Secondo la Cassazione spetta al cessionario pagare il Tfr dei dipendenti se possiede la qualifica di datore di lavoro al momento della risoluzione del rapporto

di Annamaria Villafrate - Il pagamento del Tfr dei dipendenti spetta al cessionario d'azienda, se costui risulta esserne il datore di lavoro al momento della risoluzione del rapporto. Così ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 23775/2018 (sotto allegata). Per gli Ermellini, infatti, non è condivisibile la tesi della Corte d'Appello secondo cui il Tfr, nel caso di cessione d'azienda precedente l'instaurazione della procedura concorsuale, deve essere posto a carico del Fondo di Garanzia Inps (contestabile in sede di opposizione) a causa dell'ammissione dei crediti dei lavoratori al passivo.

La vicenda processuale

La Corte d'Appello di Brescia, riformando la sentenza di primo grado, in accoglimento delle istanze degli appellanti, riconosce a questi il diritto al pagamento, da parte del Fondo di Garanzia Inps, del Tfr e delle ultime tre retribuzioni. Questo perché, anche nel caso in cui, prima dell'instaurazione della procedura concorsuale, si fosse verificata una cessione di azienda dalla s.n.c. alla s.r.l., il diritto dei lavoratori al pagamento del Trf e delle ultime tre mensilità ammessi definitivamente al passivo "determinava l'insorgere dell'obbligo a carico dell'Inps, contestabile solo in sede di opposizione allo stato passivo". Avverso la sentenza propone ricorso per Cassazione l'Istituto nazionale, secondo cui spetta al datore di lavoro cessionario corrispondere le somme richieste.

Spetta al cessionario pagare il Tfr se è datore di lavoro al momento della risoluzione

La Cassazione precisa che il lavoratore può chiedere il pagamento del Tfr a carico del Fondo di Garanzia Inps, solo se, come previsto dall'art 2120 c.c., è intervenuta la risoluzione del contratto, presupposto di applicazione della tutela ai sensi dell'art. 2 della legge n. 297/1982. Il comma 6 di tale articolo infatti dispone che la disciplina sancita dai commi precedenti si applica solo quando la risoluzione del rapporto di lavoro e la procedura concorsuale od esecutiva si sono verificate dopo l'entrata in vigore della presente legge.

"E', dunque, testualmente previsto che, perché si determini l'intervento del Fondo di garanzia, l'insolvenza riguardi il soggetto titolare in atto del rapporto di lavoro, il datore di lavoro cioè che è tale al momento in cui avviene la risoluzione del rapporto di lavoro."

Secondo gli Ermellini "Si può quindi affermare il seguente principio: l'art. 2 della legge n. 297 del 1982 e l'art. 2 del dlgs. n. 82 del 1990 si riferiscono all'ipotesi in cui sia stato dichiarato insolvente ed ammesso alle procedure concorsuali il datore di lavoro che è tale al momento in cui la domanda di insinuazione al passivo viene proposta ed, inoltre, poiché il tfr diventa esigibile solo al momento della cessazione del rapporto, il fatto che (erroneamente) il credito maturato per tfr fino al momento della cessione d'azienda sia stato ammesso allo stato passivo nella procedura fallimentare del datore di lavoro cedente non può vincolare l'Inps, che è estraneo alla procedura e che, perciò, deve poter contestare il credito per tfr sostenendo che esso non sia ancora esigibile, neppure in parte, e quindi non opera ancora la garanzia dell'art. 2 legge n. 297 del 1982."

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Cassazione lavoro sentenza n. 23775-2018

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