Guida allo strumento concesso al giudice dagli artt. 2727 e 2729 del codice civile

Avv. Giampaolo Morini - La prova per presunzioni, è uno strumento normativamente concesso al giudice dagli artt. 2727 e 2729 c.c., che permette di arrivare alla conoscenza di un fatto per il quale non sia possibile dare una diretta dimostrazione, attraverso un procedimento logico discrezionalmente lasciato al giudice di merito[1], purché questo dia adeguato conto dell'iter argomentativo seguito.

Le presunzioni semplici

I fatti su cui le presunzioni semplici si basano devono essere provati in giudizio e l'onere grava sull'amministrazione finanziaria, che deve dimostrare che gli elementi presuntivi posti a base della pretesa impositiva sono gravi, precise e concordanti.

La S.C.[2] ha chiarito in più occasioni il procedimento da adottare ai fini di una corretta valutazione della prova per presunzioni. Il procedimento si articola in due indefettibili momenti: il giudice del merito deve, valutare in maniera analitica ognuno degli elementi indiziari (1) per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e (2) per conservare quelli che, presi singolarmente, rivestano i caratteri della precisione e della gravita, ossia presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria" e, di poi, "procedere a una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati e accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni indizi.

Gli elementi assunti come fonte di prova, non debbono essere necessariamente più d'uno[3], in quanto il convincimento del giudice può fondarsi anche su di un solo elemento purchè grave e preciso, mentre il requisito della "concordanza" deve ritenersi menzionato dalla legge solo in previsione di un eventuale, ma non necessario, concorso di più elementi presuntivi.

Le presunzioni legali

Diversamente le presunzioni legali, hanno valore probatorio riconosciuto dalla legge e dunque sufficienti a legittimare la rettifica del reddito imponibile attribuendo l'onere della prova contraria a carico del contribuente.

Le presunzioni legali, possono essere assolute per le quali non è ammessa prova contraria, o relative per le quali è consentito al contribuente i dimostrare l'insussistenza della pretesa impositiva[4].

La distinzione tra presunzioni semplici e presunzioni legali (relative) determina una diversa ripartizione dell'onere della prova.

L'onere della prova

In relazione alle p.s. è l'amministrazione finanziaria a dover dimostrare che esse soddisfano i requisiti della gravità, precisione e concordanza ovvero la sussistenza di fatti costitutivi della pretesa impositiva.

In relazione, invece alle p.l.r., esse assurgono a fatti costitutivi della pretesa tributaria senza onerare l'amministrazione finanziaria di provarne la gravità, precisione e concordanza, ed invertendo di conseguenza l'onere della prova a carico del contribuente che dovrà dimostrare l'inefficacia della ricostruzione reddituale presuntiva con fatti modificativi o estintivi.

Tornando adesso sul piano generale, alle presunzioni semplici, i fatti posti a base dell'avviso di accertamento potranno essere valutati processualmente in modo differente, ovvero, nel caso di presunzioni semplici secondo il libero apprezzamento del Giudice ai sensi dell'art. 116 c.p.c., salvo che la legge disponga altrimenti, nei limiti di cui all'art. 2729 c.c.3, e comunque l'A.F. deve portare in giudizio elementi presuntivi con un elevato grado di probabilità circa il fatto presunto[5].

Nelle ipotesi di presunzioni legali invece il giudice non può modificare il valore probatorio attribuito dalla legge ai fatti costituenti la presunzione ma solamente valutare la prova contraria offerta dal contribuente in termini di idoneità a superare la prova legale.

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, e in applicazione dei principi generali che governano l'onere della prova, spetta all'amministrazione finanziaria dimostrare l'esistenza dei fatti costitutivi che giustificano la maggiore pretesa tributaria; sarà quindi l'A.F. a dover fornire la prova di tutti quegli elementi in virtù dei quali viene a rilevare un maggiore imponibile.

Diversamente sarà onere del contribuente provare l'esistenza dei fatti che originano oneri o a costi deducibili, nonché l'inerenza degli stessi all'attività professionale o d'impresa svolta (11205/07).

Tuttavia la S.C. ha precisato che per quanto concerne, poi, le dedotte violazioni del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 40 e artt. 2697 e 2727 c.c., va considerato che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell'accertamento analitico-induttivo del reddito d'impresa, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile.

