Casi di nullità del licenziamento del dipendente che fruisce della legge 104 per assistere il fratello disabile anche se passa con lui solo venti minuti

Tempo di assistenza al congiunto disabile

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Ultimamente la Corte di Cassazione Sez. L. civile si è espressa affermando la nullità del licenziamento della lavoratrice che usufruisce della legge 104 per assistere il fratello disabile anche se, in una determinata circostanza, passa con lui solo 20 minuti, tuttavia resta tutto il giorno in casa propria in attesa dell'eventuale chiamata del familiare.

Il principio è stato fissato, come sopra anticipato, dalla Cassazione, con ordinanza n. 16930 del 12 agosto 2020.

In sostanza: antecedentemente la Corte di Appello ha dichiarato l'illegittimità del licenziamento intimato al dipendente per l'insussistenza del fatto contestato ed ha ordinato all'azienda la reintegrazione nel posto di lavoro, oltre al pagamento di un'indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino al giorno della reintegra, in ogni caso in misura non inferiore a 12 mensilità più rivalutazione monetaria ed interessi legali.

Utilizzo non abusivo del permesso per l'assistenza

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I giudici, in pratica, hanno ritenuto che l'atteggiamento della dipendente non fosse stato messo in atto per profittare del permesso accordatole ai sensi della Legge n. 104/92 art. 33 per l'assistenza al proprio fratello disabile, onde attendere invece ad attività di suo esclusivo interesse.

Inoltre hanno ritenuto il nesso causale tra assenza lavoro e assistenza, dal momento che questa era stata richiesta, nel caso specifico, a partire dalle 13,00 e che la modalità di fruizione dei permessi era a giorni e non a ore.

La Corte di Cassazione, dal canto suo, ha escluso l'utilizzazione abusiva del permesso per l'assistenza del proprio fratello da parte della ricorrente: lo ha fatto dopo aver ricostruito tutta la disciplina normativa che attiene alla concessione di permessi ai sensi della Legge n. 104/92 art. 33 e dopo aver attentamente esaminato e valutato i risultati offerti dalle prove nel primo grado di giudizio.

Nel caso specifico trattato dalla Corte, il Collegio ha ritenuto provata la circostanza che la ricorrente fosse rimasta l'intera mattinata nell'esclusiva disponibilità del fratello, il quale avrebbe potuto richiedere la sua assistenza in qualsiasi momento e, quindi, anche prima delle 13,00 come effettivamente si era verificato dopo una chiamata.

Lavoro e permessi ex legge 104: in pratica

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La regola generale che si può ricavare da quanto stabilito dalla Sezione è, ovviamente, che i permessi vengano fruiti in coerenza con la loro funzione ed in presenza di un collegamento diretto con l'attività di assistenza.

Pure vero è che, aggiunge la Corte, in certi casi può rivelarsi sottile il discrimine fra uso corretto del permesso ed esercizio abusivo.

Ecco che allora, in questi casi, soccorre la valutazione concreta e, in ultima analisi, la specifica indagine di fatto proprio per verificare se l'eventuale esercizio di altre attività possano integrare un uso legittimo del permesso.


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