Per il Tribunale di Roma i limiti alla circolazione con targhe estere introdotti dal Decreto Sicurezza appaiono oggettivamente irrazionali e rischiano di sanzionare condotte lecite

Divieto targhe estere: norma "oggettivamente irrazionale"

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L'art. 93, comma 1-bis, del Codice della Strada, introdotto dal Decreto Sicurezza, vieta a chi ha stabilito la residenza in Italia da oltre sessanta giorni di circolare con un veicolo immatricolato all'estero. Tuttavia, la norma pecca di "oggettiva irrazionalità" laddove sottopone a trattamento diverso condotte sostanzialmente analoghe e giunge a sanzionare condotte pienamente lecite e meritevoli di tutela da parte dell'ordinamento.

Come noto, il D.L. Sicurezza ha introdotto dei limiti alla circolazione con veicoli dalle targhe estere al fine di evitare che vengano eluse le norme in materia di pagamento dell'assicurazione e bollo auto. Ciononostante, non può essere consentito alla norma di spingersi al punto di punire condotte che non rivestono carattere di illiceità e che neppure possono essere ricondotte all'intento fraudolento che la legge mira a perseguire.

Lo ha chiarito il Tribunale di Roma in un'ordinanza del 31 agosto 2020 (sotto allegata) accogliendo il ricorso ex art. 700 c.p.c. promosso da un cittadino britannico residente stabilmente nel Regno Unito e destinatario di alcuni provvedimenti sanzionatori amministrativi.

Il ricorrente, in Italia a luglio per un periodo di vacanza, aveva affidato la sua autovettura (immatricolata regolarmente e legittimamente in Inghilterra) a un terzo affinché la conducesse in Sardegna, luogo della sua villeggiatura.

Tuttavia, prima di imbarcarsi sul traghetto a Civitavecchia, il conducente veniva fermato da una pattuglia della Polstrada che contestava la violazione dell'art. 93, comma 1-bis C.d.S., trattandosi di cittadino italiano, residente in Italia da più di 60 giorni, ma alla guida di un veicolo immatricolato all'estero.

Oltre alla sanzione pecuniaria (712 euro), la Polizia disponeva il sequestro del libretto di circolazione, trasmettendolo alla Motorizzazione Civile di Roma e designava lo stesso conducente quale custode del veicolo, che veniva poi ricoverato presso un garage in Sardegna.

Codice della Strada: le novità del Decreto Sicurezza

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Finisce sotto la lente del giudice capitolino la previsione di cui all'art. 93, comma 1-bis, del Codice della Strada, introdotto dal D.L. n. 113/2018 (c.d. Decreto Sicurezza), che vieta a chi ha stabilito la residenza in Italia da oltre sessanta giorni di circolare con un veicolo immatricolato all'estero, salve alcune eccezioni puntualmente indicate nel successivo comma 1-ter.

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La ratio del divieto di cui al comma 1-bis, spiega il giudice, deve ritenersi correttamente individuata nella "finalità di punire condotte elusive dell'imposizione fiscale sulla circolazione degli autoveicoli, onde evitare che, tramite intestazioni fittizie o di comodo, soggetti che risiedono ed operano stabilmente in Italia, si sottraggano all'applicazione della normativa fiscale e non, relativa alla circolazione dei veicoli (in particolare, il pagamento delle imposte di bollo e gli oneri di assicurazione RCA)".

Appare dunque evidente come la previsione delle uniche eccezioni elencate nel comma 1-ter (veicolo concesso in leasing da società avente sede all'estero o veicolo aziendale, concesso in comodato ad un dipendente di impresa estera), determina la sanzionabilità di numerose altre condotte che non sono affatto fraudolente e che, anzi, appaiono perfettamente lecite e rispondenti a esigenze meritevoli di tutela.

Mancanza intento fraudolento

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In base a una rigida applicazione formale della norma, evidenzia il magistrato, la contestazione sollevata dalla Polstrada nel caso di specie risulterebbe in astratto corretta. Tuttavia, è altrettanto evidente come la vicenda non possa rivestire alcun carattere di illiceità né essere ricondotta all'intento fraudolento che la legge mira a perseguire.

Il veicolo, infatti, risulta legittimamente immatricolato all'estero e la guida del veicolo da parte del terzo conducente risulta meramente occasionale, non potendo dare luogo ad alcuna elusione delle normative fiscali in materia.

In altre parole, vista nel suo complesso, la vicenda "non costituisce altro che espressione dei diritti di proprietà - e della conseguente facoltà di disporre liberamente dei propri beni - e di libera circolazione sul territorio. Diritti che risultano irrimediabilmente compromessi, nel caso di specie, dall'applicazione (corretta, a stretto rigore formale) dell'art. 93 comma 1-bis del Codice della Strada".

In sostanza, per il giudice la norma pecca "di oggettiva irrazionalità" in quanto sottopone a trattamento diverso condotte sostanzialmente analoghe e giunge a sanzionare condotte pienamente lecite e meritevoli di tutela da parte dell'ordinamento. Nel caso di specie, sarebbe bastato che il ricorrente avesse affidato il veicolo a un altro cittadino straniero, o, comunque, a soggetto non residente in Italia da più di 60 giorni, per non incorrere in alcuna sanzione.

Contrasto con i principi costituzionali

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Il giudicante si spinge oltre rilevando anche come appaia irragionevole e ingiustamente discriminatorio differenziare i casi di veicolo di proprietà di una società estera e quello di veicolo di proprietà di una persona fisica straniera e residente all'estero, che pure potrebbe avere la necessità o l'interesse di affidarlo (magari solo occasionalmente come in questo caso) a un residente in Italia.

Tale irragionevolezza violerebbe il criterio riconducibile all'art. 3 della Costituzione e determinerebbe una lesione di diritti fondamentali della persona, garantiti dalla stessa Costituzione o da norme di rango europeo ed internazionale, quali il diritto di proprietà ed il diritto di libera circolazione.

A fronte del rilevato contrasto di una norma nazionale con i principi costituzionali, nonché con la normativa dell'Unione Europea, il Tribunale rammenta che le opzioni per la giurisprudenza sono due: adottare un'interpretazione della legge che la adegui ai precetti costituzionali ed europei oppure disapplicare la legge stessa, o, comunque, l'atto amministrativo emesso sulla base di detta legge.

Trattandosi di sede cautelare, il giudice rileva come, ai fini del fumus boni iuris, che il risultato a cui si perviene in entrambi i casi è quello di ritenere la sanzione applicata nel caso di specie illegittima e, come tale, soggetta ad annullamento, con conseguente restituzione al titolare del libretto di circolazione ed anche della libera disponibilità del veicolo.

Ed è quanto effettivamente ordina il Tribunale che, inoltre, ravvisa il periculum in mora nel fatto che il pregiudizio incide su diritti fondamentali della persona, come tali non pienamente risarcibili per equivalente. L'imminenza dell'attualità del danno, invece, è determinata dal fatto che il ricorrente, cittadino straniero residente all'estero, ha necessità di rientrare in patria e che, privo del proprio veicolo o del libretto di circolazione, subirebbe una illecita compressione alla propria libertà di movimento, oltre che al suo diritto di proprietà.


Si ringrazia l'Avv. Alessandro Fusillo per l'invio del provvedimento

Scarica pdf Tribunale di Roma, ordinanza 31 agosto 2020

Foto: 123rf.com
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