In tali casi, l'ufficio accertatore potrà dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici, gravi, precise e concordanti, la sussistenza di maggiori ricavi o minori costi, utilizzando, ad esempio, la percentuale di ricarico per determinare il reddito spostando l'onere della prova sul contribuente. Precisa poi la Corte, ed invero, l'atto di rettifica - emesso ai sensi della norma succitata - qualora l'Ufficio abbia sufficientemente motivato, sia specificando gli indici di inattendibilità dei dati relativi ad alcune poste contabili, sia dimostrando la loro astratta idoneità a rappresentare una capacità contributiva non dichiarata, è assistito da presunzione di legittimità circa l'operato degli accertatori, nel senso che null'altro l'Amministrazione è tenuta a provare, se non quanto emerge dal procedimento deduttivo fondato sulle risultanze esposte.

Di conseguenza graverà sul contribuente l'onere di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate, rilevandosi insufficiente invocare l'apparente regolarità delle annotazioni contabili, perchè proprio una tale condotta è di regola alla base di documenti emessi per operazioni inesistenti o di valore di gran lunga eccedente quello effettivo[6].

Preliminarmente si rileva che la giurisprudenza[7] ha in più occasioni ricordato che nel quadro dei generali principi che governano l'onere della prova (art. 2697 cod. civ.), nel caso di accertamento delle imposte sui redditi, l'onere va così ripartito: l'A. F. deve dimostrare l'esistenza dei fatti costitutivi della maggiore pretesa tributaria azionata fornendo la prova di elementi e circostanze atte a provare l'esistenza di un imponibile più elevato; il contribuente deve dare prova dell'esistenza: dei fatti che danno luogo ad oneri e/o a costi deducibili e dell'inerenza degli stessi all'attività professionale o d'impresa del contribuente.

In applicazione del principio dettato dall'art. 2697 cod. civ., dunque, il Giudice del merito deve accertare, se la pretesa dell'A. F. deriva dall'attribuzione al contribuente di maggiori entrate o dal disconoscimento di costi od oneri deducibili dedotti dallo stesso in quanto solo l'esatta individuazione della parte tenuta per legge a dare la prova, consente al Giudice, di porre a carico della stessa, le conseguenze giuridiche derivanti dall'accertata inosservanza di detto onere.

L'utilizzo dello strumento presuntivo

Quanto all'utilizzo dello strumento presuntivo, in ottemperanza agli insegnamenti della giurisprudenza[8], esso si articola in due indefettibili momenti:

- il Giudice del merito, deve valutare analiticamente ogni elemento indiziario al fine di scartare quelli privi di rilevanza e conservare quelli che, singolarmente, rivestano i caratteri della precisione e della gravità, ovvero una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria;

- successivamente, il Giudice deve procedere a una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi già valutati singolarmente e accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione consenta di fornire una valida prova presuntiva[9].

Dal momento che il contribuente è soggetto al solo giusto tributo, la tutela giuridica a tale interesse, estende la portata della presunzione semplice non soltanto contro di esso, ma anche a suo favore, per cui l'ammissione delle presunzioni semplici resta coerente ai principi generali.

Le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva ai fini della formazione del proprio convincimento[10] .

L'ordinamento ritiene un fatto noto, quando è provato, non è contestato o è notorio.

Quanto al fatto notorio, va precisato che l'utilizzazione delle nozioni di comune esperienza (fatto notorio), comportando una deroga al principio dispositivo e al contraddittorio, in quanto introduce nel processo civile prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vagliati nè controllati, va inteso in senso rigoroso, id est come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile e incontestabile. Non si possono - quindi - reputare rientranti nella nozione di fatti di comune esperienza, intesa quale esperienza di un individuo medio in un dato tempo e in un dato luogo, quegli elementi valutativi che implicano cognizioni particolari, o anche solo la pratica di determinate situazioni, nè quelle nozioni che rientrano nella scienza privata del giudice, poichè questa, in quanto non universale, non rientra nella categoria del notorio, neppure quando derivi al giudice medesimo dalla pregressa trattazione di analoghe controversie[11].

Le presunzioni semplici inoltre per non restare a livello di meri indizi non possono ridursi ad un risultato possibile di una determinata deduzione, ma devono essere conseguenza necessaria, dunque univoca e sicura e non possono basarsi su altra presunzione in virtù del divieto praesumptum de praesumpto[12].

In realtà esiste una presunzione di fonte giurisprudenziale - presunzione di distribuzione degli utili di società a ristretta base azionaria - che sembra non rispettare l'enunciato divieto. Infatti l'Ufficio, partendo da un accertamento induttivo a carico di società con utili conseguiti, ma non contabilizzati, arriva alla determinazione della distribuzione di questi a vantaggio dei soci. Si realizza quindi una combinazione di due presunzione la prima sugli utili non dichiarati dalla società, che assume dunque la funzione di fatto noto per la seconda presunzione, che vede direttamente i soci percettori degli utili non dichiarati dalla società.

