Riscossione dei contributi condominiali e giurisprudenza della Cassazione a sezioni unite

Riscossione spese condominiali

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Uno dei casi più frequenti di contenzioso in ambito condominiale è quello relativo alla riscossione dei contributi a carico dei singoli condomini sulla base della ripartizione delle spese riportate nel bilancio annuale approvato dall'Assemblea. In questa fattispecie il ruolo di attore, può essere assunto sia dall'amministratore che, come rappresentante del condominio, chiama in giudizio condomino inadempiente per il recupero del credito, sia dal condomino che procede contro il condominio, nella persona dell'amministratore, per contestare la somma a lui richiesta e per impugnare la delibera assembleare ritenuta invalida perché approvata in violazione della legge o del regolamento. Per le stesse ragioni, il condomino, in qualità di convenuto, può impugnare la deliberazione nel procedimento di opposizione al decreto ingiuntivo ed è proprio questa la fase di particolare interesse giurisprudenziale per alcuni aspetti processuali di cui si darà conto nel seguito.

L'azione per la riscossione dei contributi condominiali

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L'amministratore, salvo che sia stato dispensato dall'assemblea, è tenuto, ex art. 1129, comma 9 del c.c,, "ad agire per la riscossione forzosa delle somme degli obbligati (condomini) entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale è compreso il credito esigibile". L'iter processuale è quello prescritto dall'art. 63, comma 1, delle Disp Att. c.c.:" Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, puo' ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione".

L'impugnazione della delibera

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Il condomino che intenda opporsi alla deliberazione dell'assemblea condominiale che ha approvato la spesa prevista nel bilancio annuale e la sua ripartizione, nonostante la sua contrarietà o astensione, può impugnare la delibera

, ex art. 1137 comma 1, contestandone la legittimità e chiedendone pertanto l'annullamento all'autorità giudiziaria entro 30 gg. dalla data della delibera, ovvero dalla data in cui gli è stato recapitato il verbale dell'assemblea qualora non vi abbia partecipato. Prima di adire in via principale con un autonomo giudizio la giurisdizione competente (cioè, ex art. 637 c.p.c., il giudice di pace o il Tribunale di primo grado in composizione monocratica a seconda del valore della causa), il condomino dissenziente deve però rivolgersi all'organo di Mediazione della medesima area di giurisdizione, entro lo stesso termine di cui all'art. 1137 c.c.. Il D. Lgs. 28/2010, ha stabilito infatti che una delle materie per le quali il tentativo di mediazione costituisce condizione di procedibilità per accedere al rito giudiziale, è quella condominiale. Analoga impugnazione della deliberazione assembleare, ma come convenuto sostanziale, può essere esercitata dal condomino nella fase (eventuale) di opposizione al decreto ingiuntivo entro lo stesso termine di 30 gg. previsto dal codice di rito e solo in questa fase, in base al D.Lgs. di cui sopra, deve essere preliminarmente esperito il procedimento di mediazione.

La giurisprudenza della Cassazione a Sezioni Unite

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Come accennato nella premessa il procedimento per ingiunzione ed in particolare la sua fase oppositiva è stata oggetto, su talune questioni processuali, di sentenze divergenti da parte di alcune corti territoriali e dello stesso giudice di legittimità tanto da richiedere l'intervento delle Sezioni Unite della Cassazione.

Le questioni al vaglio del supremo organo collegiale hanno riguardato sia i limiti del giudice a sindacare sulla invalidità della delibera assembleare sia la determinazione della parte onerata ad esperire il procedimento di mediazione.

La sindacabilità del giudice dell'opposizione

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Nella questione controversa ci si è chiesto se, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, il giudice potesse sindacare il tipo di invalidità della deliberazione assembleare sul riparto delle spese su cui si fondava l'ingiunzione ovvero se tale sindacato fosse riservato al giudizio autonomo per l'impugnazione della deliberazione.

Sulla invalidità della delibera

Le SS.UU. della Cassazione, con la sentenza n. 9839 del 14 aprile 2021, hanno sancito il seguente principio di diritto: "Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità, della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, sia l'annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia dedotta in via di azione - mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione in opposizione - ai sensi dell'art. 1137, secondo comma, cod. civ., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione". Dunque nel giudizio di opposizione, l'opponente, in posizione sostanziale di convenuto, può contestare il diritto preteso dall'attore sostanziale (l'amministratore opposto) proponendo nell'atto di citazione, in via principale la revoca del decreto ingiuntivo ed in via riconvenzionale l'accertamento dell'invalidità della delibera e conseguentemente il suo annullamento, sempre che il termine per l'esercizio dell'azione non sia scaduto ex art. 1137 c.c.. La ragione della inammissibilità dell'eccezione, ai fini della deduzione del vizio di annullabilità è dovuta al fatto che con l'eccezione il condomino opponente otterrebbe il riconoscimento dell'inefficacia della delibera solo nei suoi confronti mentre la stessa resterebbe valida per tutti gli altri condomini. Ciò creerebbe uno squilibrio nel riparto delle spese in danno delle esigenze di funzionamento del condominio il cui credito, per il legislatore, è da considerare privilegiato in quanto destinato all'erogazione dei servizi ed alla conservazione delle parti comuni. Strettamente correlata quest'ultimo aspetto è la risposta della Cassazione di cui al successivo paragrafo.

