L'astratta previsione del fatto come illecito giustifica la risarcibilità del danno non patrimoniale

di Lucia Izzo - La prima sezione civile della Corte di Cassazione si è espressa circa l'illegittimità dei comportamenti scorretti degli ex dipendenti che, attraverso la trasmissione di dati riservati, abbiano leso la libertà di concorrenza dell'azienda presso la quale erano occupati


La sentenza n. 13085/2015 ha riguardato specificamente la condotta di due ex dipendenti di una società informatica, i quali trasmettevano ad altra società la copia di un file contenente indicazioni commerciali.

I giudici di merito, valutando circostanze quali le dimissioni e il successivo impiego presso la seconda società alla quale veniva preventivamente trasmesso materiale riservato strategico della prima azienda, hanno pertanto configurato l'ipotesi di concorrenza sleale.


La Suprema Corte ha confermato la potenzialità lesiva della trasmissione, considerata indubbiamente rilevante ai fini della concorrenza sleale, accogliendo la prospettazione dei giudici di merito secondo cui "la condanna al risarcimento del danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.)" si fonda autonomamente "sia sulla violazione di un bene di rilevanza costituzionale, qual è la libertà di iniziativa economica privata (...), di per sé sufficiente a giustificare la condanna, sia sulla sussistenza di un illecito penale". 


Nel caso di specie, la condotta professionalmente scorretta degli ex dipendenti (concernente, appunto, l'invio di file contenenti notizie strategicamente e commercialmente rilevanti)  ben si presta a rivestire i caratteri del reato di "Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico" (art. 615 ter c.p.), come affermato dalla giurisprudenza penale della stessa Cassazione secondo cui tale fattispecie si riscontra nella "condotta di accesso o mantenimento nel sistema posta in essere da soggetto che, pur se abilitato ad accedere al sistema, violi le condizioni ed i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l'accesso". 


Tuttavia, la risarcibilità del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., secondo gli Ermellini, non richiede necessariamente che "il fatto illecito integri in concreto un reato", essendo sufficiente l'astratta previsione del fatto quale illecito, ossia "idoneo a ledere l'interesse tutelato dalla norma penale". 


Per tali motivi, è legittimo il ricorso proposto dal datore di lavoro contro l'ex dipendente il quale, alterando di fatto la libera concorrenza e violando l'obbligo di riservatezza nei suoi confronti, ha illegittimamente trasmesso informazioni commerciali riservate ad impresa concorrente, essendo tenuto pertanto a risarcire all'impresa il danno non patrimoniale


Cassazione, I sez. Civile, sent. 13085 2015

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