Il contribuente potrà difendersi dimostrando che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione per essere stati invece accantonati dalla società ovvero da essa reinvestiti[13]. Si è tuttavia profilata una giurisprudenza contraria in base alla quale la ristretta base azionaria non costituirebbe una prova presuntiva assoluta idonea a sostenere che i maggiori utili sono stati distribuiti ai soci trattandosi di presunzione semplice dunque con onere dell'Ufficio di provare i requisiti della gravità precisione e concordanza[14]

Tale divieto è giustificato da fatto che due probabilità conducono ad un risultato finale non ragionevolmente certo in termini di elevata probabilità.

I requisiti della presunzione

Quanto ai requisiti della presunzione, attraverso gli insegnamenti della giurisprudenza si ricava che si intendono:

- gravi, gli elementi presuntivi oggettivamente e intrinsecamente consistenti e quindi in grado di poter resistere alle possibili obiezioni; l'elemento sarò tanto più grave[15] tanto più alta sarà la probabilità che il fatto presunto sia vero. Si deve premettere che, in tema di prova per presunzioni, non occorrendo che i fatti su cui si fonda la presunzione siano tali da far apparire l'esistenza del fatto ignoto come l'unica conseguenza possibile dei fatti accertati in giudizio, e ' sufficiente che il fatto ignoto sia desunto alla stregua di un canone di probabilità, con riferimento ad una connessione di avvenimenti possibile e verosimile secondo un criterio di normalità. [16]

- precisi ,se dotati di specificità e concretezza e non soggetti a diversa o più attendibile interpretazione: tanto più noto sarà l'elemento tanto più sarà preciso;

- concordanti ovvero non configgenti, ma coerenti tra loro e non smentiti da dati ugualmente certi[17]. Al fine della sussistenza della concordanza non devono necessariamente sussistere una pluralità di elementi presuntivi, poichè anche un solo fatto, di particolare gravità, può legittimare la pretesa dell'Ufficio[18]. Di fronte a più presunzioni, la concordanza, deve essere intesa nel senso che le diverse presunzioni devono essere dirette alla medesima dimostrazione. La "concordanza" presuppone che gli elementi presuntivi siano almeno due, convergenti tra di loro tuttavia la Cassazione, ha, in più occasioni rilevato che anche un unico elemento presuntivo, purché particolarmente grave, univoco e coerente può soddisfare i requisiti dell'articolo 2729 del codice civile.

L'attività di accertamento

Laddove l'attività di accertamento utilizzi il procedimento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza di passività dichiarate, nel primo caso, o le false indicazioni, nel secondo, possono essere desunte anche sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, senza necessità che l'Ufficio fornisca prove certe[19].

È infatti insegnamento condiviso che, tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame tale in guisa del quale il fatto da provare risulti desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità e alla stregua di un canone di probabilità che renda possibile e verosimile nel procedimento di inferenza logica la sequenza degli avvenimenti che ne sono oggetto in base a regole di comune esperienza[20].

In tale dimensione assume carattere determinate l'ausilio degli strumenti di rilevazione statistica applicati alla dinamica reddituale di singole categorie di contribuenti all'azione accertatrice ovvero mediante ricorso a strumenti parametrici di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181 e 184, e poi agli studi di settore, cui rinvia il D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, convertito in L. n. 427 del 1993, secondo il quale gli accertamenti di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), e successive modificazione e D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, e successive modificazioni, possono essere fondati anche sull'esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi dell'art. 62 bis.

L'accertamento reddituale ex art. 38 dpr 600/1973, c.d. redditometro, mostra come la giurisprudenza fatichi a tenere la norma nei limiti costituzionali.

Infatti la giurisprudenza, per anni, ha ritenuto lo strumento del redditometro sostenuto da presunzioni legali[21], sino a Cass. sez. un., 18 dicembre 2009, n. 26635, che ha equiparato tale metodologia strumento a quello sullo studio di settore ritenendo entrambi sorrette da presunzioni semplici: la procedura di accertamento tributario standardizzata mediante l'applicazione dei parametri (o degli studi di settore), costituiscono un sistema costruito sulle presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è "ex lege" determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli "standards" in sè considerati - meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività - ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente.

