Breve disamina delle problematiche interpretative connesse all'art. 2643 c. 12 bis c.c. in merito alla trascrizione del verbale mediativo

di Avv.to Marcella Ferrari - Spesso le ADR[1] risultano frustranti e si traducono in un inane appesantimento della procedura; in materia di usucapione, invece, la mediazione rappresenta un utile strumento per raggiungere il risultato prefisso in tempi brevissimi. Infatti, mentre per l'accertamento dell'intervenuta usucapione, con una causa ordinaria, le tempistiche variano da uno a due anni, con il percorso mediativo si può raggiungere il risultato finale in pochi mesi; inoltre le spese sono proporzionali al valore del bene usucapito ed esenti dall'imposta di registro (entro un certo limite).

Da un punto di vista meramente pratico, quindi, i vantaggi sono indubbi. Veniamo ora all'analisi del profilo giuridico.

Il legislatore, con il cosiddetto "decreto del fare", ha inserito nell'art. 2643 c.c. il comma 12 bis[2]. La ragione è da ricercarsi nella circostanza per cui la disciplina della mediazione (art. 11 del d. lgs. 28/2010) ammette la trascrizione degli accordi che hanno ad oggetto gli atti indicati dall'art. 2643 c.c. ma, ab origine, nella norma, non si faceva cenno all'usucapione onde l'inserimento del comma in commento.
In particolare, l'art. 2643 c. 12 bis c.c. prevede che si debbano rendere pubblici a mezzo di trascrizione: «gli accordi di mediazione che accertano l'usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato».

Secondo la norma, dunque, il verbale di mediazione, purché autenticato da un notaio, costituisce titolo idoneo a trascrivere il trasferimento dell'immobile e ad accertare l'acquisto della proprietà in capo alla parte che ha azionato il percorso mediativo.

La dottrina più attenta ha sottolineato come l'usucapione non possa nascere da un accordo negoziale tra le parti o da un atto volitivo; l'accordo di mediazione, pertanto, si limita a riconoscere l'esistenza dei fatti che ne costituiscono il presupposto. Le parti, infatti, non possono creare con un atto di volontà un effetto giuridico che discende solo dalla legge.
Il negozio di accertamento secondo alcuni autori è una dichiarazione di scienza; secondo altri, invece, ha natura negoziale. In ogni caso, si tratta di un istituto di secondo grado che presuppone la preesistenza dei fatti di cui si realizza l'accertamento. Il negozio di accertamento non può produrre effetti traslativi e quindi non può trasferire la proprietà

di un bene. Esso si limita ad accertare i presupposti che la legge pone a fondamento dell'istituto dell'usucapione.
Com'è noto, tali presupposti si sostanziano nel decorso del tempo, nel possesso continuo e non interrotto, non violento né clandestino e, nel caso di usucapio brevis, nell'acquisto in buona fede ed in un titolo astrattamente idoneo a trasferire il bene.
Il negozio di accertamento concluso tra le parti non va confuso con la transazione[3]; quest'ultima è un contratto in cui i contraenti si fanno reciproche concessioni per porre fine ad una controversia; il primo, invece, ha come scopo precipuo eliminare le incertezze in merito ad una determinata situazione.

La trascrizione ai sensi dell'art. 2651 c.c. (sentenza accertativa di usucapione[4]) ha efficacia erga omnes e fa nascere in capo al soggetto un diritto nuovo che travolge i diritti dei terzi.
Emergono, invece, dei dubbi in merito all'efficacia della trascrizione ex art. 2643 c. 12 bis c.c., in quanto l'accordo mediativo ha efficacia inter partes, vale a dire tra i soggetti che hanno partecipato alla mediazione e non già erga omnes.
In tal senso depone anche la circostanza che il comma 12 bis sia stato inserito nella norma dedicata agli acquisti a titolo derivativo (art. 2643 c.c.) e non già nell'art. 2651 c.c. che, invece, si occupa degli atti a titolo originario[5]. Inoltre, all'art. 2643 si applicano le disposizioni degli artt. 2644 e 2650 c.c., relativi agli acquisti derivativo-traslativi: si tratta di norme che regolano i conflitti tra più aventi causa dallo stesso dante causa[6]. Ma essendo l'usucapione un modo di acquisto della proprietà a titolo originario il suo inserimento nell'art. 2643 c.c. , tra gli atti a titolo derivativo, solleva non poche perplessità. Considerata la sedes materiae in cui è collocata la disposizione sulla trascrizione dell'accordo accertativo dell'usucapione, ci si domanda quale sia la natura giuridica dell'usucapione non accertata giudizialmente: acquisto a titolo originario, derivativo o un tertium genus?

Ancora una volta la frettolosità del legislatore ha determinato problematiche ermeneutiche di non poco conto e che non possono essere trascurate. Mentre lo scopo perseguito è condivisibile, vale a dire velocizzare l'accertamento dell'usucapione bypassando il tribunale, la collocazione della norma tra gli acquisti a titolo derivativo rischia di rendere l'usucapione accertata in sede di mediazione un minus rispetto a quella accertata giudizialmente, in quanto la trascrizione avverrà a favore dell'usucapiente e contro l'usucapito fondandosi sui titoli di quest'ultimo e lasciando impregiudicati i diritti dei terzi, proprio come se si trattasse di una vicenda derivativo-traslativa.

Avv.to Marcella Ferrari - marciferrari@gmail.com
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Note:


[1] ADR: alternative dispute resolution, si tratta di mezzi alternativi di risoluzione delle controversie, quali la mediazione, la negoziazione assistita e la conciliazione.

[2] Il comma 12 bis è stato introdotto dall'art. 84 bis del d.l. 21 giugno 2013 n. 69 convertito in legge 9 agosto 2013 n. 98

[3] Art. 2643 c. 13 c.c. trascrizione delle transazioni aventi ad oggetto le controversie relative ai diritti elencati nell'art. 2643 c.c.

[4] La norma riguarda anche la sentenza accertativa dell'intervenuta prescrizione.

[5] Come la trascrizione della sentenza dichiarativa della prescrizione e dell'usucapione

[6] In particolare l'art. 2650 c.c. contiene il principio della continuità delle trascrizioni: non ha effetto la trascrizione di un atto di acquisto se non è trascritto il titolo anteriore. L'art. 2644 c.c. contempla il principio della priorità delle trascrizioni: prevale il soggetto che trascrive prima; inoltre, un atto trascritto non ha effetto nei confronti dei terzi che abbiano acquistato diritti in base ad un atto precedentemente trascritto.


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