Per le Sezioni Unite l'autonoma organizzazione sussiste in presenza di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile. E per chi ha versato scattano i rimborsi

di Lucia Izzo - Non paga l'IRAP il professionista che si avvale di un solo dipendente con mansioni di segreteria e di beni strumentali minimi per l'esercizio della propria attività.

Lo hanno affermato le Sezioni Unite di Cassazione nella sentenza n. 9451/2016 (qui sotto allegata) che torna sull'orientamento già tracciato in precedenza nella sentenza n. 3676/2007.


La pronuncia origina dal ricorso dell'Agenzia delle entrate nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania che, rigettandone l'appello, aveva riconosciuto a un avvocato il diritto al rimborso dell'IRAP versata per gli anni dal 2000 al 2004.


Il giudice d'appello, rilevato che nello svolgimento dell'attività professionale il contribuente si avvaleva "solo di un lavoratore dipendente con mansioni di segretario e di beni strumentali minimi", ha ritenuto che "la presenza minimale di strumenti e di collaborazione non costituiva autonoma organizzazione" ai sensi dell'art. 2 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 446.

Secondo l'Agenzia, invece, il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini dell'IRAP ricorrerebbe allorché il contribuente sia, sotto qualsiasi forma il responsabile dell'organizzazione e si avvalga del lavoro anche di un solo dipendente.


Osserva il Collegio che la sentenza n. 3676 del 2007, menzionata come significativa dell'indirizzo più risalente, e decisamente maggioritario, rappresenta, con alcune pronunce coeve, il punto di approdo di una prima fase dell'elaborazione giurisprudenziale della Corte sull'IRAP, incentrata sul presupposto dell'imposta, regolato dagli artt. 2 e l del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo del tributo, mentre la seconda fase è stata piuttosto caratterizzata dalla definizione dei contorni della platea dei soggetti passivi


Le Sezioni unite, con riguardo al requisito dell'autonoma organizzazione nel presupposto dell'IRAP, condividono i principi e, più complessivamente, l'impianto ricostruttivo fornito allora con la sentenza capofila e tuttavia ritengono che essi  meritino, più che una rivalutazione, delle precisazioni concernenti il fattore lavoro. 


Per la Cassazione, fra "gli elementi suscettibili di combinarsi con il lavoro dell'interessato, potenziandone le possibilità necessarie", accanto ai beni strumentali vi sono i mezzi "personali" di cui egli può avvalersi per lo svolgimento dell'attività; affinché questi davvero rechino ad essa un apporto significativo, occorre che le mansioni svolte dal collaboratore non occasionale concorrano o si combinino con quel che è il proprium della specifica professionalità espressa nella "attività diretta alla scambio di beni a di servizi", di cui fa discorso l'art. 2 del d.lgs. n. 116 del 1997, e ciò vale tanto per il professionista che per l'esercente l'arte, come, più in generale, per il lavoratore autonomo ovvero per le figure "di confine" individuate nel corso degli anni dalla giurisprudenza. 


Infatti, è in tali casi che può parlarsi, per usare l'espressione del giudice delle leggi, di "valore aggiunto" o, per dirla con le pronunce della sezione tributaria del 2007, di "quel qualcosa in più". 

Diversa incidenza assume perciò l'avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui quando questo si concreti nell'espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive, che rechino all'attività svolta dal contribuente un apporto del tutto mediato o, appunto, generico.


Lo stesso limite segnato in relazione ai beni strumentali, "eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione" vale, armonicamente, anche per il fattore lavoro, la cui soglia minimale si arresta all'impiego di un collaboratore.


Nel rigettare il ricorso dell'Agenzia, la Corte enuncia il seguente principio di diritto: "con riguardo al presupposto dell'IRAP, il requisito dell'autonoma organizzazione, previsto dall'art. 2 del d.lgs. 15 settembre 1997, n. 446, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente; a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive". 

Cassazione, Sezioni Unite, sent n. 9451/2016

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