Non interessa alla Cassazione che il matrimonio durato 12 anni non è stato consumato, conta la natura assistenziale dell'assegno e il divario economico

Il divario economico giustifica l'assegno di divorzio

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Corretta la valutazione della Corte d'Appello ai fini del riconoscimento dell'assegno divorzile, che ha funzione perequativo compensativa e assistenziale. Non rileva a tal fine che l'uomo si sia rifatto una vita e abbia un altro figlio, visto che il divario economico tra i due è notevole. Rileva invece il contributo della moglie alla formazione del patrimonio familiare, visto che la stessa ha lavorato durante il matrimonio. Queste le conclusioni della Cassazione nell'ordinanza n. 21818/2021 (sotto allegata).

La vicenda processuale

Un uomo si rivolge al Tribunale per chiedere la separazione con addebito alla moglie, questa invece in via riconvenzionale chiede la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario per mancata consumazione e un assegno divorzile di 2500 euro mensili.

Il Tribunale adito dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio

e riconosce alla moglie un assegno divorzile di 1250 euro mensili, disponendo la costituzione di pegno sui beni mobili dell'ex per l'importo di 12.500 euro e respinge la domanda di separazione con addebito formulata dall'uomo e quella di risarcimento del danno avanzata dalla donna.

La Corte d'Appello conferma la sentenza di primo, rilevando un notevole divario economico tra i coniugi che giustifica la misura dell'assegno riconosciuta dal Tribunale.

Alla moglie non mancano i mezzi per essere autonoma

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Il marito affidandosi a un unico motivo ricorre in Cassazione, perché la Corte di Appello ha mancato di accertare a quale dei due coniugi deve essere attribuita la mancata consumazione del matrimonio, visto che è sempre stata la moglie ad apporre continui rifiuti ad avere rapporti. Il giudice poi non ha tenuto conto del fatto che solo lui ha contribuito al matrimonio dal punto di vista economico, limitandosi la moglie e beneficiare degli acquisti effettuati durante il rapporto coniugale perché in regime di comunione legale, fino a quando la stessa, diventata proprietaria di due immobili, ha voluto cambiare regime. Trascurata inoltre la durata del matrimonio, che rileva ai fini del riconoscimento e della quantificazione dell'assegno, così come il fatto che alla moglie non mancano i mezzi per sopravvivere né la possibilità di procurarseli da sola. Erra inoltre la Corte nel negare valore al fatto che lo stesso nel frattempo si è rifatto una vita e ha un figlio da mantenere.

L'assegno ha funzione assistenziale e perequativo compensativa

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La Cassazione rigetta il ricorso dichiarando prima di tutto inammissibile la questione della mancata consumazione del matrimonio perché non è stata minimamente affrontata dalla sentenza di appello, né il ricorrente l'ha allegata nel giudizio di merito. Si evince invece che i motivi dell'appello erano tutti finalizzati a ottenere la riduzione della misura dell'assegno di divorzio.

Infondate altresì le contestazioni relative alla formazione del patrimonio della famiglia e alla durata del matrimonio.

La Cassazione ricorda infatti che l'assegno di divorzio ha natura assistenziale e perequativo compensativo per rispetto del principio di solidarietà, che deve garantire al beneficiario un livello reddituale adeguato anche al contributo alla vita familiare e alle aspettative di carriere sacrificate. La funzione equilibratrice invece è finalizzata a riconoscere il ruolo e il contributo dato dal coniuge più debole.

Nel caso di specie la Corte di Appello ha accertato che il matrimonio è durato 12 anni, non ha considerato la dotazione economica del marito, ben superiore a quella della moglie, ma l'apporto di quest'ultima, di professione insegnante. Corretta anche la valutazione della Corte d'Appello per quanto riguarda la formazione del nuovo nucleo familiare dell'uomo, che sicuramente ha diminuito le sue possibilità economiche. Lo stesso però non ha provato lo stato di disoccupazione della compagna attuale, per cui tali nuovi oneri, alla luce dei dati a disposizione, sono irrilevanti.

Per tutte queste ragioni la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio.

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Scarica pdf Cassazione n. 21818/2021

Foto: 123rf.com
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