Il Codice del terzo settore (D.Lgs. n. 117/2017) ha attuato la riforma complessiva del terzo settore e delle altre organizzazioni non profit

L'importanza del terzo settore e la cooperazione internazionale

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Tradizionalmente, il termine cooperazione allo sviluppo è stato sinonimo di aiuto finanziario o, in senso più stretto, di "Official Development Assistance". Con l'aumento del numero e della diversità dei Paesi e delle organizzazioni impegnate nello sviluppo internazionale, le modalità di sostegno sono diventate tuttavia più varie che mai, travalicando i trasferimenti finanziari, con una crescente attenzione anche alla cooperazione tecnica e tecnologica.

Intesa quale processo che ha inizio con il coinvolgimento degli attori donatori, per poi svilupparsi con la formulazione di obiettivi da raggiungere e strategie da intraprendere, la cooperazione internazionale allo sviluppo vede, in alcuni casi, gli attori donatori e quelli riceventi formulare tali obiettivi e strategie congiuntamente, che conducono al raggiungimento, o al mancato raggiungimento, dei risultati desiderati. Vi è tuttavia una diffusa tendenza a oscurare l'effettivo rapporto di potere, utilizzando termini e formulazioni che fanno sembrare che l'aiuto estero sia sempre una collaborazione tra partner paritari, mentre nella maggior parte dei casi i donatori definiscono e governano l'agenda e le condizioni di cooperazione. Per poter comprendere quali siano le condizioni e le modalità con cui la cooperazione possa essere più equa e paritaria, al fine di poter costruire strategie di sviluppo inclusive e sostenibili, è necessario conoscere le motivazioni e gli interessi sottesi nel coinvolgimento degli attori donatori, quali gli obiettivi di sviluppo prefissati per il loro coinvolgimento negli aiuti, nonché le diverse strategie ideate per realizzarli.

La storia dell'assistenza internazionale allo sviluppo ha avuto inizio, con i primi programmi significativi di aiuto estero, alla fine degli anni '40 e all'inizio degli anni '50, quale risposta ai profondi cambiamenti politici che portarono al confronto bipolare sulla scena internazionale, all'indomani del secondo conflitto mondiale. La prima proposta globale venne avanzata nel 1947 dall'allora ministro degli Esteri statunitense George Marshall: l'idea di fondo era quella di fornire aiuti ai Paesi europei per sostenere la ricostruzione delle loro economie. Avviato nel 1948, contemporaneamente all'OEEC (Organisation for European Economic Co-operation), il predecessore dell'OECD (Organization for Economic Co-operation and Development), le motivazioni ufficiali fondavano su considerazioni di sicurezza nazionale e commerciali. Era interesse degli Stati Uniti rafforzare i Paesi dell'Europa occidentale per contrastare l'espansione del comunismo nell'Europa orientale guidato dall'Unione Sovietica e trarre beneficio dalla ricostruzione di un'Europa libera per le imprese americane. Gradualmente, a metà degli anni '50, venne meno il sostegno alla ricostruzione dell'Europa occidentale e, contemporaneamente, a seguito del processo di decolonizzazione, fu rafforzata l'assistenza allo sviluppo nei Paesi del Medio Oriente e dell'Asia e successivamente nei Paesi dell'America Latina e del continente africano.[1]

