La legge consente di possedere o detenere animali domestici, ma cosa accade in caso si tratti di animali "esotici" oppure di altri animali da compagnia?

Animali in condominio: la riforma del 2012

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La riforma del condominio di dieci anni fa ha visibilmente innovato la disciplina relativa alla tenuta degli animali nelle case, ponendosi a favore dei compagni "non umani" e consentendo anche all'Italia di allinearsi alla corrente di pensiero comune in gran parte d'Europa.

Ricordiamo infatti che la liberalizzazione degli animali nel Condominio è passata attraverso una modifica importante al codice civile attuata dalla legge n. 220/2012: all'art. 1138 del codice civile, riguardante il regolamento di condominio, è stato aggiunto un apposito ultimo comma secondo il quale "le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici".

Se da un lato la nuova impostazione giuridica è stata salutata da molti come una vittoria di civiltà, non sono mancate polemiche legate alla scelta terminologica adottata dal legislatore. Nel dettaglio, in sede di approvazione del testo si è preferito il termine "domestico" anziché quello indicato in prima stesura, ovvero "animali da compagnia".

Tale soluzione si è giustificata con l'intento di evitare, prediligendo l'altro termine, di acconsentire alla presenza di animali esotici negli alloggi condominiali: il termine "animale domestico", infatti, da un punto di vista strettamente legale appare diverso e più ristretto rispetto a quello di "animale da compagnia".

Animali domestici o animali da compagnia?

In realtà, la modifica della disposizione non ha affatto sgombrato il campo dagli equivoci in materia, la stessa in realtà ha il contrario effetto di implementarli. Basti pensare che, propriamente, appare dubbio considerare "domestico" un criceto, un cincillà o un furetto, nonostante il sentire comune sia indirizzato in altro modo.

Tuttavia, gli animali da compagnia, pur non avendo la stessa natura ed indole degli animali domestici, possono comunque essere (e spesso lo sono) controllati e "addomesticati" sino a divenire fedeli compagni come avviene per i furetti o i conigli, oppure anche per tartarughe, serpenti e pappagalli, che si ritiene vadano qualificati come "animali esotici".

Molti di questi, infatti, vengono dai più ritenuti animali d'affezione da poter tenere in casa senza problema, seppur non siano "domestici" in senso proprio. Ciononostante, si corre il rischio di vedersi opposto un veto in Condominio alla loro detenzione.

L'ambiguità della scelta terminologica

Secondo la Società Italiana Veterinari Animali Esotici "il legislatore ha perso l'occasione per adottare una definizione scientificamente esatta e giuridicamente sostenibile"; in sostanza "utilizzando l'impropria definizione di animali domestici, il condominio dice sì al maiale (che è domestico) in salotto e no al criceto (che non lo è)".

A causa dell'ambiguo aggettivo "domestico", terminologia impropria che sembrerebbe dettata più dal senso comune che da disposizioni giuridiche, si rischia di assistere a un aumento delle liti condominiali, nonché al rischio di abbandono degli animali stessi. La Sivae, infatti, fa notare che molte specie non domestiche sono state dimenticate e discriminate per colpa di un pregiudizio, ritenendo gli animali "esotici" d'affezione, in quanto tali, pericolosi.

Al tal proposito molti, come l'ANMVI (Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani), hanno evidenziato che un'interpretazione eccessivamente restrittiva della definizione, oltre che impropria sul piano scientifico, confliggerebbe con la Convenzione Europea per la Protezione degli Animali da Compagnia ratificata come legge dello Stato italiano e volta a tutelare "ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall'uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e compagnia".

Lo conferma di quanto appena detto la si rinviene nella definizione di animale da compagnia, contenuta nel D.P.C.M. 28 del febbraio 2003, che ha recepito l'accordo recante disposizioni in materia di benessere degli animali da compagnia e pet-therapy. Questo provvedimento infatti definisce l'animale da compagnia "ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto, dall'uomo, per compagnia o affezione senza fini produttivi od alimentari, compresi quelli che svolgono attività utili all'uomo, come il cane per disabili, gli animali da pet-therapy, da riabilitazione, e impiegati nella

pubblicità. Gli animali selvatici non sono considerati animali da compagnia."

La confusione interpretativa è stata alimentata e provocata anche dal fatto che non esiste una definizione legislativa volta a identificare propriamente e concretamente quali animali sono da considerarsi domestici. In questo modo il dubbio persiste.

