Il segreto professionale, secondo l'articolo 28 del codice deontologico forense, è un dovere, oltre che diritto, primario e fondamentale dell'avvocato

Il segreto professionale nel codice deontologico

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L'avvocato, nel corso della propria attività professionale, viene in contatto quotidianamente con informazioni che hanno a che fare con questioni personali dei propri clienti. E proprio a tutela della riservatezza di questi ultimi, tra gli obblighi cui sono tenuti i legali vi è quello, di fondamentale importanza, del segreto professionale.

Il segreto professionale trova espresso riconoscimento nell'articolo 28 del codice deontologico forense, che lo riconosce come un "dovere, oltre che diritto, primario e fondamentale dell'avvocato".

Esso si estende all'attività prestata dal legale e a tutte le informazioni che il cliente e la parte assistita gli abbiano fornito e a quelle delle quali l'avvocato sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato.

Segreto professionale dell'avvocato a mandato concluso

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Il segreto professionale dell'avvocato, peraltro, non è circoscritto temporalmente alla sola durata dell'incarico che gli è stato conferito.

Il riserbo va infatti mantenuto anche dopo che il mandato sia stato adempiuto o si sia concluso, anche se e dopo che l'avvocato vi abbia rinunciato e anche quando l'avvocato non lo abbia accettato.

Avvocati: deroga al segreto professionale

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Vi sono alcuni casi, tuttavia, in cui il segreto professionale non va necessariamente rispettato.

La divulgazione delle notizie delle quali l'avvocato è venuto a conoscenza nel corso dello svolgimento del proprio incarico è infatti consentita:

  • laddove risulti necessaria per lo svolgimento dell'attività di difesa affidatagli
  • laddove sia necessaria per impedire che venga commesso un reato di particolare gravità
  • al fine di allegare circostanze di fatto in una controversia che vede l'avvocato contrapposto al proprio cliente o al proprio assistito
  • nell'ambito di una procedura disciplinare.

La divulgazione, nelle predette ipotesi, è consentita ma con un'importante limitazione: non si potrà divulgare più di quanto sia strettamente necessario per il fine che si intende tutelare.

Segreto professionale di collaboratori e praticanti

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L'obbligo di rispettare il segreto professionale grava sull'avvocato non solo con riferimento alle notizie che egli abbia direttamente appreso nel corso della propria attività professionale.

I legali devono infatti adoperarsi, per espressa previsione del codice deontologico, al fine di garantire che anche i propri dipendenti, praticanti, consulenti e collaboratori osservino il massimo riserbo rispetto ai fatti e alle circostanze che abbiano appreso nella loro qualità o per effetto dell'attività svolta.

Tale garanzia va prestata dall'avvocato anche rispetto ai propri collaboratori occasionali.

Violazione del segreto professionale dell'avvocato

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La violazione del segreto professionale da parte dell'avvocato nonché il mancato rispetto, da parte sua, dell'obbligo di adoperarsi per assicurare il riserbo dei propri dipendenti, praticanti, consulenti e collaboratori comporta l'applicazione di sanzioni disciplinari.

L'articolo 28 del codice deontologico forense, in particolare, dispone l'irrogazione della censura e, nel caso in cui la violazione riguardi il segreto professionale, la sospensione dall'esercizio dell'attività da uno a tre anni.

Il segreto professionale dell'avvocato nel codice di procedura penale

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Il segreto professionale dell'avvocato trova la propria tutela anche nel codice di procedura penale, che, all'articolo 200, stabilisce che i legali non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione della propria professione.

Sul punto, la Corte di cassazione ha chiarito (v. sentenza numero 29495/2018 e n. 27703/2020) che la facoltà riconosciuta all'avvocato di astenersi dal testimoniare non è un'eccezione all'obbligo di testimoniare ma una manifestazione del principio di tutela del segreto professionale. L'articolo 200 infatti, precisano i giudici, prevede il divieto di deposizione coattiva ma non impone un divieto assoluto di sentire come teste il soggetto tenuto alla segretezza.

Leggi Avvocati: i confini del segreto professionale secondo la Cassazione

Il reato di violazione del segreto professionale

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La violazione del segreto professionale, oltre che un illecito deontologico e un limite all'obbligo di rendere testimonianza, rappresenta anche un comportamento penalmente rilevante: il nostro codice penale, all'articolo 622, punisce infatti il reato di "rivelazione di segreto professionale".

In particolare, si tratta di un delitto punibile a querela della persona offesa e integrato ogni qualvolta un soggetto, avendo notizia per ragione, tra le altre cose, della propria professione, di un segreto lo rivela senza giusta causa o lo impiega a proprio o altrui profitto.

La pena si applica se dal fatto può derivare nocumento ed è quella della reclusione fino a un anno o della multa da 30 a 516 euro.

Segreto professionale dell'avvocato e fallimento del cliente

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Di recente, il segreto professionale dell'avvocato è stato oggetto di un interessante parere reso dal Consiglio nazionale forense su input dell'Ordine degli avvocati di Modena.

In particolare, al CNF è stato chiesto se l'avvocato è tenuto a consegnare al curatore del fallimento del cliente tutta la documentazione relativa all'attività svolta a favore dello stesso e, in caso di risposta affermativa, come un simile obbligo si concilia con il segreto professionale.

Il Consiglio nazionale forense, a tale proposito, ha quindi precisato che il potere di indagine del curatore non trova grandi ostacoli nei confronti del fallito ma li incontra rispetto all'attività svolta dal difensore.

Quali notizie e documenti si possono dare

Tenendo conto che l'opponibilità del segreto professionale va comunque valutata in concreto e caso per caso, per il CNF "l'avvocato potrà e dovrà relazionare circa lo stato delle cause attive o passive affidategli, attinenti all'attività d'impresa, ma non sull'andamento della causa di separazione o divorzio (salva espressa autorizzazione - magari scritta - del cliente), né sugli atti compiuti dal fallito che possano concretizzare comportamenti di rilevanza penale o comunque pregiudicare gli interessi del proprio assistito, seppure fallito". Del resto "Il segreto professionale è uno dei principi e dei doveri fondamentali cui deve ispirarsi l'attività dell'avvocato e sul quale il cliente deve essere certo di poter contare, al pari, od ancor prima, della probità, dignità, decoro ed indipendenza".

Con riferimento alla documentazione richiesta dal curatore all'avvocato e a questo affidata dal cliente, occorre invece distinguere: "tutto ciò che è "pubblico", siccome agli atti di un processo attinente all'attività d'impresa, può e deve essere consegnato", mentre "la documentazione e la corrispondenza che esulino dai "processi" o attengano a "cause personalissime", va singolarmente valutata a tutela ed in ossequio al principio di riservatezza".

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Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
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