La Suprema Corte rammenta che qualora la vittima di reati violenti intenzionali non riesca a ottenere un risarcimento dall'autore del reato, sarà lo Stato a doverla indennizzare con importo adeguato

Lo Stato dovrà indennizzare la vittima dello stupro

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Qualora la vittima di violenza sessuale (o di altri reati violenti e intenzionali) non riesca ad ottenere un risarcimento da parte dell'autore del reato, dovrà essere lo Stato a riconoscerle un indennizzo il cui importo non potrà essere puramente simbolico, ma andrà parametrato tenendo conto conto delle peculiarità del crimine e della sua gravità.


Lo ha chiarito la terza sezione civile della Corte di Cassazione nella sentenza n. 26757/2020 (sotto allegata) depositata il 24 novembre 2020, il giorno prima della giornata internazionale dedicata all'eliminazione della violenza contro le donne.


Una pronuncia importante che giunge a seguito di ben due rinvii pregiudiziali alla Corte di Giustizia UE e che origina dalla vicenda di una donna, aggredita, sequestrata e costretta con violenze e minacce a praticare e subire ripetutamente atti sessuali. Gli aguzzini, condannati in sede penale per il reato di violenza sessuale, avrebbero dovuto versare alla vittima una provvisionale di 50mila euro che, tuttavia, la donna non è mai riuscita ad ottenere in quanto i rei si erano resi latitanti.

Indennizzo alle vittime di reato: la direttiva 2004/80/CE

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Da qui inizia l'ulteriore vicenda giudiziaria con cui la donna cita in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri per ottenere il risarcimento del danno da lei subito a causa della mancata trasposizione, in tempo utile, da parte dell'Italia della direttiva 2004/80/CE relative all'indennizzo delle vittime del reato (recepita solo nel 2017).

Tale direttiva, infatti, aveva stabilito che gli Stati membri avrebbero dovuto introdurre un sistema generalizzato di tutela indennitaria idoneo a garantire un adeguato ed equo ristoro in favore delle vittime di tutti i reati violenti e intenzionali (compreso quello di violenza sessuale) nelle ipotesi in cui le medesime fossero impossibilitate a conseguire, dai diretti responsabili, il risarcimento integrale dei danni subiti.

La domanda della donna viene accolta in quanto l'adito Tribunale accerta l'inadempimento italiano relativo alla mancata attuazione della direttiva, da qui la condanna della Presidenza del Consiglio al pagamento di ben 90mila euro nei confronti della vittima.

Una condanna che viene poi confermata anche dalla Corte d'Appello che, tuttavia, provvede a ridurre la somma dovuta a 50mila euro, ritenendo non trattasi di un pieno risarcimento del danno in ragione, per l'appunto, della natura indennitaria della responsabilità dello Stato italiano per omessa o tardiva attuazione della direttiva comunitaria.

Il rinvio pregiudiziale alla CGUE

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La vicenda giunge innanzi alla Corte di Cassazione che promuove innanzi alla CGUE rinvio pregiudiziale. Il giudice del rinvio si interroga, da un lato, sulla possibile applicazione del regime della responsabilità extracontrattuale di uno Stato membro a causa della trasposizione tardiva della direttiva 2004/80, nei confronti di vittime di reati intenzionali violenti che non si trovino in una situazione transfrontaliera. Dall'altro, la Cassazione nutre dubbi in ordine al carattere "equo ed adeguato", ai sensi della direttiva 2004/80, della somma forfettaria di 4800 euro prevista dal D.M. 31 agosto 2017 per l'indennizzo delle vittime di violenza sessuale.

La Corte di Giustizia, con pronuncia resa il 16 luglio 2020 (C-129/19) ha dichiarato, in primo luogo, che il regime della responsabilità extracontrattuale di uno Stato membro per danno causato dalla violazione del diritto dell'Unione è applicabile, per il motivo che tale Stato membro non ha trasposto in tempo utile la direttiva 2004/80, nei confronti di vittime residenti in detto Stato membro, nel cui territorio il reato intenzionale violento è stato commesso.

In secondo luogo, la Corte ha statuito che un indennizzo forfettario concesso alle vittime di violenza sessuale sulla base di un sistema nazionale di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti non può essere qualificato come equo ed adeguato, ai sensi di tale disposizione, qualora sia fissato senza tenere conto della gravità delle conseguenze del reato per le vittime e non rappresenti quindi un appropriato contributo al ristoro del danno materiale e morale subito.

Cassazione: indennizzo adeguato alle vittime di violenza sessuale

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Con la sentenza in commento, dunque, la Corte di Cassazione respinge quasi integralmente il ricorso della Presidenza del Consiglio e si allinea alla pronuncia del giudice comunitario, affermando una serie di importanti principi di diritto.

In primis, la Suprema Corte chiarisce che alle vittime di reati intenzionali violenti commessi in Italia spetta il risarcimento del danno per tardiva trasposizione, nell'ordinamento interno, dell'art. 12, paragrafo 2, della Direttiva 2004/80/CE, che impone agli Stati Membri, con riguardo ai cittadini UE e con riferimento ai fatti verificatisi nei rispettivi territori, di riconoscere un indennizzo a tali vittime.

Tale indennizzo, sottolineano gli Ermellini, compete alle vittime di ogni reato intenzionale violento commesso nel territorio di uno Stato Membro e, quindi, anche in relazione al delitto di violenza sessuale di cui all'art. 609 bis c.p. e pur se dette vittime risiedono nel territorio dello Stato Membro (cosiddette vittime non transfrontaliere) ove il crimine è avvenuto, senza che per esse sia necessario instaurare un giudizio civile di responsabilità nei confronti degli autori del fatto, qualora questi ultimi si siano resi latitanti.

Inoltre, l'indennizzo non potrà essere meramente simbolico, ma, se determinato in via forfettaria, dovrà comunque tenere conto delle peculiarità del crimine e della sua gravità.

Compensatio lucri cum damno

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Ciononostante, appare corretto che dall'ammontare riconosciuto alle vittime in questione a titolo di risarcimento del danno per la tardiva trasposizione del citato art. 12, paragrafo 2, delle Direttiva 2004/80/CE nell'ordinamento italiano, vada detratta la somma loro corrisposta quale indennizzo ex L. n. 122 del 2016 e successive modifiche Infatti, in tal caso trova applicazione l'istituto della "compensatio lucri cum damno".


Si rammenta che indennizzo fissato in precedenza in 4800 euro è poi lievitato, a seguito del D.M 22 novembre 2019, in un importo base di 25 mila euro, con la possibilità di un incremento di 10 mila euro per spese mediche e assistenziali.

La Cassazione, dunque, dall'importo risarcitorio liquidato dalla Corte territoriale di euro 50mila, detrae l'importo di 25mila euro a titolo di indennizzo ex lege, erogato alla vittima, nel corso del giudizio di legittimità, a seguito di provvedimento amministrativo assunto dal comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti del Ministero dell'Interno. La Presidenza del Consiglio, dunque, viene condannata a versare oltre 30mila euro alla donna, nonché le spese dell'intero giudizio.

Scarica pdf Cassazione Civile, sentenza n. 26757/2020

Foto: 123rf.com
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