Per la Cassazione è integrato il reato di favoreggiamento, data la consapevolezza del proprietario che la stessa sarebbe stata usata per esercitare il "mestiere

di Marina Crisafi - Ospitare in casa una "squillo", prestandole una delle camere da letto, consapevoli che vi eserciterà la prostituzione integra il reato di favoreggiamento. A stabilirlo è la terza sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 40328/2016, depositata il 28 settembre (qui sotto allegata), confermando la condanna a 16 mesi di carcere per il reato di cui all'art. 3, n. 8, della legge Merlin (l. n. 75/1958) nei confronti di una signora, proprietaria di un appartamento che aveva dato in prestito una camera ad una lucciola, pur sapendo che vi avrebbe esercitato il "mestiere".

Per i giudici di merito, nella condotta si ravvisava "la piena sussistenza dell'elemento oggettivo del reato ascritto alla prevenuta nonché di quello soggettivo". E la visione è condivisa dal Palazzaccio, in quanto, ad essere decisiva è proprio la cessione in comodato di una parte dell'appartamento alla prostituta, nella piena consapevolezza che vi avrebbe svolto l'attività di prostituzione.

A nulla valgono pertanto le doglianze della proprietaria che osservava come "la semplice locazione a prezzo di mercato di un immobile a persona che vi esercita la prostituzione non è di per sé sufficiente ad integrare la fattispecie delittuosa del favoreggiamento della prostituzione, citando un precedente di legittimità".

La S.C. infatti non sente ragioni. In realtà i richiami operati non sono pertinenti, spiegano da piazza Cavour, "per la semplice e dirimente ragione che non di locazione

a persona esercente la prostituzione si tratta, bensì della semplice cessione in comodato di una parte dell'appartamento ove l'imputata risiedeva, ma con la consapevolezza che il comodatario vi avrebbe esercitato la prostituzione". Tale condotta, come ineccepibilmente chiarito dalla corte territoriale, prosegue la sentenza, integra il favoreggiamento della prostituzione, essendo "sufficiente a tal fine il dolo generico, quale appunto derivante da detta consapevolezza in ordine alla attività del comodatario
". Una posizione che peraltro, conclude la Cassazione, coincide perfettamente con i principi espressi recentemente dal collegio, secondo i quali "integra il reato di favoreggiamento della prostituzione, previsto dall'art. 3, n. 8, Legge n. 75 del 1958, la condotta di colui che concede in comodato d'uso ad una prostituta un immobile nella propria disponibilità, nella consapevolezza che la beneficiaria vi eserciterà la prostituzione, in quanto la gratuità del contratto sottintende la preminente finalità di agevolare l'esercizio della prostituzione altrui e ne costituisce diretto ausilio" (cfr., Cass. n. 13229/2015).

Da qui il rigetto del ricorso e la condanna della donna anche al pagamento delle spese processuali.

Cassazione, sentenza n. 40328/2016

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