Ribadita dalla Cassazione l'irrilevanza del motivo che ha spinto l'uomo ad allontanarsi dalla propria abitazione

di Marina Crisafi - Lui è ai domiciliari ma il cane gli fa notare in modo evidente che deve espletare i propri bisogni fisiologici, e non c'è nessun altro che possa accompagnarlo. Inevitabile l'uscita in strada e altrettanto inevitabile la condanna per evasione. Nessun dubbio sulla condotta dell'uomo (beccato in strada in occasione del controllo delle forze dell'ordine) manifestano, infatti, i giudici di merito prima né la Cassazione poi.

Per il Palazzaccio (sentenza n. 38275/2015 depositata ieri, qui sotto allegata), non contano né i pochi minuti dell'uscita, né i motivi della stessa, né infine il fatto che l'uomo fosse rimasto nei pressi dell'abitazione ben visibile per qualsiasi controllo.

Ogni allontanamento, "ancorchè limitato nel tempo e nello spazio - hanno sentenziato gli Ermellini - realizza il delitto di cui all'art. 385 c.p., anche se il soggetto venga sorpreso nelle immediate vicinanze dell'abitazione".

Per integrare il reato basta il dolo generico, ossia la "coscienza e volontà di allontanarsi dal luogo in cui si è ristretti, con la consapevolezza di trovarsi legalmente agli arresti domiciliari". Quanto ai motivi che hanno determinato la condotta dell'agente, avrebbero potuto rilevare soltanto se l'uomo avesse agito in una situazione tale da integrare gli estremi dello stato di necessità. Ma quest'ultimo, hanno ricordato i giudici della sesta sezione penale, ricorre soltanto "in presenza di una situazione di grave pericolo alla persona, con caratteristiche di indilazionabilità e cogenza tali da non lasciare al soggetto altra alternativa che quella di violare la legge". Situazione non ricorrente nel caso di specie, hanno concluso gli Ermellini dichiarando inammissibile il ricorso, per quanto impellenti e necessari fossero i bisogni del cane.

Cassazione, sentenza n. 38275/2015

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