La disciplina delle clausole abusive di cui agli artt. 33-38 d.lgs. 206/2005

Avv. Laura Bazzan - Ai sensi dell'art. 33 del Codice del Consumo, nel contratto concluso tra professionista e consumatore, sono vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. Dal punto di vista soggettivo, pertanto, assume peculiare rilevanza la qualifica dei contraenti: persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta, da un lato; persona fisica o giuridica che agisce nell'esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, dall'altro. Dal punto di vista oggettivo, invece, non rileva che il contratto unilateralmente predisposto dal professionista sia individuale o in serie, essendo posta dal legislatore quale unica condizione la notevole lesione dell'equilibrio normativo, indipendentemente dell'eventuale buona fede dello stesso professionista.

L'accertamento di vessatorietà

Il carattere di vessatorietà di una clausola va valutato alla luce di due criteri:

- il principio generale espresso dall'art. 33 c. 1 cod. cons., secondo cui sono da considerarsi abusive le clausole che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio normativo, tenuto conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto

, delle circostanze esistenti al momento della sua conclusione e delle altre clausole dello stesso contratto o di un contratto ad esso collegato ex art. 34 cod. cons. che esclude, in ogni caso, che la vessatorietà possa essere riferita alla determinazione dell'oggetto del contratto e all'adeguatezza del corrispettivo se individuati in modo chiaro e comprensibile. Per clausole di questo tipo, l'accertamento circa l'eventuale natura vessatoria è condotto dal giudice in relazione al caso concreto, con onere della prova in capo al consumatore che intende invocarla.

- le fattispecie tipizzate di cui agli artt. 33 c. 2 e 36 c. 2 cod. cons., per le quali il legislatore ha già effettuato a priori una presunzione di vessatorietà, relativa nel primo caso e assoluta nel secondo.

La cd. lista grigia e la cd. lista nera

A mente dell'art. 33 c. 2, sono presunte vessatorie fino a prova contraria, secondo un'elencazione non tassativa, le clausole che hanno per oggetto o per effetto di:

a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista;

b) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;

c) escludere o limitare l'opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest'ultimo;

d) prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l'esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;

e) consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest'ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest'ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere;

f) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d'importo manifestamente eccessivo;

g) riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto;

h) consentire al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa;

i) stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione;

l) prevedere l'estensione dell'adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto;

m) consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso;

n) stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione;

o) consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto;

p) riservare al professionista il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d'interpretare una clausola qualsiasi del contratto;

q) limitare la responsabilità del professionista rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare l'adempimento delle suddette obbligazioni al rispetto di particolari formalità;

r) limitare o escludere l'opponibilità dell'eccezione d'inadempimento da parte del consumatore;

s) consentire al professionista di sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest'ultimo;

t) sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria, limitazioni all'adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell'onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi;

u) stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore;

v) prevedere l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo come subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del professionista a fronte di un'obbligazione immediatamente efficace del consumatore. È fatto salvo il disposto dell'art. 1355 c.c.;

v-bis) imporre al consumatore che voglia accedere ad una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V, di rivolgersi esclusivamente ad un'unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo ADR;

v-ter) rendere eccessivamente difficile per il consumatore l'esperimento della procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V.

Per espressa previsione normativa, derogano alle lettere n) e o) i contratti aventi ad oggetto la prestazione di servizi finanziari di talché il professionista, in presenza di giustificato motivo, può modificare senza preavviso il tasso di interesse o altri oneri originariamente convenuti sempreché ne dia comunicazione immediata al consumatore, che ha diritto di recedere (art. 33 c. 4); derogano alle lettere h), m), n) e o) i contratti aventi ad oggetto valori mobiliari, strumenti finanziari ed altri prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alla fluttuazione di un corso e di un indice di borsa o di un tasso di mercato non controllato dal professionista, nonché la compravendita di valuta estera, assegni di viaggio o vaglia postali internazionali in valuta estera (art. 33 c. 5). Non sono, infine, applicabili le lettere n) e o) alle clausole di indicizzazione dei prezzi consentite dalla legge quando le modalità di variazione sono espressamente descritte (art. 33 c. 6).

La prova contraria, che vale ad escludere la vessatorietà presunta ex ante per le clausole elencate all'art. 33 c. 2 cod. cons. (cd. lista grigia), deve essere fornita dal professionista, sul quale incombe l'onere di dimostrare, ai sensi dell'art. 34 c. 4 cod. cons., che la clausola è stata oggetto di trattativa individuale.

Secondo quanto disposto dall'art. 36 c. 2 cod. cons., invece, sono sempre considerate nulle, anche in caso di trattativa individuale, le clausole che hanno per oggetto o per effetto di:

a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista;

b) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;

c) prevedere l'adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.

In altre parole, per le clausole abusive rientranti nell'elenco di cui all'art. 36 c. 2 cod. cons. (cd. lista nera) non è ammessa la prova liberatoria del professionista e vale unicamente la regola generale espressa dall'art. 34 c. 3 che esclude la vessatorietà delle clausole riproducenti disposizioni di legge o principi comunitari.

Le forme di tutela

Le clausole abusive comportano la nullità relativa del contratto. Di conseguenza, mentre la clausola dichiarata abusiva si considera non apposta, il contratto rimane valido per la rimanente parte ex art. 36 c. 1 cod. cons. Si tratta, più precisamente, di una nullità di protezione che, ai sensi dell'art. 36 c. 3 cod. cons., può essere invocata solo dal consumatore ed è rilevabile d'ufficio dal giudice. In caso di dubbio, la disciplina sulla vessatorietà va sempre applicata nel senso più favorevole al consumatore, giusta il disposto dell'art. 35 c. 2 cod. cons. che prevede quale unica eccezione a tale regola ermeneutica l'ipotesi dell'art. 37 cod. cons.

Oltre alla tutela individuale riservata al singolo consumatore, il Codice del Consumo prevede espressamente all'art. 37 il rimedio dell'azione inibitoria esercitabile da parte delle associazioni dei consumatori e dalle Camere di Commercio volta a far cessare l'uso delle condizioni cui sia stata accertata l'abusività. La stessa abusività, inoltre, può essere dichiarata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato anche d'ufficio, secondo la previsione dell'art. 37-bis cod. cons.

Per approfondimenti vai alla guida sulle clausole vessatorie


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