Per la Cassazione, i contributi solidaristici del 3% versati alla Cassa Forense non sono restituibili agli iscritti anche se la pensione è magra rispetto a quanto versato

di Annamaria Villafrate - La Cassazione con la sentenza n. 10866/2020 (sotto allegata) rigetta il ricorso di un avvocato che, deluso dall'importo della propria pensione, ha chiesto alla Cassa Forense di considerare anche i contributi solidaristici del 3%. Vincitore in primo grado, l'avvocato perde in appello e in sede di legittimità. Gli Ermellini infatti riconoscono alla Cassa Forense il diritto di derogare a leggi precedenti e di rango superiore in materia, perché grazie al dlgs n. 509/1994 essa gode di autonomia amministrativa, decisionale amministrativa e gestionale, che le consentono di disciplinare liberamente le prestazioni a suo carico. L'avvocato deve quindi accontentarsi di una pensione più magra di quella che si sarebbe aspettato, perché la Cassa ha dato rilievo al principio di solidarietà tra gli iscritti.

Indice

Avvocato chiede alla Cassa il ricalcolo della pensione

Il ricorso in Cassazione dell'Avvocato

La Cassa può adottare il sistema contributivo e prevedere il divieto di rimborso

Avvocato chiede alla Cassa il ricalcolo della pensione

Un avvocato conviene davanti al Tribunale del Lavoro la Cassa Nazionale di Previdenza Forense perché dopo essere stato ammesso al pensionamento di vecchiaia il 1° gennaio 2005 ha fruito di un trattamento inferiore a quello spettante. La pensione è stata infatti calcolata non includendo i contributi versati ai sensi dell'art 10, comma 3, lettera b) della legge n. 576/1980 che prevede il contributo soggettivo obbligatorio del 3% per i redditi che eccedono i 40 milioni di lire.

Da qui la richiesta di condanna della Cassa a riliquidare la pensione e a pagargli le differenze pensionistiche sui ratei già erogati o, in subordine, la restituzione dei contributi versati. Il Tribunale accoglie la domanda dell'avvocato. Il calcolo doveva essere infatti eseguito in base al sopravvenuto Regolamento della Cassa, modificato con provvedimento del 31.12.2009, pertanto condanna la convenuta a pagare i ratei e gli arretrati nella misura richiesta dall'attore.

La Cassa però ricorre in Appello e il giudice del gravame riforma la sentenza di primo grado in quanto la modifica del regolamento non è applicabile ratione temporis alla posizione pensionistica dell'avvocato. All'appellato era infatti applicabile la disciplina della pensione contributiva prevista dal Regolamento del 23/07/2004 che ha dato applicazione ai principi sanciti dalla legge n. 335/1995. Da qui la legittimità dell'esclusione dal calcolo della pensione del contributo del 3% avente natura solidaristica. Rigettato anche l'appello incidentale

condizionato stante la legittima abrogazione dell'obbligo di restituire i contributi già versati (art. 21 della legge n. 576/1980).

Il ricorso in Cassazione dell'Avvocato

  • Con il primo motivo l'avvocato denuncia violazione dei principi di proporzionalità, corrispettività e reciprocità della Riforma del sistema previdenziale ad opera della legge n. 335/1995 e violazione di legge in relazione all'art. 2 della Costituzione e degli artt. 10,11 e 21 della legge n. 576/1980. Occorre inoltre rispettare la proporzionalità tra contributi versati e prestazioni previdenziali, contrariamente a quanto accade per i sistemi di tipo remunerativo.
  • Con il secondo motivo evidenzia l'incoerenza del sistema previdenziale forense, che non rispetta i principi sanciti dalla legge n. 335/1995 e neppure quelli enunciati dagli articoli 2, 3, 4, 35, 36 e 38 della Costituzione, stante il riconoscimento di una pensione mensile di 746,86 euro a fronte di 290.187,52 euro di contributi versati.
  • Con il terzo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11 e 21 della legge n. 576/1980 nel punto in cui la sentenza ha confermato la natura solidaristica del 3% dei contributi versati, visto che l'esclusione di tale contribuzione a fini pensionistici realizza i principi della legge n. 335/1995, anche alla luce della Cassazione n. 5098/2003 che ha negato suddetta natura al contributo del 3%.
  • Con il quarto deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 21 della legge n. 576/1980 e dell'art. 3 comma 12 della legge n. 335/1995, in relazione al rigetto dell'appello incidentale condizionato per ottenere il ricalcolo della pensione e la restituzione dei contributi del 3% versati, che il ricorrente considera come una sorta di versamento a fondo perduto.