All'interno della dicotomia che ha polarizzato il mondo a partire dal secondo conflitto mondiale, ove le nazioni fondano la propria capacità operativa su Stato e mercato, l'importanza del Terzo Settore, rimasto a lungo nell'ombra, è emersa quando si è reso necessario il suo contributo per affrontare la crisi pandemica, colmando le lacune dei servizi di assistenza e protezione sociale e dimostrando di poter svolgere un ruolo centrale, proponendosi come nuovo e terzo pilastro su cui costruire un rinnovato modello di sviluppo, dove l'economia è "di mercato" e sociale. Per sua natura indisciplinato, non si presta a definizioni univoche; è tuttavia possibile individuarne diverse definizioni o teorizzazioni, che offrono punti di vista diversi su ciò che lo compone e su ciò che ne è escluso. Una visione "americana" lo definisce come settore separato caratterizzato da entità organizzate, private, non profit e volontarie. Una definizione "europea" lo vede quale fenomeno ibrido, che combina e collega altri settori quali lo Stato e il mercato. Declinando il concetto nel sistema economico e sociale, ove vi è un primo settore, lo Stato, e un secondo settore, il mercato, si identifica quale terzo settore il complesso di attività produttive che non rientrano nel contesto di un'impresa capitalista tradizionale, dal momento che non si persegue la logica del profitto, e nemmeno in quello della pubblica amministrazione, in quanto trattasi di attività in capo ai privati. Il primo approccio sistematico adottato per poterne dare una definizione, con il fine di assicurare omogeneità a livello internazionale, travalicando le diversità all'interno delle singole legislazioni nazionali, dei differenti sistemi di welfare e regimi fiscali e, più in generale, delle funzioni e modalità operative delle singole organizzazioni, è stato quello messo a punto dalla Johns Hopkins University di Baltimora, secondo cui le organizzazioni del terzo settore condividono cinque caratteristiche comuni: sono organizzate, ovvero possiedono una certa realtà istituzionale; sono private, cioè istituzionalmente separate dal governo; non hanno scopo di lucro, in quanto non restituiscono i profitti generati ai loro proprietari o amministratori; sono autogestite, quindi attrezzate per controllare le proprie attività; sono volontarie, perché comportano un certo grado di partecipazione su base volontaristica, sia nell'effettiva conduzione delle attività, sia nella gestione degli affari. Secondo tale approccio, le diverse organizzazioni possono essere ricomprese in un'ampia varietà di forme, sia dal punto di vista legale che da quello istituzionale.[2] Negli ultimi anni, divenute più sofisticate e complesse, hanno ampliato le loro reti e la loro influenza sui governi, sulle istituzioni multilaterali, sul settore privato e sulla società civile, sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo. Nel contempo, subiscono crescenti pressioni per ottenere risultati più concreti nell'ambito dell'efficacia degli aiuti e sono oggetto di critiche per quanto riguarda la loro trasparenza e responsabilità.

Cos'è il Codice del Terzo settore

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L'Italia ha attuato una riforma complessiva del Terzo settore e delle altre organizzazioni non profit, definendo Ente del Terzo Settore, ETS, un'organizzazione o un ente privato senza scopo di lucro che persegue finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale svolgendo, in via esclusiva o principale, attività di interesse generale in modo responsabile e trasparente. Terzo perché rappresenta "altro" dalla sfera dello Stato e della PA, primo settore, e da quella del mercato e delle imprese, secondo settore. Processo avviato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nel 2016, l'art. 1 della Legge 106/2016, e il derivato art. 4 del nuovo Codice del Terzo Settore (D. Lgs. 3 luglio 2017, n. 117), definiscono gli ETS: "[…] Per Terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi. Non fanno parte del Terzo settore le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche. […]".[3]

Tale definizione è in gran parte coerente con altre presenti in letteratura e nella prassi nello stesso periodo, quali quella di Third or Social Economy Sector contenuta nel System of National Accounts delle Nazioni Unite del 2018. Tuttavia, la definizione legale di Entità del Terzo settore, applicabile alle istituzioni private senza scopo di lucro che svolgono "attività di interesse generale", differisce leggermente dalla definizione statistica di Istituzioni Non-profit (NPIs) che segue il Manuale ONU 2018 del Terzo Settore o dell'Economia Sociale (UN Handbook of Third or Social Economy Sector), utilizzato dall'Istituto Italiano di Statistica nel Sistema dei Conti Nazionali. Infatti, la definizione ONU 2018 considera anche organizzazioni che non perseguono necessariamente un "interesse generale" nelle loro operazioni, come ad esempio le mutue e le cooperative.

Quali sono i soggetti del terzo settore

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Secondo la legge italiana, le principali tipologie di ETS comprendono le Organizzazioni di Volontariato, costituite in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, che svolgono attività di interesse generale prevalentemente a favore di terzi e che si avvalgono, per lo svolgimento delle loro attività, prevalentemente del contributo dei volontari associati, i quali non possono prestare servizio contemporaneamente come dipendenti e possono essere rimborsati solo per le spese sostenute, escluse quelle non rimborsabili.

