(…e uno spunto per riflettere sul mancato indennizzo di lavoratrice australiana, in missione, rimasta ferita in albergo per la caduta di un lume durante un rapporto amoroso)

di Pasquale Acconcia

            Con una recente circolare di novembre 2013[1], l'INAIL ripropone all'attenzione di esperti e mass media il tema dell'occasione di lavoro nell'assicurazione infortuni, recuperando, con una lettura evolutiva, riflessioni già formulate dall'Istituto nel 1999[2], proprio alla vigilia della entrata in vigore del decreto 38 del 2000 con le sue indicazioni innovative. La riproposizione giunge, non a caso riteniamo, quanto mai opportuna in un momento in cui il legislatore e la stessa opinione pubblica sembrano porre in secondo piano la funzione indennitaria della tutela INAIL e i principi che la ispirano, a partire da quelli riguardanti proprio l'occasione di lavoro come tratto caratteristico della nozione di infortunio indennizzabile.

            Il tema specifico della circolare è l'infortunio occorso durante il periodo di missione, che offre, però, lo spunto per un discorso più generale che vorremmo da ultimo accostare a una vicenda lontana geograficamente - in Australia -  ma vicina concettualmente riguardante un episodio da leggere alla luce della circolare INAIL piuttosto che con "pruderie" come invece è accaduto.

            Nel dettaglio, la circolare richiama le caratteristiche essenziali dell'occasione di lavoro come elemento qualificante della nozione di infortunio con riferimento alla fattispecie specifica dell'infortunio in attualità di missione, con un punto di partenza del ragionamento tranciante: nel  tempo della missione il lavoratore cessa di essere nella propria disponibilità  per rientrare nella costrittività organizzativa prodotta dal datore di lavoro.

Con la conseguenza - a conclusione di un sintetico ragionamento da leggere per intero - che qualsiasi infortunio occorso sia nella normalità della prestazione di lavoro sia nelle ore occupate "fuori orario" per le proprie esigenze di vita è riferibile al rischio della "missione"  affidata dal datore di lavoro che ne sopporta (e l'assicurazione con lui) tutte le conseguenze. Anche quelle di un infortunio occorso nella camera di albergo, a  differenza degli infortuni occorsi nella propria abitazione, esclusi dalla tutela assicurativa  poiché il lavoratore esce dalla costrittività aziendale per entrare in un ambiente di rischio da lui stesso governato.

La conclusione è ineccepibile e costituisce,  altresì, una chiave di lettura della scelta del decreto 38/2000 per la definizione di infortunio in itinere

indennizzabile, comprensiva degli infortuni su mezzi (e strade) pubblici, ma non - salvo eccezioni -  su mezzi privati. Istintivamente, infatti, verrebbe da privilegiare l'infortunio da circolazione stradale in quanto più rischiosa; mentre in una assicurazione basata sul rischio professionale la diversa scelta accolta nel decreto 38 è ineccepibile poiché si tutela, così, le situazioni in cui il lavoratore esce dalla propria sfera affidandosi alla "costrittività" del trasporto pubblico, ideale prosecuzione di quella aziendale.

Il discorso, lineare fino a questo punto, si complica con  il richiamo in campo del rischio elettivo laddove la circolare precisa che il principio enunciato vale a condizione che il soggetto, per sua scelta, non inserisca un elemento di abnormità nella gestione delle sue esigenze di vita; ad esempio, scegliendo senza motivo un albergo molto lontano con crescita dei rischi.

Di per sè questa conclusione potrebbe destare qualche perplessità anche per la difficoltà di individuare in concreto il confine fra situazioni tutelabili e non. Fermo restando, in ogni caso,  che l'eccezione non può andare oltre la scelta ora citata e offrire una sponda al diniego di tutela per l'infortunio, ad esempio, della lavoratrice australiana in missione,

 ferita nella sua camera di albergo, durante un amplesso amoroso, da un lume staccatosi dalla parete. 

La vicenda[3], che ha fatto il giro dei Siti Web, dopo quattro giudizi è stata conclusa dando torto alla lavoratrice, con piena solidarietà di frequentatori del web poiché si sarebbe trattato di attività al di fuori dalle ordinarie prestazioni di lavoro (e, forse, dell'ordinario riposo, unico legittimo secondo molti)  di cui il datore di lavoro dovrebbe rispondere.

Seguendo la logica della circolare INAIL, al contrario, il caso sarebbe stato indennizzabile, senza possibilità di catalogarlo come rischio elettivo. Il vizio logico della conclusione negativa, infatti, è evidente già nel sistema australiano: non a caso si sono succedute sentenze discordi, una delle quali era limpida nell'affermare che il datore di lavoro, mandando in missione un lavoratore, si assume tutti i rischi che questi corre nella normalità di vita.

Riteniamo, insomma che la logica delle cose possa essere eguale a tutte le latitudini, anche in sistemi diversi fra loro nel tecnicismo applicativo, mentre la tipicità dell'evento può essere a volte fuorviante, magari facendo trascurare che l'oggetto del contendere era un lume che staccatosi dalla parete, colpisce chi si trovi nella traiettoria della caduta.

Oltretutto, nel caso in questione l'incidente nella sua banalità è riconducibile al fatto colposo dei gestori dell'albergo privo di elementari cautele con esposizione a un rischio al quale il lavoratore non poteva certo sottrarsi, non conoscendolo nemmeno; salvo, nel nostro sistema, il diritto dell'assicuratore di rivalersi nei confronti del responsabile.

Ecco, la circolare dell'INAIL avrebbe reso superfluo il girare in tondo di questo ragionamento con la sua lucida ricostruzione della nozione di occasione di lavoro che copre il lavoratore per tutto il tempo in cui egli non è "libero" di organizzarsi come meglio crede, ma deve esporsi a rischi direttamente o indirettamente indotti dall'ordine aziendale. Che, poi, anche da noi il pubblico del web possa stigmatizzare la soluzione positiva per la lavoratrice è tema per riflessioni su altri tavoli.



[1] Per il testo della circolare 52/2013 sullo specifico tema degli infortuni in missione o trasferta vai a questa pagina

[2] Trattasi della circolare (rectius istruzione operativa) 8 luglio.1999 (senza numero)  che riporta, in allegato, una nota tecnica riguardante "i criteri per la trattazione dei casi di infortunio sul lavoro con particolare riferimento alla nozione di rischio generico aggravato", riportata poi sulla Rivista degli infortuni e malattie professionali, il cui testo integrale, può essere consultato, per esteso, sul sito web di Olympus qui. La nota tecnica è stata poi ripresa dalla Rivista degli infortuni e malattie professionali con stralcio in http://digilander.iol.it/.../rischiogenericoaggravato.pdf

[3] Per il dettaglio v. un resoconto in http://www.lettera43.it/...43675112333.htm


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