La Cassa può adottare il sistema contributivo e prevedere il divieto di rimborso

La Cassazione con la sentenza n. 10866/2020 rigetta il ricorso ritenendo i primi quattro motivi del ricorso infondati.

La Cassazione chiarisce prima di tutto che: "il ricorrente è titolare di pensione contributiva ex art. 4 Regolamento generale della Cassa come modificato con delibera del 23 luglio 2004. Tale prestazione deriva dalla contestuale previsione che i contributi versati alla Cassa non sono più restituibili agli iscritti ed ai loro aventi causa, ad eccezione di quelli relativi ad anni non riconosciuti validi ai fini del pensionamento per mancanza del requisito della continuità dell'esercizio professionale (art. 22 della legge n. 576/80). La disposizione regolamentare ha sostituito l'istituto del rimborso dei contributi di cui all'art. 21 della legge n. 576/80 con la pensione contributiva sempre che l'iscritto non si sia avvalso degli istituti della ricongiunzione o della totalizzazione presso altri enti previdenziali, né intenda proseguire nei versamenti alla Cassa al fine di conseguire il diritto alla pensione di vecchiaia, calcolata con il sistema retributivo ordinario."

Per quanto riguarda i contributi che confluiscono nel montante, secondo la legge n. 335/1995, devono essere esclusi quelli versati a titolo di solidarietà nella misura del 3% e le somme versate a titolo di riscatto o ricongiunzione. Nel sistema di calcolo contributivo inoltre incide l'età del soggetto nel momento in cui fa domanda per la pensione, perché attribuisce rilevanza alla residua aspettativa di vita e prevede un aumento di coefficienti di calcolo proporzionali proprio in base agli anni del richiedente.

Per la Corte il sistema delineato dal Regolamento della Cassa Forense, contrariamente a quanto denunciato dal ricorrente, non viola né i principi sanciti dalla legge n. 576/1980 né con quelli enunciati dalla legge n. 335/1995. Dopo avere ripercorso l'iter formativo della Cassa Forense fin dalla nascita gli Ermellini chiariscono che grazie al dlgs n. 509/1994 essa può, anche derogando a norme precedenti e di rango superiore, disciplinare in autonomia le prestazioni a suo carico, perché dotata di autonomia organizzativa, contabile, amministrativa e gestionale.

Risponde quindi a "canone di razionalità il disposto dell'art. 4 del Regolamento della Cassa (...), nella parte in cui lo stesso ha previsto la facoltà per l'ente di optare per il sistema pensionistico contributivo a condizione di maggior favore per gli interessati stabilendo, al contempo, il divieto di rimborso della contribuzione legittimamente versata."

Come precisato dalla Corte Costituzionale del resto, l'istituto del rimborso contributivo "non implica necessariamente la corrispettività tra contributi e pensioni, ma soltanto una particolare configurazione dei doveri di solidarietà comunque posti a carico di tutti gli iscritti." Prevale l'esigenza di tutela dei livelli di finanziamento del sistema previdenziale della categoria professionale e la tutela degli equilibri finanziari del medesimo; non può non restare affidato alle valutazioni discrezionali del legislatore di stabilire in quale misura l'interesse dei singoli alla restituzione dei contributi sia suscettibile di contemperamento con il principio di solidarietà."

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Scarica pdf Cassazione n. 10866/2020

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