di Valeria Zeppilli - Il licenziamento per svolgimento di attività lavorativa in costanza di malattia è un'ipotesi ricorrente nella casistica giudiziaria, ma non per questo è sempre legittimo.
Con la sentenza numero 21667/2017 del 19 settembre (qui sotto allegata), la Corte di cassazione ha infatti precisato che lo svolgimento di un'altra attività lavorativa può legittimare il licenziamento per violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà solo ove si tratti di una circostanza sufficiente a far presumere l'inesistenza della malattia o quando pregiudichi o ritardi la guarigione e il rientro del lavoratore in servizio.
Illecito disciplinare
I giudici hanno poi ricordato che anche le attività extralavorative svolte dal lavoratore durante il periodo di assenza per malattia sono tali da rappresentare un illecito disciplinare esclusivamente laddove cagionino un'effettiva impossibilità temporanea di ripresa del lavoro o mettano in pericolo quest'ultima secondo una valutazione ex ante di idoneità, da rapportare al caso concreto.
La vicenda
Nel caso di specie, il lavoratore in malattia si era recato presso l'esercizio commerciale del figlio con la propria autovettura e lì aveva svolto alcune attività, come quella di spostare delle piccole piante e di movimentare la saracinesca del negozio con un dispositivo elettronico. Per tale ragione, era stato licenziato dal proprio datore di lavoro.
A detta della Cassazione, tuttavia, la condotta tenuta dall'uomo non rappresenta una violazione dei doveri di correttezza e buona fede né degli obblighi di diligenza e fedeltà. L'attività svolta, infatti, poteva essere astrattamente riconducibile a una prestazione lavorativa, tuttavia non risultava idonea a pregiudicare la guarigione del lavoratore, né tanto meno ad avvalorare l'ipotesi di inesistenza della malattia.
Corte di cassazione testo sentenza numero 21667/2017