"Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo si verifica ogni volta che si presenta la necessità di sopprimere determinati posti di lavoro a causa di scelte attinenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento dì essa con conseguente e inevitabile licenziamento dei lavoratori che ricoprano detti posti e che non possano essere impiegati altrimenti. Rientra, pertanto, nella previsione di cui alla seconda parte dell'art. 3 della legge 15 luglio 1966 n. 604 l'ipotesi di un riassetto organizzativo dell'azienda attuato al fine di una più economica gestione di essa e deciso dall'imprenditore
, non pretestuosamente e non semplicemente per un incremento di profitto, bensì per far fronte a sfavorevoli situazioni - non meramente contingenti - influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva, ovvero per sostenere notevoli spese di carattere straordinario, senza che sia rilevante la modestia del risparmio in rapporto al bilancio aziendale, in quanto, una volta accertata l'effettiva necessità della contrazione dei costi, in un determinato settore di lavoro, ogni risparmio che sia in esso attuabile si rivela in diretta connessione con tale necessità e quindi da questa oggettivamente giustificata.". Richiamando questi principi di diritto la Corte di Cassazione con sentenza n. 2874 del 24 febbraio 2012, ha accolto il ricorso proposto da un'azienda avverso la sentenza
con cui i giudici di merito ritenevano - così come il Tribunale - l'illegittimità del licenziamento intimato ad una dipendente, non sussistendo i presupposti del giustificato motivo oggettivo del recesso, tenuto conto che la lavoratrice era stata sostituita con un'apprendista per lo svolgimento delle medesime mansioni, al fine di risparmiare sul costo della manodopera. La Corte territoriale - precisano i giudici di legittimità - pur muovendo dai medesimi presupposti di fatto illustrati dal datore di lavoro, perviene alla conclusione della illegittimità del licenziamento
"poiché incontestabilmente evitabile", ulteriormente specificando che "l'assunzione di un apprendista (o comunque di un nuovo dipendente) per svolgere le mansioni della ricorrente spezza insuperabilmente il legame di causalità tra il recesso datoriale ed una eventuale situazione di (necessaria) riorganizzazione aziendale". Tuttavia la prospettazione, da parte dell'azienda, di un ridimensionamento del personale (da tre dipendenti a tempo indeterminato a due apprendisti con riduzione del costi) costituisce circostanza di per sé non sovrapponibile alla mera sostituzione di un lavoratore a tempo indeterminato con un apprendista, potendo costituire espressione di una riorganizzazione dell'attività produttiva con la conseguenza che il licenziamento della lavoratrice sia stato determinato da effettive esigenze di contenimento dei costi, giustificato da concrete difficoltà nell'impresa.

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