Sulla categoria di invalidità di una delibera approvata in violazione della legge

Riguardo alla deliberazione assembleare nel caso di specie, approvata in violazione dell'art. 1123 c.c. e ss. o del regolamento condominiale, ci si chiedeva se essa fosse da qualificare come nulla o annullabile. Le SS.UU. nella stessa sentenza di cui al precedente paragrafo, hanno stabilito che "La delibera che ripartisca, nel singolo caso deliberato, le spese tra i condomini, in violazione dei criteri dettati negli artt. 1123 e segg. cod. civ. o dei criteri convenzionalmente stabiliti, è annullabile e non nulla" mentre "La delibera che modifichi - anche per il futuro e non solo nel singolo caso deliberato - i criteri di ripartizione delle spese condominiali, è nulla." Secondo la Cassazione le ragioni della prevalenza attribuita dal legislatore alla categoria della annullabilità su quella della nullità, in merito alle delibere assembleari sulla ripartizione delle spese, trovano fondamento nei principi di certezza e stabilità dei rapporti giuridici di particolare importanza in materia di gestione condominiale. In tale contesto la S.C, richiamando una sua precedente sentenza, la n. 4806/2005, ha voluto specificare, limitandoli, i casi di nullità precisando che debbono qualificarsi nulle le delibere prive degli elementi costitutivi essenziali, quelle con oggetto impossibile, quelle con contenuto illecito e quelle che esorbitano dai poteri dell'assemblea in quanto incidenti sui diritti individuali sulle cose comuni o sulla proprietà esclusiva.

La parte onerata per accedere alla mediazione

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Il D. Lgs. 28/2010 prevede, ex art. 5, comma 1-bis, che in determinate materie tra cui quelle condominiali, l'accesso alla giurisdizione ordinaria, debba essere preceduto, quale condizione di procedibilità, dall'esperimento della Mediazione. In particolare, nel caso di impugnazione della delibera assembleare, la decorrenza del termine di 30 gg. di cui all'art. 1137 c.c. viene interrotta per la durata del procedimento (fino a 4 mesi, ex art. 6 del D. Lgs.) per poi iniziare da capo, in caso di mancato accordo, con il deposito del verbale di mediazione in Tribunale. Il condomino che intenda adire il giudice in via diretta, deve prima esperire, in quanto attore, l'organo di mediazione. Più controverso è invece il caso in cui lo stesso condomino, convenuto in un procedimento monitorio, voglia impugnare la delibera nel contesto del processo di opposizione. L'art. 5 comma 4, lettera a) del D. Lgs. anzidetto prevede che la mediazione vada esperita solo nella fase oppositiva al decreto per ingiunzione dal momento che il passaggio alla cognizione piena annulla di fatto la celerità processuale propria della fase sommaria. Circa l'individuazione della parte gravata dall'onere dell'avvio della mediazione, superando le divergenze giurisprudenziali sino ad allora emerse, le Sezioni Unite Cassazione con la sentenza n. 19596 del 18 settembre 2020 hanno stabilito il seguente principio di diritto: "Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo".

Le argomentazioni della sentenza

Con tale sentenza, in definitiva, è prevalso l'indirizzo maggioritario delle corti territoriali che attribuivano l'onere della mediazione al ricorrente quale attore sostanziale dell'intero procedimento monitorio (stante l'unitarietà delle due fasi: monitoria e di opposizione), a nulla rilevando l'inversione dei ruoli delle parti, la quale ha esclusiva natura formale (o processuale). La S.C. ha concordato con questa determinazione ritenendola deducibile dallo stesso D. Lgs. sulla mediazione laddove si sottolinea che "l'istanza di accesso alla mediazione deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa" e non v'è dubbio che tali incombenze siano tipiche del ruolo di attore giacchè l'opponente ha un ruolo passivo e non spetta a lui indicare le ragioni della contesa. A favore dell'attribuzione dell'onere all'opposto ha concorso anche l'analisi delle conseguenze che il mancato avvio della mediazione avrebbe sulle parti: l'omissione da parte dell'opposto determina la revoca del decreto ingiuntivo che tuttavia può essere riproposto con un nuovo ricorso; l'omissione da parte dell'opponente determina invece l'irrevocabilità del decreto ingiuntivo senza possibilità di riproposizione dell'opposizione. Su quest'ultimo aspetto, ha sottolineato la S.C., si è espressa la Corte Costituzionale con numerose pronunce, ricordando che è illegittimo condizionare l'accesso alla giurisdizione all'adempimento di oneri il cui mancato adempimento porterebbe alla decadenza dell'azione giudiziaria.


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