Nei contratti di trasporto è inapplicabile, per violazione dell'art. 3 Cost., la clausola di attribuzione della giurisdizione esclusiva dei tribunali di uno Stato membro diverso da quello del domicilio del consumatore

Avv. Vinicio Longo - L'art. 18 del Regolamento CE n. 1215/2012 prevede che l'azione del consumatore contro l'altra parte del contratto può sempre essere proposta "davanti alle autorità giurisdizionali del luogo in cui è domiciliato il consumatore". Il successivo art. 19 prevede che la predetta disposizione può essere derogata solo "da una convenzione posteriore al sorgere della controversia". L'art. 25 del, invece, intitolato "Proroga di competenza", stabilisce che le parti, nel contratto, possono "convenire la competenza di un'autorità o di autorità giurisdizionali di uno Stato membro" ma che detto accordo non è valido "se in contrasto con le disposizioni degli artt….19…", vale a dire quello che sancisce la derogabilità della competenza giurisdizionale del luogo in cui è domiciliato il consumatore solo con un accordo successivo al sorgere della controversia.

Il regolamento CE n. 1215/2012

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Esemplificando, il Regolamento CE stabilisce a livello comunitario una competenza giurisdizionale in favore dello Stato di domicilio del consumatore, derogabile solo da un accordo sottoscritto successivamente al sorgere della controversia ed espressamente ritenuta non derogabile da una clausola di attribuzione della competenza giurisdizionale in favore delle autorità di altro Stato membro.

Ma attenzione: L'art. 17 stabilisce che tutta la sezione comprendente le suddette norme sulla inderogabilità della competenza delle autorità giurisdizionali del luogo in cui è domiciliato il consumatore non si applicano "ai contratti di trasporto che non prevedono prestazione combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale".

La conclusione, in prima battuta, è che il vettore, in un contratto di trasporto per passeggeri, può validamente inserire una clausola di scelta della competenza esclusiva in favore delle autorità giurisdizionali di uno specifico stato membro.

Ma è proprio così?

La normativa nazionale sul foro del consumatore

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L'art. 1469 bis del codice civile - inserito dalla Legge n. 52/1996 in attuazione della Direttiva Comunitaria n. 93/13/CEE (poi abrogato per confluire, con la medesima formulazione, nell'attuale Codice del Consumo) - sanciva sotto il n. 19 la presunzione di vessatorietà della clausola, inserita in un contratto tra una impresa ed un consumatore, avente per oggetto o per effetto di "stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio effettivo del consumatore".

Il successivo art. 1469 ter stabiliva che l'impresa che utilizzava moduli o formulari per disciplinare in modo uniforme determinati contratti avrebbe potuto superare la presunzione di vessatorietà della clausola di deroga della competenza, fornendo la prova che la clausola aveva costituto oggetto di una trattativa individuale.

Le predette norme sono attualmente confluite, conservando la medesima formulazione, negli artt. 33 e 34 dell'attuale Codice del Consumo, il quale testo normativo all'art. 66 bis stabilisce inoltre che in tutte le controversie civili aventi ad oggetto contratti conclusi a distanza o fuori dai locali commerciali "la competenza territoriale inderogabile è del giudice del luogo di residenza o domicilio del consumatore".

In definitiva, l'attuale normativa nazionale prevede oggi che:

- in tutti i contratti col consumatore, compresi quelli di trasporto di persone, conclusi mediante moduli o formulari unilateralmente predisposti da una impresa, la clausola di deroga della competenza del foro del consumatore è vessatoria, salvo la dimostrazione da parte dell'impresa che quella clausola ha costituito oggetto di una trattativa individuale

- in un contratto concluso a distanza ovvero fuori dai locali commerciali, la clausola di deroga della competenza del foro del consumatore è sempre nulla, al di là della prova della trattativa individuale.

