Al giudice è preclusa la valutazione di ulteriori motivi di annullabilità non dedotti dal condomino ricorrente, sotto pena di violazione dell'art. 112 del codice di procedura civile

Avv. Paolo Accoti - La distinzione tra una delibera nulla ed una meramente annullabile è racchiusa nell'oramai nota sentenza delle Sezioni unite (Sent. n. 4806/2005), a mente della quale risultano nulle le delibere dell'assemblea di condominio qualora prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume), con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, se incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini ed, infine, se comunque invalide in relazione all'oggetto, mentre sono annullabili se affette da vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, affette da irregolarità nel procedimento di convocazione e se violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto.

Diretta conseguenza di ciò, è che le delibere annullabili devono essere impugnate nel termine di trenta giorni previsto dall'art. 1137, comma II, Cc, mentre, quelle nulle, possono essere impugnate da chiunque vi abbia interesse, senza limiti di tempo, fatto salvo il decorso del termine prescrizionale decennale previsto dall'art. 2946 Cc.

Ciò posto, la domanda di annullamento di una determinata delibera condominiale si fonda sulla specifica indicazione dei fatti e degli elementi di diritto prospettati dall'attore. Così determinata la causa petendi, la richiesta di annullamento per motivi diversi rispetto a quelli originariamente indicati, comporta un inammissibile mutamento della domanda.

Allo stesso modo, al Giudice è precluso l'annullamento della deliberazione condominiale per motivi non dedotti nell'atto di impugnazione, in caso contrario, la pronuncia violerebbe il disposto dell'art. 112 Cpc che impone il rispetto del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato.

Questi i principi espressi nell'ordinanza n. 16675, della Corte di Cassazione, Presidente dott. P. D'Ascola, Relatore dott. A. Scarpa, pubblicata in data 25 giugno 2018.

La vicenda giudiziaria di merito

La controversia si è originata dall'impugnativa della delibera condominiale avanzata da un condomino, che lamentava l'irregolarità della convocazione, vizi di costituzione e lesioni della proprietà.

Si costituiva in giudizio il condominio che resisteva alla domanda attorea e, in via riconvenzionale, chiedeva la condanna del condomino al pagamento delle spese condominiali, per come approvate dall'assemblea.

Il Tribunale di Savona - Sez. distaccata di Albenga, accoglieva entrambe le domande, tuttavia, sul gravame proposto dal condomino soccombente nella domanda riconvenzionale, in parziale riforma della decisione assunta in primo grado, la Corte d'Appello di Genova rigettava la domanda riconvenzionale del condominio.

Propone ricorso per cassazione il condominio, deducendo la violazione dell'art. 112 Cpc, atteso che il condomino con la memoria di confutazione della domanda riconvenzionale, ex art. 180 Cpc, <<in via di reconventio reconventionis>>, aveva ampliato e l'oggetto della domanda, rilevando l'inesattezza o incompletezza del rendiconto e del preventivo, ma non i vizi di verbalizzazione o di costituzione dell'assemblea, posti dalle Corti di merito a base della declaratoria di annullabilità della delibera impugnata.

La Cassazione sui vizi delle delibere condominiali

La Suprema Corte, ricordata la distinzione tra delibere nulle e deliberazioni annullabili dettata dalle Sezioni unite, evidenzia come <<la sussistenza di un vizio di annullabilità della delibera condominiale comporta la necessità di espressa e tempestiva domanda "ad hoc" proposta dal condomino interessato nel termine di trenta giorni previsto dall'art. 1137 c.c.>>.

Tanto è vero che <<ogni domanda di declaratoria di invalidità di una determinata delibera dell'assemblea dei condomini si connota per la specifica esposizione dei fatti e delle collegate ragioni di diritti, ovvero per una propria "causa petendi", che rende diversa, agli effetti degli artt. 183 e 345 c.p.c., la richiesta di annullamento di una delibera dell'assemblea per un motivo diverso da quello inizialmente dedotto in giudizio (così Cass. Sez. 2, 28/02/2018, n. 4686; arg. anche da Cass. Sez. 2, 18/02/1999, n. 1378; Cass. Sez. 2, 20/08/1986, n. 5101).>>.

A tal proposito sostiene come <<la "causa petendi", intesa come elemento di identificazione della domanda sulla quale si radica il contraddittorio, non è costituita esclusivamente dall'allegazione degli elementi del fatto sui quali si fonda la pretesa, ma include necessariamente le ragioni di diritto che giustificano le richieste formulate in giudizio, e questo principio vale anche nelle azioni volte alla dichiarazione di invalidità delle deliberazioni degli organi collegiali, nelle quali comunque non è consentita la relativa declaratoria per un motivo di contrarietà alla legge o alle regole statutarie diverso da quello indicato dalla parte.>>.

Ciò posto, se è vero che il vizio di convocazione dell'assemblea investe tutte le delibere approvate dalla stessa, tuttavia, tale vizio deve essere espressamente dedotto, in considerazione del fatto che <<la domanda di declaratoria dell'invalidità di una delibera dell'assemblea dei condomini per un determinato motivo non consenta al giudice, nel rispetto del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.), l'annullamento della medesima delibera per qualsiasi altra ragione attinente a quella questione in discussione indicata nell'ordine del giorno, né l'annullamento delle altre delibere adottate nella stessa adunanza, sia pure per la stessa ragione esplicitata dall'attore con riferimento alla deliberazione specificamente impugnata.>>.

Pertanto, la Suprema Corte cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Genova, <<che riesaminerà la causa uniformandosi ai richiamati principi e tenendo conto dei rilievi svolti, e regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.>>.

Cass. civ., 25.06.2018, n. 16675
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