di Marina Crisafi - Usare le risorse dei fondi pensione, "circa 200 miliardi già accantonati, per favorire gli investimenti, in cambio di una partecipazione azionaria dei lavoratori nelle imprese". Come il modello tedesco. È questa la proposta lanciata dalla segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, in una intervista su Repubblica alla vigilia del congresso confederale che si terrà a Roma dal 28 giugno al primo luglio.
"Non possiamo sprecare tempo - e occorre - rimettere al centro la crescita e gli investimenti" ha sottolineato la numero 1 della Cisl invitando a non far cadere nel vuoto "l'appello giunto da due personalità straordinarie come papa Francesco ed il presidente Mattarella ad assumere come priorità del paese l'emergenza lavoro".
Bene il taglio del cuneo fiscale, continua la Furlan, ma sul piano lavoro bisogna agire su più fronti, cominciando dalla riforma fiscale, "perché da lì dipende la ripresa dei consumi e degli investimenti". "Apriamo subito il cantiere della riforma con un tavolo vero di confronto - invita la leader Cisl - senza discuterne a spizzichi e bocconi".
Le proposte del sindacato sul lavoro
Oltre a definire le priorità, tra cui "l'abuso dei tirocini che spesso sono una vera e propria forma di sfruttamento per i giovani" e la partenza "vera" delle politiche attive del lavoro, la Furlan lancia la sua proposta: una sorta di nuova alleanza tra imprese, lavoratori e politica per uscire dalla crisi e tornare a produrre valore in modo sinergico. Uscendo dalla strada "facile ma insostenibile dell'assistenzialismo, del reddito di cittadinanza, dei sussidi senza lavoro".
Se la politica ha intenzione "di dare un contributo determinante al mondo del lavoro - propone dunque la leader Cisl - approvi una legge di sostegno alla partecipazione organizzativa ed anche azionaria dei lavoratori per introdurre la presenza dei rappresentanti eletti dai lavoratori nelle sedi dove si decide il destino delle aziende, come avviene in Germania o negli Stati Uniti".
Si tratterebbe conclude Annamaria Furlan di una "vera svolta di democrazia economica che cambierebbe il nostro modello di capitalistico, sdoganando quei 200 miliardi di euro accantonati nei fondi contrattuali ed assicurativi che invece potrebbero essere usati dalle imprese italiane per investire in innovazione, ricerca, formazione e qualità dei nostri prodotti".