Per la Suprema Corte scatta l'appropriazione indebita se la moglie si rifiuta di restituire al marito i suoi oggetti dopo la separazione

di Lucia Izzo - Scatta il reato di appropriazione indebita per il coniuge che si rifiuta di restituire all'altro coniuge i beni di sua proprietà dopo che sia stata pronunciata la separazione.


In particolare, l'interversione del possesso, da cui decorre il termine per proporre la querela, si determina nel momento in cui al legittimo proprietario viene negato il diritto di riappropriarsi dei propri beni.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, nella sentenza n. 52598/2018 (qui sotto allegata) respingendo il ricorso di una moglie separata che, in possesso dei beni del marito, si era rifiutata di restituirglieli.


Per questa ragione, la signora era stata condannata per il reato di appropriazione indebita, ex art. 646 del codice penale.


In Cassazione, la difesa ritiene che in considerazione del tempo trascorso il reato contestato non sia più configurabile. In particolare, si ritiene tardiva la querela sporta dal marito a quasi due anni dal provvedimento di separazione e che lo autorizzava a riprendersi i propri beni personali.

Appropriazione indebita non restituire i beni all'ex dopo la separazione

Gli Ermellini, invece, avallando le conclusioni dei giudici di merito, evidenziano come l'interversione del possesso, da cui decorre il termine della querela, si è determinata non dalla data di separazione, ma da quella in cui è stato negato il diritto al legittimo proprietario.


In sostanza, ciò è avvenuto solo nel momento in cui la persona offesa ha comunicato che avrebbe ritirato i beni custoditi in un locale nella disponibilità della ex moglie. E la stessa imputata ha confermato di aver "svuotato" il predetto locale proprio per impedire al coniuge separato di tornare in possesso dei propri beni.


Neppure colgono nel segno le generiche doglianze circa la logicità e la completezza della motivazione della sentenza pronunciata dalla Corte Territoriale.

Il Collegio, vagliando l'operato e l'interpretazione fornita dai giudici di merito sulla vicenda, ritiene che questi abbiano motivato in modo coerente e logico sulla vicenda. Le dichiarazioni del marito, infatti, sono state confermate da testimoni e dalle stesse parziali ammissioni dell'imputata.


Il ricorso in Cassazione, pertanto, viene respinto non essendo ammissibile richiedere in tale sede una rivalutazione dei fatti di causa, come aveva tentato di fare la ricorrente.

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