Le Associazioni di Promozione Sociale, costituite in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, che svolgono attività di interesse generale a favore dei propri associati, in forma esclusiva o meno, dei loro familiari o di terzi, impiegando principalmente il lavoro volontario dei soci.

Gli Enti filantropici, che possono avere la forma di associazione riconosciuta, con personalità giuridica di diritto privato, o fondazione, la cui finalità è l'erogazione di denaro, beni o servizi, anche di investimento, a supporto di categorie svantaggiate o di attività di interesse generale. L'obbligo di costituirsi quale persona giuridica deriva dalla necessità di avere un patrimonio adeguato.

Le Imprese Sociali, enti e società private che svolgono prevalentemente attività commerciali di interesse generale, senza scopo di lucro e con finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale e che possono, in determinate circostanze, distribuire utili e avanzi di gestione limitati.

Reti associative, associazioni riconosciute o non riconosciute, che operano attraverso attività di coordinamento, tutela, rappresentanza, promozione o supporto degli ETS associati e delle loro attività di interesse generale, anche per promuoverne ed accrescerne la rappresentatività presso i soggetti istituzionali.

Le società di mutuo soccorso, disciplinate dalla legge 3818 del 1886, che le qualifica quali società senza scopo di lucro con finalità di interesse generale, che agiscono esclusivamente in favore dei soci e dei loro familiari conviventi in attività tassativamente elencate.

Enti governativi, partiti politici, sindacati, associazioni professionali, imprenditoriali, commerciali o industriali non possono qualificarsi come ETS.

Chi è obbligato ad iscriversi al RUNTS

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Ogni ETS è obbligato a statuire la natura non profit nei documenti di costituzione; sono permesse le attività di raccolta fondi, comprese le sollecitazioni al pubblico e l'accettazione di lasciti, mentre è vietata la distribuzione di fondi, entrate o altri beni ai membri delle organizzazioni, ad eccezione delle imprese sociali. In caso di scioglimento dell'organizzazione o di cessazione dell'attività, il patrimonio viene trasferito alla Fondazione Italia Sociale, ente privato creato dalla legge n. 106 del 2016 per sostenere le attività degli ETS.

Tutti gli Enti del Terzo Settore devono iscriversi al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, RUNT, tenuto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Lo status di ETS comporta nuove regole contabili, statuti regolamentati e linee guida obbligatorie. Rispetto alla contabilità finanziaria, la contabilità sociale include fattori sociali e ambientali, si focalizza sugli effetti dell'organizzazione sulle comunità di interesse e comprende i contributi degli stakeholder. In altre parole, la contabilità sociale integrata coniuga la performance sociale e ambientale con quella finanziaria, con un approccio di tipo balanced scorecard, ampliando il focus per allinearsi all'impatto sociale, nello specifico agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030.[4]

Considerata la multidisciplinarietà che caratterizza il Terzo Settore, abbracciando profili di diritto costituzionale, civile, amministrativo, tributario, commerciale e fallimentare, non potevano essere escluse le norme giuscontabili, come statuite dall'art. 13 del Codice del Terzo Settore[Allegato]: "Gli enti del Terzo settore devono redigere il bilancio di esercizio formato dallo stato patrimoniale, dal rendiconto gestionale, con l'indicazione, dei proventi e degli oneri, dell'ente, e dalla relazione di missione che illustra le poste di bilancio, l'andamento economico e gestionale dell'ente e le modalità di perseguimento delle finalità statutarie. […]. Con il Decreto del 5 marzo 2020 [5] del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, è stata adottata la modulistica di bilancio per gli Enti del Terzo Settore: nello specifico, l'art. 1, in base a quanto contenuto nell'art. 13, comma 3 del D.lgs. n. 117/2017, ha delineato gli schemi per redigere il bilancio di esercizio. Stato Patrimoniale (Mod. A), Rendiconto Gestionale (Mod. B), Relazione di Missione (Mod. C), Rendiconto per cassa (Mod. D). Tali modelli sono obbligatori, a partire dall'esercizio 2021, per i TSE iscritti nel RUNTS.

