La lentezza nell'esecuzione della prestazione lavorativa costituisce un valido motivo di licenziamento

di Marina Crisafi - Inutile sostenere che fare le cose con lentezza significa essere più precisi, o appigliarsi ai motti popolari, come "chi va piano, va sano e va lontano": se si è lenti e flemmatici sul lavoro il rischio è essere licenziati. A confermarlo è una recente sentenza della Corte d'Appello di Genova (sezione lavoro n. 108 del 15 marzo 2016) che ha ritenuto corretta la massima sanzione disciplinare inflitta da una società nei confronti di un proprio operaio. L'uomo già sanzionato in passato per l'eccessiva lentezza, aveva impiegato oltre 3 ore e mezza di tempo nell'arco di un'intera settimana per eseguire un'attività di montaggio di parti magnetiche di un trasformatore. Attività che normalmente un operario con una esperienza analoga avrebbe dovuto eseguire in poco più di mezz'ora. Per il giudice genovese, dunque, la voluta lentezza o la negligenza nell'esecuzione della prestazione di lavoro rappresentano un valido motivo di licenziamento, a maggior ragione se il dipendente è stato in passato sanzionato per un comportamento simile.

Tale condotta infatti è in grado di spezzare quel vincolo fiduciario che deve invece sussistere sempre con il datore di lavoro.

La decisione della corte ligure del resto trova conferma anche nella giurisprudenza di legittimità. La Cassazione, infatti, in una sentenza di qualche tempo fa (la n. 23172/2013) ha confermato il licenziamento per giusta causa nei confronti di un dipendente flemmatico nell'attività lavorativa e con predisposizione all'insubordinazione.

La lentezza nello svolgere le mansioni assegnate e la bassa produttività (oltre alla scarsa collaborazione con i colleghi) sono stati ritenuti comportamenti abbastanza gravi da giustificare il licenziamento.


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