Incostituzionale l'art. 33 comma 3 della legge 104/1992 nella parte in cui esclude dall'elenco dei soggetti che possono fruire dei permessi il convivente

di Marina Crisafi - Anche il convivente del disabile può usufruire dei permessi mensili retribuiti di cui alla legge 104. Lo ha sancito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 213/2016 di oggi (qui sotto allegata) dichiarando illegittimo l'art. 33, comma 3 della legge n. 104/1992 nella parte in cui non include nell'elenco dei soggetti legittimati a fruire dei permessi mensili anche i conviventi.

La questione di legittimità era stata sollevata dal tribunale di Livorno che, nel corso di un giudizio in cui una donna chiedeva di veder riconosciuto il diritto di fruire dei permessi per assistere il compagno affetto dal Parkinson, riteneva la questione rilevante e non manifestamente infondata.

La risposta della Consulta è a favore della donna. Nel dichiarare l'illegittimità della norma, la corte ha chiarito che l'interesse primario tutelato dalla stessa è quello di "assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure e nell'assistenza del disabile che si realizzino in ambito familiare" e l'istituto del permesso mensile retribuito è in rapporto di stretta correlazione con la ratio perseguita dalla legge. Ratio che rende, dunque, a detta del giudice delle leggi, irragionevole escludere dall'elenco dei soggetti legittimati a fruire di tali permessi il convivente della persona con handicap in situazione di gravità.

Se così non fosse lo stesso diritto del disabile di ricevere assistenza e cure "verrebbe a essere irragionevolmente compresso, non in ragione di una obiettiva carenza di soggetti portatori di un rapporto qualificato sul piano affettivo, ma in funzione di un dato 'normativo' rappresentato dal mero rapporto di parentela o di coniugio".

Il diritto alla salute psicofisica va infatti "garantito e tutelato - ha concluso la Corte - al soggetto con handicap in situazione di gravità, sia come singolo che in quanto facente parte di una formazione sociale per la quale, ai sensi dell'art. 2 Cost., deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico". 



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Corte Costituzionale, sentenza n. 213/2016

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