Per la Cassazione deve essere reintegrato nel posto di lavoro il dipendente che ha usato i permessi della 104 per assistere la ex malata ma solo la sera

di Annamaria Villafrate - La Cassazione con sentenza n. 21529/2019 (sotto allegata), respinge il ricorso di una Srl datrice di lavoro di un dipendente, licenziato per aver usufruito impropriamente, stando alla ricorrente, dei permessi dal lavoro previsti dalla legge 104. Il fatto che il dipendente non dedichi all'assistenza della ex moglie l'intera giornata, ma solo la sera, per problemi di salute della figlia che era solita occuparsi della madre, non significa che costui abbia abusato di questo diritto. Non è corretto avere dei permessi solo una visione di tipo quantitativo, occorre valutare piuttosto il carattere permanente di assistenza e di relazione con il familiare più debole.

La vicenda processuale

La Corte di Appello, in riforma della pronuncia di primo grado, annulla il licenziamento disciplinare intimato a F.P dipendente di una Srl e "condanna quest'ultima alle conseguenze previste dall'art. 18, comma 4, I. n. 300 del 1970, come novellato dalla legge n. 92 del 2012."

Premesso che il comportamento del lavoratore che, si avvale del permesso ex art. 33 I. n. 104 del 1992 per attendere ad attività diversa dall'assistenza familiare prevista, integra un abuso del diritto, nel caso di specie, dalle prove testimoniali e dalla documentazione raccolta è emerso che nei giorni del 21 settembre e 24 ottobre 2014 il F.P non ha usufruito impropriamente dei permessi della 104, visto che li ha utilizzati per attendere a finalità assistenziali in favore della ex moglie presso la propria abitazione. Ricorre in Cassazione la società datrice, il dipendente resiste con controricorso.

Con il primo motivo la società datrice contesta la sentenza d'appello per violazione dell'art. 33 della legge n. 104/1992 nella parte in cui sostiene che "l'attività di assistenza del parente disabile può essere espletata, nella giornata in cui è concesso il permesso, anche in orari diversi da quelli coincidenti con il normale orario di lavoro giornaliero e nonostante la evidente prevalenza quantitativa (13 ore consecutive su 24) nell'arco della giornata del 25 ottobre dell'attività non conforme allo scopo e conseguente integrale (o a tutto voler concedere parziale) inadempimento dell'obbligo di sicurezza". Nel caso di specie vi sarebbe stato pertanto e quanto meno un indebito parziale utilizzo dei permessi in questione.

Con il secondo invece si lamenta la violazione dell'art. 33 co. 3, della legge n. 104/1992, nella parte in cui la sentenza d'Appello, a fronte della convivenza con il parente assistito nei giorni oggetto di contestazione, ha ritenuto dimostrata l'attività di assistenza e cura, dimenticando la differenza tra assistenza e della mera convivenza.

Niente licenziamento per chi usa i permessi 104 solo la sera

La Cassazione con sentenza n. 21529/2019 rigetta il ricorso della datrice fornendo motivazione esaustive al mancato accoglimento dei due motivi sollevati. Riguarda al primo gli Ermellini precisano che "può costituire giusta causa di licenziamento l'utilizzo, da parte del lavoratore che fruisca di permessi ex lege n. 104 del 1992, in attività diverse dall'assistenza al familiare disabile, con violazione della finalità per la quale il beneficio è concesso."

Detto questo però, la Corte d'appello, dall'esame delle prove ha rilevato come "nei giorni del 21 settembre e 24 ottobre 2014, F.P si occupasse - di assistere l'ex moglie, con lui in quei giorni convivente (perché la figlia era stata sottoposta a due interventi chirurgici che le impedivano l'assistenza della madre), in particolar modo nelle ore serali, ossia quelle più pericolose per lo stato di salute della disabile (più volte trasportata al pronto soccorso per tentativi di suicidio in ore notturne); che vi è una sostanziale coincidenza fra turno di lavoro (che sarebbe stato svolto in mancanza del permesso) ed assistenza prestata all'ex moglie durante il permesso; che è possibile affermare che P.F non ha fatto un uso improprio dei permessi ex lege n. 104 del 1992, ma li ha utilizzati per finalità assistenziali e non per attendere ad altra attività di proprio esclusivo interesse".

Tale ricostruzione fattuale non è sindacabile in sede di legittimità, parte ricorrente inoltre non può limitare la propria visione dell'assistenza a concetti meramente quantitativi, ma tenere conto del fatto che l'intervento assistenziale "deve avere carattere permanente e globale nella sfera individuale e di relazione del disabile, tenuto altresì conto dei valori di rilievo costituzionale coinvolti dalla disciplina in esame che postulano una peculiare e rafforzata tutela degli interessi regolati."

Stesse conclusione per il secondo motivo del ricorso, visto che la questo già oggetto di valutazione da parte della Corte d'Appello non è sindacabile in sede di legittimità.

Leggi anche Legge 104: i permessi retribuiti. Vademecum e testo della legge

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