Consulta: i cittadini non europei, soggiornanti di lungo periodo e con permesso unico di lavoro, non possono essere trattati in modo diverso dai cittadini italiani nell'accedere al beneficio dell'assegno per il nucleo familiare

Nessuna discriminazione sull'assegno nucleo familiare

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I cittadini non europei, soggiornanti di lungo periodo e con permesso unico di lavoro, non possono essere trattati in modo diverso dai cittadini italiani nell'accedere al beneficio dell'assegno per il nucleo familiare, anche se alcuni congiunti risiedono temporaneamente nel paese di origine. A chiarirlo è la Corte costituzionale (redattrice la Vicepresidente Silvana Sciarra) nella sentenza n.67 del 2022 (in allegato), rimandando al diritto europeo e spiegando che anche dell'assegno familiare non può esserci discriminazione tra cittadini italiani ed extracomunitari. La parità di trattamento fra i destinatari dell'assegno (con natura sia previdenziale sia di sostegno a situazioni di bisogno) viene garantita dai giudici, che dovranno applicare il diritto europeo «architrave su cui poggia la comunità di corti nazionali, tenute insieme da convergenti diritti e obblighi».

Anf, questione sollevata dalla Corte di Cassazione

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Era stata la Corte di cassazione a sollevare la questione di costituzionalità per i criteri di calcolo dell'assegno, favorevoli rispetto agli italiani per gli stranieri titolari di un permesso di soggiorno di lungo periodo o del permesso unico di lavoro. A ricorrere all'organo giurisdizionale era stata l'Inps dopo che i primi gradi di giudizio avevano nel merito dato ragione in virtù del diritto comunitario ad un cittadino dello Sri Lanka e un altro ricorrente straniero, che si erano rivolti al giudice dopo che lo stesso Istituto aveva rigettato la loro richiesta di assegno per il periodo in cui familiare del richiedente nel paese d'origine.

Il principio del primato dell'Unione

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Dunque il principio del primato dell'Unione «valorizzato nei suoi effetti propulsivi nei confronti dell'ordinamento interno non è alternativo - spiega sentenza - al sindacato accentrato di costituzionalità configurato dall'articolo 134 della Costituzione «ma con esso confluisce nella costruzione di tutele sempre più integrate».

In risposta a due rinvii pregiudiziali promossi dalla Cassazione, la Corte di giustizia dell'Unione Europea aveva ritenuto non compatibile la disciplina italiana relativa all'ANF con due direttive europee (2003/109 sui soggiornanti di lungo periodo e 2011/98 sul rilascio di permesso unico di lavoro). Se è vero che sono i familiari e beneficiare dell'ANF - si precisa nelle pronunce della Corte di Lussemburgo - è altrettanto vero che l'assegno è versato al lavoratore o pensionato, componente a sua volta del nucleo familiare.

L'obbligo di non differenziare il trattamento dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti è imposto dalle direttive in modo chiaro, preciso e incondizionato, come tale dotato di effetto diretto. Nella decisione la Consulta ha osservato che la procedura pregiudiziale, oltre a rappresentare un canale di raccordo fra i giudici nazionali e la Corte di Lussemburgo per risolvere eventuali incertezze interpretative, concorre ad assicurare e rafforzare il primato del diritto dell'Unione, alla cui attuazione i giudici comuni partecipano secondo il meccanismo del controllo diffuso, «disapplicando all'occorrenza» qualsiasi disposizione del diritto nazionale contrastante con il diritto dell'Unione. È questo l'effetto utile dell'art. 267 TFUE.

La competenza esclusiva della Corte di giustizia nell'interpretazione e applicazione dei Trattati (riconosciuto dalla Consulta, anche recentemente, in sede di rinvio pregiudiziale) «comporta, in virtù del principio di effettività delle tutele, che le decisioni adottate sono vincolanti, innanzi tutto nei confronti del giudice che ha disposto il rinvio».

Scarica pdf Corte Cost. n. 67/2022

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