Riforma del terzo settore: punto di svolta

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La cooperazione internazionale per uno sviluppo sostenibile, finalizzata a sostenere l'autosufficienza dei Paesi più poveri, grazie a politiche incentrate sulle principali questioni globali, quali la stabilità economica e politica, la sicurezza alimentare, la sostenibilità ambientale, lo sviluppo della conoscenza e le politiche migratorie, per essere efficace deve prevedere una pianificazione e programmazione congiunta da parte degli Stati e di tutti le organizzazioni ed enti donatori, nazionali e sovranazionali, con piani e politiche di intervento concordati che rispondano alle strategie di sviluppo del Paese ricevente.

La pianificazione rafforza l'efficacia e la coerenza degli aiuti, riduce la frammentazione, aumenta la trasparenza, la prevedibilità e la responsabilità dei donatori e offre la possibilità di sinergie concrete con altri programmi bilaterali.

Fino all'approvazione della Riforma del Terzo Settore e del relativo Codice nel 2017, la legge italiana non forniva una chiara definizione di organizzazioni non-profit, se non affermando che operano secondo criteri sostanzialmente diversi da quelli che regolano le imprese commerciali o le istituzioni pubbliche.

La Costituzione italiana offre a chiunque la possibilità di costituire un'associazione o una fondazione (art. 18) e riconosce il ruolo primario dei cittadini singoli o associati nello svolgimento di attività di interesse generale, secondo il c.d. principio di sussidiarietà orizzontale.

Le organizzazioni non profit possono assumere diverse forme e strutture giuridiche diverse, a seconda del ruolo che assegnano ai volontari, ai lavoratori e al patrimonio. Possono essere create con un'ampia varietà di scopi e interessi, sociali, legati alla solidarietà e all'assistenza, mutualistici, con servizi rivolti principalmente ai soci, culturali e politici. Lo sviluppo delle organizzazioni non profit ha indotto il legislatore a prevedere norme speciali per alcuni tipi di organizzazioni.

Si è assistito, di conseguenza, a graduali riforme finalizzate all'implementazione di un modello di governance che ne riconoscesse il valore sociale e che, di conseguenza, concedesse loro diverse agevolazioni fiscali e misure di sostegno. Tuttavia, la frammentazione del panorama non profit ha reso necessaria una riforma più completa per semplificare e armonizzare l'insieme di leggi specifiche e spesso sovrapposte.

La promulgazione della Riforma del Terzo Settore ha rappresentato un punto di svolta nell'evoluzione legislativa del settore non-profit italiano, in quanto ha introdotto un quadro normativo comune con caratteristiche specifiche e ne ha connotato una precisa identità giuridica.

Dott.ssa Luisa Claudia Tessore

Leggi

https://www.studiocataldi.it/articoli/22221-nasce-il-servizio-civile-universale-la-riforma-del-terzo-settore-e-legge.asp

https://www.studiocataldi.it/articoli/news/42557-che-cos-e-il-runts.asp


Note bibliografiche

[1] DEGNBOL-MARTINUSSEN, J. & ENGBERG-PEDERSEN, P. (2003) Aid: Understanding International Development Cooperation Zed Books

[2] SALAMON, L. M. & ANHEIER, H. K. (1997) The third world's third sector in comparative perspective Working papers of The Johns Hopkins Comparative Nonprofit Sector Project, no. 24, The Johns Hopkins Institute for Policy Studies, Baltimore, MD

[3] Legge 6 giugno 2016, n. 106 Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale. (GU Serie Generale n. 141 del 18-06-2016) Entrata in vigore del provvedimento: 03/07/2016

[4] BERARDI, L., MOOK, L. & REA, M.A. (2021) Third sector accounting reform and integrated social accounting for Italian social economy organizations Management Control 2, Special Issue

[5] MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI - DECRETO 5 marzo 2020 Adozione della modulistica di bilancio degli enti del Terzo settore. (GU Serie Generale n. 102 del 18-04-2020)

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