La gestione dei contributi condominiali può venire coinvolta, dopo la dichiarazione di fallimento del condomino, nelle vicende inerenti la ripartizione e liquidazione della massa attiva fallimentare

Quadro normativo

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Al fine di inquadrare correttamente la materia in esame è necessario prendere in considerazione tre norme: l'art. 30 della legge 220 del 2012 (legge di riforma del condominio) che al suo interno richiama altre due norme, l'art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile e l'art. 111 della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942 n. 267).

L'art. 30 della legge di riforma del condominio ha espressamente previsto le conseguenze nel caso in cui il condomino moroso sia una società o in imprenditore commerciale dichiarati falliti.

Difatti, all'interno di tale articolo troviamo l'espresso richiamo all'art. 111 della legge fallimentare, che disciplina l'ordine di erogazione delle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo del fallito, stabilendo la prededucibilità delle spese ordinarie, straordinarie e di quelle necessarie per le innovazioni, intendendosi per spese prededucibili la possibilità di essere pagate prima di ogni altro debito del fallimento.

Si precisa, poi, come tali spese debbano essere esigibili ai sensi dell'art. 63 delle disp. att. del c.c., ovvero inserite nel piano di ripartizione approvato dall'assemblea e, in tal caso, l'amministratore potrà ottenere un decreto ingiuntivo (provvisoriamente esecutivo) per la riscossione degli oneri condominiali.

A tal proposito, è importante sottolineare la differenza tra le somme non versate e divenute esigibili prima della sentenza di fallimento, e quelle maturate e divenute esigibili dopo la dichiarazione di fallimento.

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Crediti sorti prima della dichiarazione di fallimento

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Ai sensi del combinato disposto degli artt. 16 e 51 della legge fallimentare, dalla data della sentenza che dichiara il fallimento - aprendo la fase di liquidazione concorsuale dei creditori - sono precluse le azioni individuali dei creditori sui beni del fallito.

Pertanto, il condominio che vanti un credito verso il fallito relativo a oneri venuti a scadenza nel periodo precedente la dichiarazione di fallimento dovrà concorrere, insieme agli altri creditori, alla ripartizione dell'eventuale massa attiva del fallimento, senza poter avviare iniziative solitarie.

A tal proposito, il condominio dovrà proporre un'istanza di insinuazione al passivo fallimentare per essere ammesso, nel concorso con gli altri creditori del fallito, alla ripartizione del ricavato.

I crediti sorti prima della dichiarazione di fallimento, però, sono crediti chirografari, ovvero non assistiti da cause di prelazione e che, pertanto, verranno soddisfatti successivamente ai crediti privilegiati, con il rischio di non essere soddisfatti qualora l'attivo sia insufficiente.

Crediti sorti dopo la dichiarazione di fallimento

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I crediti di natura condominiale maturati dopo la data della sentenza dichiarativa di fallimento possono essere riscossi dall'amministrazione del condominio tramite la procedura concorsuale.

Come detto, ai sensi dell'art. 111 L.F. gli oneri condominiali appartengono ai "crediti prededucibili", che vengono soddisfatti con preferenza, in ragione di capitale, spese e interessi, con il ricavato della liquidazione del patrimonio del fallito e anche al di fuori del procedimento di riparto ove essi siano sorti in corso di procedura, siano liquidi, esigibili e non contestati per collocazione e ammontare e se l'attivo realizzato é presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di credito prededucibile.

L'istanza di insinuazione al passivo potrà essere "tempestiva", ex art. 93 L.F., ovvero presentata con ricorso al Tribunale fallimentare da depositare sino a 30 giorni prima dell'udienza fissata per l'esame dello stato passivo; o "tardiva", ex art. 101 L.F., ovvero presentata al Tribunale fallimentare non oltre i 12 mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo.


avv. Nicola Comite - n.comite@hotmail.it

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Foto: 123rf.com
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