La Corte Costituzionale salva il Daspo nei presidi sanitari, fornendo un'interpretazione adeguatrice, bocciando invece il potere sostitutivo dei prefetti: troppo generico e discrezionale

di Lucia Izzo - Il potere sostitutivo dei Prefetti introdotto nel T.U.E.L. dal Decreto Sicurezza del 2018 è costituzionalmente illegittimo poiché "extra ordinem" e "ampiamente discrezionale", fondato su presupposti generici e poco definiti, incompatibili con l'autonomia degli enti locali.

Legittima, invece, l'estensione del c.d. "Daspo urbano" ai presídi sanitari in quanto di tale disposizione è possibile un'interpretazione adeguatrice e costituzionalmente orientata che consenta comunque di garantire le cure mediche o le prestazioni terapeutiche e diagnostiche, stante la prevalenza del diritto alla salute sulle altre esigenze.

La decisione della Consulta

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È quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con la recente sentenza n. 195/2019 (qui sotto allegata) che, a seguito della questione di legittimità sollevata da alcune Regioni italiane, si è confrontata con due aspetti di cui al c.d. Decreto Sicurezza (D.L. n. 113/2018).


Sotto la lente della Consulta giungono, particolare, le previsioni in materia di potere sostitutivo dei prefetti, previsto dall'articolo 28, primo comma, nonché quelle relative all'estensione del c.d. "Daspo urbano" ai presídi sanitari prevista dal primo comma, lettera a, dell'articolo 2.


Se, da un lato, i "superpoteri" dei prefetti vengono dichiarati costituzionalmente illegittimi, sopravvive al vaglio di legittimità la questione relativa al "Daspo", ma solo qualora la norma in esame venga interpretata in modo costituzionalmente orientato.

Daspo nei presidi sanitari

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Il decreto sicurezza ha esteso anche ai "presidi sanitari" la possibilità di applicare l'ordine di allontanamento e il divieto di accesso (DASPO urbano) nei confronti dei coloro che pongono in essere condotte che impediscono l'accessibilità e la fruizione nei suddetti ambiti.


Le Regioni ritengono che l'estensione constasti col diritto alla salute della persona (cfr. art. 32 Cost.) che sia bisognosa di cure mediche, precludendole o comunque ostacolando la necessaria assistenza sanitaria, così assoggettandola a una misura sproporzionata e irragionevole.


Ancora, si ritiene lesa, ex art. 117, terzo comma, Cost., la competenza concorrente del legislatore regionale in materia di tutela della salute, stante anche la mancata previsione di alcuna forma di leale collaborazione dello Stato con la Regione.


Per la Consulta, tuttavia, le questioni non sono fondate in riferimento ai parametri evocati, in quanto è ben possibile un'interpretazione adeguatrice, costituzionalmente orientata, della disposizione impugnata: questa, perseguendo la finalità di evitare turbative dell'ordine pubblico nelle aree alle quali il regolamento di polizia urbana può estendere l'applicabilità del DASPO urbano, concerne la materia "ordine pubblico e sicurezza" e appartiene quindi alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.

L'interpretazione costituzionalmente orientata

Il D.L. che disciplina il Daspo Urbano (n. 14/2017), spiega la Consulta, prevede espressamente che le modalità applicative del divieto di accesso alle aree protette debbano essere compatibili con le esigenze di salute del destinatario dell'atto.

In ogni caso, secondo la Corte, la persona che ricorre al presidio sanitario, perché le siano erogate cure mediche (o prestazioni terapeutiche o di analisi e diagnostica), non può essere allontanata, né le può essere precluso l'accesso alla struttura, essendo il diritto alla salute prevalente sull'esigenza di decoro dell'area e di contrasto, per ragioni di sicurezza pubblica, delle condotte che comportano l'applicazione del Daspo.

La necessità di accedere alle prestazioni sanitarie, verificata dal personale del presidio, non esclude, però, la sanzionabilità, in via amministrativa, delle eventuali condotte che la persona, pur bisognosa di cure mediche, abbia posto in essere in violazione.

Così interpretata la disposizione censurata, conclude la Consulta, non vi è alcun ostacolo alla fruizione delle prestazioni sanitarie da parte di chi ne ha bisogno, il cui diritto alla salute rimane pienamente tutelato, e non vi è, in concreto, alcuna incidenza sull'organizzazione dei presidi sanitari, sicché non è violata la competenza regionale concorrente in materia di tutela della salute, né il principio di leale collaborazione.

Il potere sostitutivo dei Prefetti

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Fondata, invece, è ritenuta la questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l'art. 28, comma 1, del d.l. n. 113/2018, che ha inserito nell'art. 143 del Testo unico degli enti locali (T.U.E.L.), che regola lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, un nuovo sub-procedimento per l'attivazione dei poteri sostitutivi del prefetto sugli atti degli enti locali.

In particolare, la norma prevede che, qualora dalla relazione prefettizia emergano situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi e reiterate, tali da determinare un'alterazione delle procedure e da compromettere il buon andamento e l'imparzialità delle amministrazioni comunali o provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, il prefetto, sulla base delle risultanze dell'accesso, al fine di far cessare le situazioni riscontrate e di ricondurre alla normalità l'attività amministrativa dell'ente, individua, fatti salvi i profili di rilevanza penale, i prioritari interventi di risanamento indicando gli atti da assumere, con la fissazione di un termine per l'adozione degli stessi, e fornisce ogni utile supporto tecnico-amministrativo a mezzo dei propri uffici.

Decorso inutilmente il termine fissato, il prefetto assegna all'ente un ulteriore termine, non superiore a 20 giorni, per la loro adozione, scaduto il quale si sostituisce, mediante commissario ad acta, all'amministrazione inadempiente.

Extra ordinem il potere prefettizio sostituivo

Secondo la Corte il legislatore, stante la non piena adeguatezza degli strumenti di contrasto della criminalità organizzata di tipo mafioso, ha introdotto la disposizione censurata nel tentativo di costruire uno strumento correttivo meno invasivo dello scioglimento dei consigli comunali e provinciali, nonché più duttile degli ordinari interventi sostitutivi.

Tuttavia, è stato disegnato "un potere prefettizio sostitutivo extra ordinem, ampiamente discrezionale, sulla base di presupposti generici e assai poco definiti, e per di più non mirati specificamente al contrasto della criminalità organizzata; ossia complessivamente in termini tali da non essere compatibili con l'autonomia costituzionalmente garantita degli enti locali territoriali".

L'insufficiente determinazione del presupposto del potere sostitutivo risulta aggravata dalla latitudine del suo contenuto atipico e indifferenziato, e ciò viene ritenuto contrastare anche con il principio di tipicità e legalità dell'azione amministrativa, nonché con l'autonomia costituzionalmente garantita che la Repubblica promuove e riconosce agli enti locali territoriali.

Il potere sostitutivo introdotto dalla disposizione censurata avrebbe, infine, dovuto essere rispettoso del principio di sussidiarietà e di leale collaborazione: stante l'ampia incidenza nell'autonomia dell'ente locale territoriale, la norma censurata avrebbe potuto prevedere una deliberazione del Governo o un decreto del Ministero dell'Interno. La norma che l'ha introdotto, dunque, è dichiarata costituzionalmente illegittima.

Scarica pdf Corte Costituzionale, sent. n. 195/2019

Foto: 123rf.com
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