In vigore dall'11 dicembre il decreto Giustizia che elimina il requisito dei 5 affari annui per l'esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione forense

Avvocati: niente più obbligo dei 5 affari annui

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Addio all'obbligo di dimostrare di aver trattato almeno cinque affari per ciascun anno per dimostrare che la professione forense sia esercitata in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente.

Il parametro, previsto dall'art. 2, comma 2, lett. C, del decreto del Ministro della giustizia 25 febbraio 2016, n. 47, recante disposizioni per l'accertamento dell'esercizio della professione forense, quale condizione per rimanere iscritti all'albo degli avvocati, non è più necessario.

E' quanto prevede il Dm n. 174/2021 in vigore dall'11.12.2021 (sotto allegato).

La procedura di infrazione comunitaria e la decisione del ministero

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La modifica al decreto ministeriale del 2016 si è resa necessaria a seguito di procedura di infrazione comunitaria avviata dopo che la Commissione dell'Unione Europea ha rilevato che lo stesso, nella parte in cui stabilisce che l'avvocato debba trattare "almeno cinque affari per ciascun anno, anche se l'incarico professionale è stato conferito ad altro professionista", viola l'art. 59, par. 3, della direttiva 2005/36/CE e l'articolo 49 TFUE, nonché l'articolo 15, par. 3, in combinato disposto con l'articolo 15, par.2, lettera a), della direttiva 2006/123/CE.

Per l'UE, infatti, "una prescrizione secondo la quale l'unico modo di provare tale livello di attività sia dimostrare di aver trattato cinque affari (di natura giudiziale) per ciascun anno e solo in Italia limiterebbe indubbiamente la flessibilità necessaria agli avvocati di dimostrare l'esercizio effettivo della professione, tenuto conto della molteplicità di ambiti professionali disponibili sia in Italia sia in altri Stati membri dell'UE, in cui gli avvocati potrebbero prestare i loro servizi in modo temporaneo o permanente nell'esercizio dei diritti loro conferiti dalle direttive 77/246/CEE e 98/5/CE. La severità delle conseguenze derivanti dal mancato rispetto di tali prescrizioni ne aumenterebbe inoltre gli effetti sproporzionati".

Per la Commissione, "un avvocato può decidere di sospendere o di limitare sensibilmente l'esercizio della professione per un determinato periodo di tempo per vari motivi, ad esempio in caso di malattia o per prestare assistenza a un familiare senza che tale decisione debba incidere sulla sua competenza di avvocato abilitato all'esercizio della professione". Dunque, "se l'obiettivo è tutelare i destinatari dei servizi, le modalità utilizzate per perseguirlo sembrano essere totalmente inadeguate al suo conseguimento: non sembra esservi alcun nesso tra l'obbligo di trattare almeno cinque affari per ciascun anno e la garanzia del corretto esercizio della professione di avvocato".

Secondo Bruxelles, per assicurare l'obiettivo del continuo sviluppo professionale degli avvocati come mezzo per il mantenimento della competenza, costituirebbe misura più proporzionale imporre a coloro che esercitano la professione di seguire regolarmente corsi di formazione continua ai fini dell'aggiornamento delle competenze. L'obbligo dei cinque affari l'anno, infine, "può di fatto comportare una restrizione quantitativa tale da incidere sull'esercizio della professione".

Per scongiurare un aggravamento della procedura di infrazione, il Ministero della Giustizia ha deciso dunque di sopprimere la lettera c) dell'articolo 2, comma 2 del D.M. n. 47/2016, in quanto lo scopo della norma (ovvero accertare l'effettività, la continuità e l'abitualità dell'esercizio della professione forense) sarebbe comunque garantito dagli altri parametri previsti dalla norma stessa.

La decisione di modificare il decreto n. 47/2016 ha, tuttavia, raccolto il parere contrario del Consiglio nazionale forense (CNF) secondo cui "l'esercizio effettivo e continuativo della professione forense costituisce uno dei principi più significativi della legge 247/2012, in quanto misura volta ad assicurare l'interesse pubblico al corretto esercizio della professione, e garanzia della qualità della prestazione professionale". Il Governo ha ritenuto, tuttavia, l'opportunità di procedere all'approvazione del regolamento nonostante tale parere contrario. E dopo avere incassato i pareri favorevoli del Consiglio di Stato e delle commissioni alla Camera e al Senato, il decreto ha ultimato il proprio iter ed è stato pubblicato in GU per entrare in vigore l'11.12.2021.

Esercizio professione forense: i parametri rimasti

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Eliminato il vincolo dei cinque affari annui, dunque, secondo il Dm 47 del 2016, la professione forense è esercitata in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente quando l'avvocato:

- è titolare di partita IVA attiva o fa parte di una società o associazione professionale che sia titolare della stessa;

- ha l'uso di locali e di almeno una utenza telefonica destinati allo svolgimento dell'attività professionale (anche in associazione professionale, società professionale o in associazione di studio con altri colleghi ovvero presso altro avvocato o in condivisione con altri colleghi);

- ha la titolarità di un indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al Consiglio dell'Ordine;

- ha assolto l'obbligo di aggiornamento professionale secondo le modalità e le condizioni stabilite dal Consiglio nazionale forense;

- ha in corso una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall'esercizio della professione.

I suddetti requisiti, si rammenta, devono ricorrere congiuntamente.


Leggi Avvocati: via libera definitivo ai 6 requisiti per rimanere iscritti all'albo

Scarica pdf Dm giustizia 174/2021

Foto: 123rf.com
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