Per la Cassazione la sanzione espulsiva è sproporzionata rispetto alla violazione del divieto di fumo

di Valeria Zeppilli - Licenziare un dipendente per aver fumato in azienda non è legittimo: si tratta, evidentemente, di una sanzione del tutto sproporzionata.

In tal senso è andata bene a un lavoratore lucano che, seppure dopo ben 12 anni dal recesso, ha avuto il suo responso definitivo e positivo in merito: può restare in azienda. Con la sentenza numero 3733/2017 (qui sotto allegata), la Corte di cassazione ha infatti sancito che la sanzione espulsiva rappresenta una conseguenza esagerata rispetto alla violazione del divieto di fumare e incoerente con le previsioni contrattuali collettive che giustificano il licenziamento disciplinare.

In realtà, l'essersi acceso una sigaretta era solo una delle diverse mancanze contestate al lavoratore, ma anche l'unica che aveva avuto in giudizio un effettivo riscontro mentre tutte le altre si erano rivelate completamente infondate.

Quindi, pur se il Tribunale aveva in un primo momento confermato il licenziamento, sia la Corte d'appello che la Corte di cassazione hanno ritenuto meritevoli di accoglimento le doglianze del dipendente licenziato per una sigaretta nel lontano 2002: va confermata la sua reintegra nel posto di lavoro e la condanna della società datrice di lavoro al risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni globali di fatto maturate dal giorno del licenziamento sino al soddisfo.

Corte di cassazione testo sentenza numero 3733/2017
Valeria Zeppilli

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