Il contribuente avrà dunque l'onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli "standards" o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello "standard" prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente.

Inoltre, gli studi di settore sono "atti amministrativi generali di organizzazione". Essi non possono essere applicati in via automatica per rettificare i ricavi dichiarati (e quindi reddito), essendo necessario che l'ufficio svolga un'attività istruttoria in contraddittorio con il contribuente, per verificare se vi sono, nel caso concreto, ragioni che confermano i ricavi indicati negli studi di settore o ragioni che giustificano la produzione di ricavi in misura inferiore. Secondo la giurisprudenza, gli studi di settore costituiscono un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è determinata ex lege, ma nasce dal contraddittorio con il contribuente, da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'avviso di accertamento, che deve essere motivato esponendo le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell'attività accertativa siano stati disattesi[22].

Le SSUU, precisano che l'esito del contraddittorio, non condiziona l'impugnabilità dell'accertamento, in quanto il giudice tributario potrà valutare liberamente sia l'applicabilità degli "standards" al caso concreto, che dovrà essere dimostrato dall'ente impositore, sia la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all'invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte.

Chiaramente una tale condotta, precisano le SSUU, consentiranno all'Ufficio di motivare l'accertamento sulla sola base dell'applicazione degli "standards", rilevando l'impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito: il giudice potrà valutare, la mancata risposta all'invito[23].

Così pure la C. di Cassazione nel 2012[24]ha precisato che l'accertamento sintetico disciplinato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, già nella formulazione anteriore a quella successivamente modificata dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 22, convertito in L. n. 122 del 2010, tende a determinare, attraverso l'utilizzo di presunzioni semplici, il reddito complessivo presunto del contribuente mediante i c.d. elementi indicativi di capacità contributiva stabiliti dai decreti ministeriali con periodicità biennale.

In effetti il precedente testo dell'art. 38 dpr 600/1973 prevedeva elementi e circostanze di fatto certe facendo ritenere che ci si trovasse di fronte ad una presunzione legale relativa.

Scendendo nel dettaglio, l'accertamento sintetico del reddito, ai sensi dell'art. 38 c. 4 dpr 600/1973 si basa su elementi di capacità contributiva espressamente elencati nel D.M. 10.09.1992 che prevede la concorrenza del seguenti quattro presupposti:

1. - Ricorrenza di elementi e circostanze di fatto certi

2. - Presenza di beni indicatori di capacità contributiva o di elementi diversi

3. - Scostamento di almeno ¼ tra reddito sintetico e reddito dichiarato

4. - Presenza dello scostamento per almeno due periodi d'imposta

Con il metodo sintetico in senso stretto: l'Agenzia delle Entrate determina il reddito complessivo del contribuente valutando le spese sostenute nel corso del periodo d'imposta di qualsiasi genere. L'ufficio dovrà:

a) indagare sulle spese e gli investimenti effettuati nel periodo d'imposta oggetto di verifica da parte del contribuente

b) valutare se e in quale misura tale importo sia stato finanziato con reddito non dichiarato.

Con il secondo metodo di rettifica nota appunto come redditometro la determinazione sintetica è fondata su indici di spesa e coefficienti di calcolo individuati con decreti ministeriali; per la stima del reddito sono state individuate 7 categorie[25], indicative di capacità di spesa

In entrambi i metodi, metodo sintetico in senso stretto, redditometro, l'onere della prova si inverte, poiché la sussistenza - coesistenza del 4 elementi sopra richiamati fondano una presunzione semplice rispetto alla quale il contribuente potrà difendersi confutando l'operato delle risultanze dell'ufficio accertatore con produzione di idonea documentazione.

Da precisare, tuttavia che la presunzione non opera immediatamente.

Perché l'ufficio possa emettere un atto accertativo dovrà attendere la fase c.d. endoprocedimantale, ovvero un vero e proprio procedimento amministrativo durante il quale il contribuente potrà fornire spiegazioni o prove o semplicemente non difendersi in tale fase ed attendere l'atto accertativo per impugnarlo.

Chiaramente il silenzio del contribuente darà forza alla presunzione semplice ed il giudice potrà tener conto anche della condotta endoprocessuale del contribuente.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 2009[26] hanno affermato che il contraddittorio endoprocedimentale costituisce garanzia di plausibilità della rettifica.

La fase endoprocessuale è garanzia del giusto procedimento, in cui il contribuente deve poter esporre le proprie ragioni prima ancora che un provvedimento venga emesso e ciò al fine di consentire l'esplicarsi di una reale collaborazione con l'A. F. nell'interesse pubblico, oltre a garantire la possibilità di tutelare interesse privato.

