La Cassazione conferma l'inesportabilità delle prestazioni non aventi carattere contributivo, erogabili esclusivamente nello Stato membro dove i soggetti interessati risiedono

di Lucia Izzo - La pensione di invalidità civile è dovuta solo al cittadino residente all'interno del territorio nazionale. Ciò in quanto l'art. 10-bis, comma 1, del Regolamento CEE n. 1247/1992 non consente di esportare in ambito comunitario le prestazioni speciali in denaro, sia assistenziali che previdenziali, non aventi carattere contributivo, erogabili dunque solo nello Stato membro ove gli interessati risiedono.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nell'ordinanza n. 21901/2018 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso dell'INPS contro la sentenza che aveva stabilito la sua condanna a erogare la pensione di invalidità civile agli eredi dell'interessato.


In particolare, la Corte territoriale aveva respinto le eccezioni con cui l'Istituto rilevava la mancata residenza in Italia del presunto avente diritto, in quanto risultava provato e non contestato che per diversi anni, fino alla sua morte, questi aveva risieduto all'estero. In Cassazione, dunque, l'INPS denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 10 bis del regolamento CEE del 14 giugno 1971 (come modificato dal regolamento n. 1247/1992).


Secondo l'Istituto, infatti, l'interessato e i suoi eredi per lui (peraltro tutti residenti all'estero) non avrebbero avuto titolo per pretendere il pagamento dei ratei di pensione di invalidità per il periodo indicato, essendo la residenza sul territorio dello Stato un requisito costitutivo del diritto alla provvidenza richiesta.


Per gli Ermellini si tratta di un motivo fondato atteso quanto ribadito recentemente dalla stessa Cassazione (cfr. sent. 7914/2017) in relazione alla cosiddetta inesportabilità in ambito comunitario delle prestazioni in danaro non contributive.

Niente pensione di invalidità a chi non risiede nello Stato membro

I giudici evidenziano come la disciplina comunitaria in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale contempla un principio per cui le prestazioni speciali in denaro, sia assistenziali che previdenziali, ma non aventi carattere contributivo, sono erogate esclusivamente nello Stato membro in cui i soggetti interessati risiedono e ai sensi della sua legislazione, e dunque sono inesportabili negli Stati membri dell'Unione europea.


Per l'Italia, tra le prestazioni inesportabili si ricomprendono: le pensioni sociali; le pensioni, gli assegni e le indennità ai mutilati ed invalidi civili; le pensioni e le indennità ai sordomuti; le pensioni e le indennità ai ciechi civili; l'integrazione della pensione minima; l'integrazione dell'assegno di invalidità; l'assegno sociale; la maggiorazione sociale.


Il Regolamento (CEE) n. 1247/92, che ha modificato il regolamento (CEE) n. 1408/71, ha inserito l'articolo 10 bis (Prestazioni speciali a carattere non contributivo) che stabilisce: "Nonostante l'articolo 10 e il titolo III, le persone alle quali il presente regolamento è applicabile beneficiano delle prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo di cui all'articolo 4, paragrafo 2 bis esclusivamente nel territorio dello Stato membro nel quale esse risiedono e in base alla legislazione di tale Stato, purché tali prestazioni siano menzionate nell'allegato II bis. Tali prestazioni sono erogate a carico dell'istituzione del luogo di residenza".


In conclusione, in virtù del principio, contemplato dall'art. 10-bis, comma 1, del Regolamento CEE n. 1247 del 1992, le prestazioni speciali in denaro, sia assistenziali che previdenziali, ma non aventi carattere contributivo non sono esportabili in ambito comunitario, e sono erogate esclusivamente nello Stato membro in cui i soggetti interessati risiedono e ai sensi della sua legislazione, sicché la

pensione di invalidità civile non è dovuta al cittadino residente fuori dal territorio nazionale. Il ricorso va dunque accolto.

Cass., sezione lavoro, ord. 21901/2018

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