diffamazione a mezzo stampa, riguarda anche il direttore o vice-direttore responsabile del periodico, l'editore e lo stampatore (art.596-bis c.p.). Nel caso della stampa periodica, il direttore o il vice-direttore responsabile, fuori dai casi di concorso con l'autore del reato, è punito per aver omesso colposamente di controllare il contenuto del periodico, se col mezzo della pubblicazione viene commesso un reato (art.57 c.p.). Nel caso della stampa non periodica, il medesimo principio si applica "all'editore, se l'autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile, ovvero allo stampatore, se l'editore non è indicato o non è imputabile (art.57-bis c.p.)". Ai soli fini della responsabilità civile, l'art.11 della legge sulla stampa (L. n. 47/1948) prevede che anche il proprietario della pubblicazione e l'editore sono responsabili in solido tra loro e con gli autori del reato, per i reati commessi a mezzo stampa.

Nel caso di diffamazione verbale, invece, la materia oggetto del contendere rientra nella casistica della negoziazione assistita obbligatoria, ex art. 3 comma 1 d.l. 132/2014.

Gli elementi, dunque, integranti la fattispecie di reato sono:

1. l'offesa all'altrui reputazione;

2. l'assenza del terzo;

3. la comunicazione tra due o più persone.

Il compito del mediatore

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Il difficile compito del mediatore è quello di riuscire a far trovare alle parti un punto di incontro, secondo equità, tra posizioni ed interessi divergenti. Da un lato, il diritto della persona, fisica o giuridica, alla integrità della propria reputazione e del proprio onore; dall'altro, il rispetto del diritto del giornalista di poter diffondere notizie aventi ad oggetto accadimenti di interesse pubblico. Il compito del mediatore sarà dunque quello di valutare tutti gli aspetti peculiari della singola vicenda che potrebbero facilitare il raggiungimento di un accordo, cercando di bilanciare i contrapposti interessi.

Pertanto, sarà cura del mediatore far riflettere le parti sull'opportunità di intraprendere o meno un'azione legale, in considerazione:

  • delle tempistiche e delle spese che ne conseguono;
  • delle incertezze circa il riconoscimento, in sede giudiziale, di una responsabilità in capo al presunto diffamante e, quindi, del consequenziale riconoscimento di un risarcimento;
  • dell'opportunità della pubblicazione di una sentenza a conclusione del giudizio.

Condizione di procedibilità

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Come precedentemente anticipato, il tentativo di mediazione costituisce condizione di procedibilità dell'eventuale successiva domanda giudiziale e l'eventuale improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata dal giudice non oltre la prima udienza.

Va comunque precisato che il legislatore ha espressamente statuito che: "il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione", con ciò si è ammessa la possibilità che il processo possa proseguire anche in difetto della condizione di procedibilità, con la possibilità che la stessa venga adempiuta successivamente all'introduzione della causa. Ed ancora, anche per la materia della diffamazione il legislatore del 2013 ha introdotto la possibilità che mediazione venga disposta ex officio dal giudice, ed anche in questo caso la stessa si configura come condizione di procedibilità dell'eventuale futura azione giudiziale, anche in sede di appello.

Il dissenso espresso dalle parti rispetto alla possibilità di mediare la controversia fa venir meno ogni impedimento rispetto alla prosecuzione della stessa in sede giudiziale e, pertanto, determina la procedibilità della domanda giudiziale, una procedibilità quest'ultima che - una volta determinatasi - perdura senza limiti di tempo. Le istanze per la mediazione devono essere depositate presso un Organismo sito nel luogo in cui si trova il Giudice territorialmente competente dinanzi al quale dovrà essere incardinata l'eventuale successiva controversia.

La competenza

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All'uopo, appare doveroso ricordare che nei giudizi civili aventi ad oggetto il risarcimento danni conseguente al pregiudizio dei diritti della personalità arrecato con la stampa intesa nella sua accezione più classica (stampa cartacea), il giudice competente è quello del domicilio (o alternativamente della residenza, se diversa dal domicilio) del danneggiato (o della sede della persona giuridica lesa), posto che il pregiudizio alla reputazione si considera correlato all'ambiente economico-sociale in cui vive la persona offesa dal reato. Lo stesso principio si applica nei casi in cui la diffamazione si sia realizzata attraverso messaggi di rete, utilizzando uno spazio web o un newsgroup. Anche in tali casi il giudice competente per il risarcimento del danno è quello del luogo in cui il soggetto offeso, al momento della diffusione della notizia, ha il proprio domicilio, corrispondente al luogo in cui verosimilmente si è verificato il danno patrimoniale e/o non.

Anche in tali ipotesi, infatti, il domicilio - in quanto sede degli affari e degli interessi - rappresenta il luogo in cui si realizzano le ricadute negative della lesione alla reputazione. Ed infatti, è solo con la percezione del contenuto diffamatorio delle notizie in quel determinato contesto che concretamente prende vita il processo di svalutazione dell'immagine del soggetto offeso.

Avvocato Maria Giovanna Torchia


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