La soluzione maturata trova peraltro conferma nella disciplina del metodo sintetico - art. 38, comma 7, d.p.r. n. 600 del 1973, mod. dall'art. 22, d.l. n. 78 del 201- in base al quale l'ufficio procedente

ha l'obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione

Il fatto che il legislatore abbia previsto che l'avvio del procedimento di accertamento avvenga successivamente al contraddittorio endoprocedimentale prova che la procedura di rettifica concordata non si sostituisce al confronto con il contribuente, che deve comunque attuarsi prima che le contestazioni levate contro il contribuente siano delimitate.

Il quarto comma del novellato articolo 38 del d.P.R. n.600/73, al quale, rinvia l'ultimo periodo del quinto comma, consente la determinazione sintetica del reddito salva la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile coerentemente con la precedente formulazione dell'articolo 38, quarto comma e seguenti, il contribuente può così superare la presunzione di cui al citato comma fornendo la prova che le spese sostenute nel periodo d'imposta sono state finanziate[27] con:

a) redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta;

b) redditi esenti;

c) redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta;

d) redditi legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.

Peraltro, il contribuente, come espressamente previsto anche dall'articolo 4 del decreto, può fornire elementi per la rettifica dei dati e per l'integrazione delle informazioni presenti nell'Anagrafe Tributaria e dimostrare, secondo quanto dettato dalla Circolare Agenzia delle Entrate N. 24/E del 31.07.2013, con prove dirette che le spese certe attribuite hanno un diverso ammontare o che sono state sostenute da soggetti terzi.

Il contraddittorio verterà dunque:

a. - sulle spese certe, rispetto alle quali il contribuente dovrà produrre idonea documentazione che dimostri l'errata imputazione della spesa o l'inesattezza delle informazioni in possesso dell'Amministrazione;

b. - sulla effettiva disponibilità di un bene di cui l'Amministrazione possiede tutte le informazioni relative alle specifiche caratteristiche tecniche, a cui sono direttamente riconducibili le spese di mantenimento (spese per elementi certi). Per questa tipologia di spesa il contribuente, dovrà dimostrare non solo l'inesattezza delle informazioni contenute nell'invito, ma anche i fatti, supportate (anche indirettamente) da documentazione, da cui si possa riscontrare l'inesattezza relativa alla ricostruzione della spesa, o la diversa imputazione della stessa;

c. - sulle spese per investimenti sostenute nell'anno, per le quali il contribuente potrà fornire la prova della formazione della provvista e dell'utilizzo della stessa per l'effettuazione dello specifico investimento;

d. - sul risparmio, per il quale il contribuente potrà fornire ogni utile informazione relativa alla quota formatasi nell'anno.

Se il contribuente supera le presunzioni costruite dall'A. F. fornendo chiarimenti esaustivi in ordine alle spese certe, spese per elementi certi, agli investimenti ed alla quota di risparmio dell'anno, l'attività di controllo sintetica del reddito si esaurisce nella prima fase del contraddittorio.

Diversamente il contraddittorio dovrà continuare sulle spese medie rilevate dall'ISTAT, connesse ad una situazione familiare tipo divisa per zone geografiche in relazione alla quale il contribuente potrà utilizzare argomentazioni a sostegno di una sua diversa rappresentazione della situazione di fatto che l'A. F. potrà ritenere valide anche in assenza di idonea documentazione purchè, logicamente sostenibili, nell'ottica di assicurare l'economicità e l'efficacia dell'azione amministrativa.

Il contribuente potrà infine dimostrare che le spese sono state sostenute da terzi o che le stesse sono state sostenute con redditi per i quali non sussiste l'obbligo di dichiarazione.

Avv. Giampaolo Morini (foro di Lucca)

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[1] Cass. 13 dicembre 1989 n. 5561

[2] Cass. 16 maggio 2007 n. 11206 da cui gli excerpta, che richiama Cass. 1, 13 ottobre 2005 n. 19894; id, trib., 18 settembre 2003 n. 13819, nello stesso senso, Cass. civ., sez. Tributaria, 06-08-2009, n. 18021

[3] Cass. 11 settembre 2007 n. 19088

[4] Sono presunzioni legali assolute l'art. 2, comma 2, TUIR che per le persone fisiche sancisce che ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile e all'art. 73, comma 3, TUIR che per le persone giuridiche prevede che ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo d'imposta hanno la sede legale o la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale nel territorio dello stato.