Risvolti paradossali

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Il combinato disposto della normativa nazionale e di quella comunitaria, in materia di contratti di trasporto di passeggeri, porterebbe quindi al seguente corollario:

- la clausola derogativa della competenza territoriale del foro del consumatore inserita da una impresa in un qualsiasi contratto a distanza di acquisto di beni o di servizi (concluso mediante moduli o formulari) sarebbe sempre nulla

- la clausola derogativa, non della competenza territoriale, ma addirittura della giurisdizione delle autorità del luogo di domicilio del consumatore (che ai sensi dell'art. 18 del Regolamento CE n. 1215/2012 spetterebbe al consumatore), inserita in un contratto di trasporto di passeggeri, concluso a distanza, sarebbe invece valida.

Due situazioni analoghe - la vendita di un servizio da parte di una impresa ad un consumatore - vengono trattate, del tutto irragionevolmente, in modo diverso a seconda che si tratti della vendita di un servizio di trasporto ovvero di un qualsiasi altro tipo di servizio.

I risvolti di tale disciplina sono davvero paradossali:

- la clausola di scelta del foro di Milano inserita nel contratto di cessione on line di servizi, diversi dal trasporto, resi ad un consumatore residente a Monza sarebbe pacificamente nulla ed il consumatore potrebbe quindi convenire l'impresa davanti al foro di Monza

- la clausola di scelta della competenza giurisdizionale di un Tribunale straniero (poniamo irlandese) inserita in contratto on line di acquisto di un volo aereo da parte di un passeggero residente in Italia, sarebbe valida.

La ratio della normativa nazionale che impone alle imprese di non derogare, nei contratti a distanza, il foro del consumatore è quella di evitare che l'impresa inserisca nei contratti clausole volte a "sopprimere o limitare l'esercizio delle azioni legali da parte del consumatore", che è poi lo scopo che si prefiggeva proprio la Direttiva Comunitaria 93/13/CEE nella lettera q) dell'allegato. Ma se questa è la ratio, non si comprende perché la stessa non dovrebbe operare anche nei contratti di trasporto. Insomma, quale sarebbe il ragionevole motivo per cui il consumatore che acquista online un servizio di trasporto non dovrebbe godere della medesima disciplina di protezione di cui gode il consumatore che acquista online un qualsiasi altro tipo di servizio?

Discriminazione in violazione dell'art. 3 della Costituzione

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L'art. 17 del Regolamento CE n. 1215/2012, nell'escludere per i contratti di trasporto l'applicazione della norma sulla competenza giurisdizionale in favore dello Stato di domicilio del consumatore, viola palesemente l'art. 3 della Costituzione, poiché - comportando la non applicazione della normativa nazionale in materia di foro del consumatore - tratta in modo irragionevolmente diverso due situazioni in realtà analoghe.

La consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale afferma che la norma interna (nella fattispecie l'art. 66 bis del Codice del Consumo) deve essere disapplicata in favore della norma comunitaria contrastante (nella fattispecie l'art. 17 del Regolamento CE n. 1215/2012).

Ma attenzione, perché la medesima Corte afferma anche che è sindacabile costituzionalmente la norma comunitaria contrastante "con i principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale ovvero con i diritti inalienabili della persona" e segnatamente con l'art. 3 della costituzione (Sentenza Corte Costituzionale, 28 dicembre 2006 n. 454. Idem: Sentenze Corte Cost. n. 168/1991, 232/1989, 170/1984, 183/1973, 98/1965, Ordinanze 536/1995 e 132/1990).

Ebbene, nella fattispecie, l'art. 17 del Regolamento CE n. 1215/2012 discrimina palesemente - in violazione del predetto art. 3 della Costituzione e dei principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale - i consumatori acquirenti di servizi di trasporto rispetto a tutti gli altri, ponendo a carico dei primi delle fortissime limitazioni all'esercizio dell'azione legale nei confronti del vettore, costringendoli ad azionare una causa civile in uno Stato terzo.

Vinicio Longo

Avvocato in Milano


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