Condominio: gli animali nelle case in locazione

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Il discorso è ovviamente diverso qualora l'inquilino, anziché acquistare casa nel Condominio, prenda in affitto un appartamento al suo interno. In tal caso, infatti, la normativa consente al proprietario, nel contratto di locazione, di impedire al suo inquilino di introdurre in casa qualsiasi animale domestico, anche cani o gatti, nonostante nello stabile la loro presenza sia accettata.

Per essere valida, la clausola volta a tale scopo dovrà essere puntualmente inserita e specificata nel contratto di locazione al momento della stipula oppure introdotta in sede di un eventuale rinnovo contrattuale, al termine della scadenza naturale del precedente rapporto.

La detenzione di animali selvatici

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La materia, inoltre, va necessariamente contemperata con quanto previsto dalla legge in relazione alla detenzione di animali c.d. "selvatici". In Italia, infatti, possedere particolari specie di animali domestici pericolosi o rientranti in specie protette è vietato e può comportare severe conseguenze secondo quanto previsto dalla legge n. 150 del 1992.

Il provvedimento contiene sia la disciplina penale relativa all'applicazione della CITIES (Convention on International Trade of Endangered Species), nonché le norme su commercio e detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e incolumità pubblica.

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La legge (art. 6, comma 1) vieta a chiunque di commerciare o detenere esemplari vivi di mammiferi e rettili selvatici che possono costituire pericolo per la salute o l'incolumità pubblica, pena l'applicazione di severe sanzioni penali.

Dell'individuazione delle specie c.d. "pericolose" se ne occupa il d.m. del 19 aprile 1996 (e successive modificazioni) che elenca le specie e precisa i criteri per stabilire la "pericolosità": si tratta di una lista comprendente circa 10 Ordini e 54 Famiglie appartenenti alle Classi di Mammiferi e Rettili, con i relativi generi e specie, che si aggiungono a quelle previste a livello comunitario e sovranazionale.

A titolo esemplificativo, nell'elenco sono presenti ratti marsupiali, canguri, lemuri, numerose specie di scimmie, lupi, volpi, orsi lavatori, tassi, lontre e numerosi felidi (leoni, tigri, pantere, etc.), ma anche cinghiali, cervidi, bovidi, alcune tartarughe e serpenti (pitone, anaconda, cobra, serpente a sonagli etc.).

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La violazione delle prescrizioni può costare, come precisa la legge n. 68/2015, l'arresto da sei mesi a due anni e l'ammenda da euro quindicimila a euro centocinquantamila. Gli animali detenuti illegittimamente sono confiscati.

Tuttavia, come previsto dalla Convenzione CITIES, è consentito detenere alcune specie esotiche (ad esempio pappagalli, rettili, scimmie, volpi ecc.), ma solo previa autorizzazione e con un permesso contenente tutti i dati relativi all'animale. Questi documenti vengono rilasciati dal Corpo Forestale dello Stato o dal Ministero dello Sviluppo economico.

Merita inoltre segnalare anche la legge n. 157/1992, che contiene le norme per la protezione della fauna selvatica, che tutela "le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale."

Conseguenze penali e multe salate pertanto, come contemplato dagli articoli 30 e 31 della legge anche per chi detiene mammiferi e uccelli che rientrano tra le specie protette indicate dalla legge.

Ricordiamo che proprio di recente la Cassazione, con la sentenza n. 3 del 2022, ha confermato la penale responsabilità di un soggetto che ha custodito all'interno di una gabbia tre esemplari di carduelis carduelis, abitualmente denominata cardellino. Condotta per la quale il Gup lo aveva aveva condannato alla pena di euro 700,00 di ammenda, conseguente alla violazione dell'art. 30, comma 1, lettera b), della legge n. 157 del 1992.

Quali animali sono ammessi in un condominio?

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Di norma, salvo divieto approvato all'unanimità da tutti i condomini, si ritiene che possano essere detenuti cani e gatti, pesci, uccelli da gabbia, tartarughe, criceti, conigli, furetti, scoiattoli, piccole tartarughe, cincillà e porcellini d'India. Tuttavia è sempre meglio verificare cosa prevede il Regolamento Condominiale ed eventualmente chiedere chiarimenti all'Amministratore.

Qualora non vi sia un divieto espresso si ritiene consentita la detenzione di tutti gli animali non vietati dalla legge e che non creino un pericolo per la salute e l'incolumità.


Foto: 123rf.com
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