[5] Corte di Cassazione, sent. nr. 3326, depositata l'11 febbraio 2011.

[6] Cassazione civile sez. trib. 05 novembre 2014 n. 23550; cfr. Cass. 24532/2007; 951/2009; 7871/2012; 14068/2014.

[7] Cass., trib.; 13 febbraio 2006 n. 3106; 3 settembre 2004 n. 17841; 24 luglio 2002 n. 10802; 27 dicembre 2001 n. 16198; 30 ottobre 2001 n. 13478

[8] Cass., 1^, 13 ottobre 2005 n. 19894; trib., 18 settembre 2003 n, 13819

[9] Che magari potrebbe non essere raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni indizi.

[10] Cassazione civile sez. trib. 03 ottobre 2014 n. 20902; ex multis Cass. n. 9108/2012

[11] Cassazione civile sez. II 29 aprile 2010 n. 10285; Cassazione civile sez. II 18 dicembre 2008 n. 29728.

[12] Comm. trib. centr. sez. XXVII 30 aprile 1992 n. 3174; ex multis Cass. 3568/2010; Cass. 7931/96

[13] Cass. 6.10.2010 n. 20721; Cass. 8658/2011; Cass. 2654/2012.

[14]Cass. 14.01.1988 n. 263; Cass. 25683/2006, Cass. 1404/2009; CTR Lombardia n. 5076/2014.

[15] Sentenza 5 luglio 1994, n. 2419

[16] Cass. 26 marzo 1997, n. 2700; Cass. 6 giugno 1997, n. 5082; Cass. 14 settembre 1999, n. 9782; Cass., 8 luglio 2002, n. 9884

[17] Cass., 5 settembre 1996, n. 8089; Cass., 7 aprile 1999, n. 3352

[18] Cass., 21 ottobre 2003, n. 15723

[19] Cass. 1283/15; 27667/13; 9784/10

[20] Cassazione civile sez. trib. N. 14787 del 15/07/2015. In tal senso: Cass. 22656/11

[21] Cass. N. 14778/2000, Cass. N. 327/2006, Cass. 5991/2006, 16284/2007.

[22] F.TESAURO, Istituzioni di Diritto Tributario, part.gen., Milano, 2011, pag. 222

[23] Cass. sez. un., 18 dicembre 2009, n. 26635; ex multis Cass., n. 22599 del 2012; Cass., n. 20662 del 2014.

[24] Cassazione civile sez. trib. 20 dicembre 2012 n. 23554

[25] Circolare Agenzia delle Entrate N. 24/E del 31.07.2013. - abitazione (abitazione principale, altre abitazioni, mutui, ristrutturazioni, intermediazioni immobiliari, elettrodomestici, apparecchiature elettroniche, arredi, energia elettrica, telefonia fissa e mobile, gas); - mezzi di trasporto (automobili, mincar, caravan, moto, natanti e imbarcazioni, aeromobili, mezzi di trasporto in leasing e noleggio); - assicurazioni (responsabilità civile, incendio e furto, vita, danni, infortuni, malattia, altro) e contributi previdenziali (obbligatori, volontari, previdenza complementare); - istruzione (asili nido, scuola dell'infanzia, scuola primaria, scuola secondaria, corsi di lingua straniere, soggiorni studio all'estero, corsi universitari, tutoraggio, corsi di preparazione agli esami scuole di specializzazione, master, canoni di locazione per studenti universitari); - attività sportive e ricreative, cura della persona (attività sportive, circoli culturali, circoli ricreativi, cavalli, abbonamento pay tv, giochi online, abbonamenti eventi sportivi, viaggi organizzati, centri benessere, altri servizi per la cura della persona); - altre spese significative (oggetti d'arte o antiquariato, gioielli e preziosi, veterinarie, donazioni in denaro a favore di O.N.L.U.S. e simili, assegni periodici corrisposti al coniuge, donazioni effettuate); - investimenti immobiliari e mobiliari (fabbricati, terreni, natanti e imbarcazioni, autoveicoli, motoveicoli, caravan, minicar, aeromobili, azioni, obbligazioni, conferimenti, quote di partecipazione, fondi d'investimento, derivati, certificati di deposito, pronti contro termine, buoni postali fruttiferi, conti di deposito veicolati, altri prodotti finanziari, valuta estera, oro, numismatica).

[26] Cass. nn. 26635, 26636, 26637 e 26638 - 2009

[27] Circolare Agenzia delle Entrate N. 24/E del 31.07.2013.


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